È possibile ridurre l’inquinamento delle acque senza rinunciare agli allevamenti?
È possibile ridurre l’inquinamento zootecnico delle acque senza dover rinunciare all’allevamento degli animali, fonte di alimenti ad alto valore biologico e di funzioni ecosistemiche? Sicuramente sì. Questo è quello che la nostra attività di ricerca sta valutando e cercando di quantificare, con risvolti positivi che riguardano la qualità degli apporti nutrizionali agli animali.
Chiare, fresche et dolci acque,
ove le belle membra pose colei
che sola a me par donna;
Francesco Petrarca, canzone CXXVI del Canzoniere (ca. 1340-1341)
L’inizio della più celebre lirica del Canzoniere del Petrarca si lega a questo racconto di ricerca. Se la bellezza delle acque dei nostri fiumi, laghi e mari è stata di ispirazione a molti poeti legandosi ai concetti del tempo e della memoria, proprio dal tempo e dalla memoria dobbiamo partire per capire meglio l’inquinamento di questa risorsa naturale, limitata ed esauribile. Difficilmente possiamo paragonare la bellezza dell’acqua del Petrarca con quella dei nostri fiumi, perché con il passare del tempo abbiamo alterato questa risorsa e forse abbiamo anche perso memoria di come era e di come dovrebbe essere.
Lo sviluppo delle attività umane, tra cui l’agricoltura e l’allevamento, ha arricchito le acque di nutrienti, eutrofizzandole, cioè apportando letteralmente buon nutrimento (dal greco eu = buono e trophòs = nutrimento), e favorendo la crescita della vita vegetale acquatica. Siamo andati però troppo oltre e oggi i nitrati e i fosfati di origine agricola e zootecnica hanno spinto l’eutrofizzazione alle estreme conseguenze, arrivando in alcuni casi a uno sviluppo eccessivo della vegetazione acquatica, che ha tolto ossigeno alle specie animali, determinandone la scomparsa: dalla vita… la morte.
È però possibile controllare questo tipo di alterazione e riportarla sotto i limiti di guardia, adottando opportune strategie per ridurre il rischio di inquinamento degli allevamenti. In particolare la nostra ricerca ha analizzato gli allevamenti di vacche da latte del bacino piemontese del Po, studiando i punti critici che determinano eccessivi rilasci di nutrienti nell’ambiente. Per questo abbiamo considerato il potere eutrofizzante non solo della vacca in lattazione, ma anche quello di tutti gli animali che l’allevatore deve mantenere in stalla per garantire il turn-over dei capi.
Partendo dai problemi comuni a tutte le aziende analizzate sono quindi state ipotizzate delle soluzioni, e ne sono state stimate le ricadute ambientali. Pur concentrandosi su una sola specie e tipologia zootecnica (la vacca da latte), l’adozione delle strategie di mitigazione ha evidenziato che è possibile ridurre di oltre un sesto il rischio di eutrofizzazione delle acque da parte di questi allevamenti. In pratica, la strategia suggerita prevede di ridurre l’apporto alimentare di azoto e fosforo attraverso un’alimentazione di precisione che parte da una migliore conoscenza delle caratteristiche degli alimenti, degli animali e dei loro fabbisogni alimentari, evitando un sovradosaggio di questi elementi, senza per questo ridurre il livello produttivo e riproduttivo.
Si tratta, in sostanza, di aumentare l’efficienza di utilizzazione di azoto e fosforo, diminuendo conseguentemente i rilasci nell’ambiente. Tradotto in numeri, questo significherebbe ridurre ogni anno l’escrezione potenziale di nutrienti di circa una tonnellata per chilometro quadrato di superficie agricola. Se poi si lavorasse in modo integrato con diverse strategie e per tutte le specie di interesse zootecnico, la riduzione complessiva dell’apporto di azoto e fosforo nelle acque dei nostri fiumi sarebbe ancor più rilevante.
Tornate, dunque, “chiare, fresche e dolci acque”.