Storie di ricerca

Povertà alimentare, per contrastarla non basta la solidarietà

Questo contenuto fa parte del tema del mese: Cibo del futuro

A Torino le persone che beneficiano di aiuti alimentari sono circa 50.000. Misurare la popolazione in stato di povertà alimentare è complesso, perché questo fenomeno è il risultato di dinamiche sociali ed economiche che si intersecano tra loro e creano (o perpetuano) disuguaglianze. La nostra linea di ricerca, all’interno del più ampio Atlante del Cibo di Torino, vuole inserirsi nel dibattito sulla povertà alimentare stimolando politiche strutturate, che superino le risposte emergenziali e caritatevoli, per garantire un accesso al cibo sufficiente, sicuro e adeguato.

Definire la povertà alimentare non è semplice. Secondo Elizabeth Dowler, si tratta dell’“incapacità di procurarsi o consumare cibo in quantità e qualità adeguate in modo socialmente accettabile, o dell’incertezza di poterlo fare” (Dowler, 2003).

Questa espressione ci aiuta a comprendere che la povertà alimentare va ben oltre la fame, toccando aspetti meno visibili ma altrettanto cruciali della vita dell’individuo. L’esperienza delle persone che soffrono la povertà alimentare si lega in realtà a una serie più ampia di elementi che caratterizzano, e influenzano, la situazione di povertà: lo status abitativo, l’occupazione, il reddito, l’etnia, la composizione del nucleo familiare, il genere. 

Di conseguenza, è facile intuire come non tutte le persone in situazioni di povertà alimentare ne soffrano allo stesso modo. Il fenomeno della povertà alimentare, infatti, presenta una matrice fortemente multidimensionale e intersezionale.

Diversi studi hanno dimostrato che, ad esempio, le donne e in particolare le madri single sono più vulnerabili, così come i migranti e i richiedenti asilo, che spesso incontrano barriere sociali ed economiche all’inserimento in società. Lo status sociale limita, in maniera più o meno diretta, l’accesso a beni e reti sociali utili ad attutire la povertà, soprattutto alimentare.

Nel mio percorso di dottorato in studi urbani, e all’interno del gruppo di ricerca dell’Atlante del Cibo di Torino Metropolitana, studio il sistema alimentare della città. L’Atlante del Cibo di Torino Metropolitana analizza e rappresenta il sistema alimentare locale, raccogliendo ed elaborando dati per restituirli sotto forma di mappe, infografiche e rapporti. Attraverso un approccio sistemico e trasversale, studia il sistema alimentare urbano su diversi livelli, per supportare decisioni e azioni mirate alla promozione dell’inclusione e della partecipazione, per la gestione del sistema del cibo e del territorio in un’ottica di giustizia sociale e ambientale.
Insieme alle colleghe Veronica Allegretti e Alessia Toldo, analizzo in particolare la povertà alimentare: dalle sue dinamiche sociali alle politiche per contrastarla, fino alle geografie che caratterizzano questo fenomeno. 

Nella ricerca, per risalire alla porzione di popolazione in stato di povertà alimentare, si applicano di solito delle approssimazioni, a causa della scarsa disponibilità di dati più specifici sulle persone in stato di deprivazione alimentare. I dati maggiormente rappresentativi per cercare di ricostruire i numeri della povertà alimentare sono due: la povertà assoluta, stabilita rispetto a una soglia fissa e uguale per tutti, e la povertà relativa, misurata rispetto agli standard di vita medi della società presa in considerazione.

La povertà alimentare in Italia presenta una dimensione sociale ma anche territoriale, e questo è già evidente dal divario di popolazione in stato di povertà tra Nord e Sud Italia. Più in generale, nel 2023 secondo i dati Istat la percentuale delle famiglie italiane in condizione di povertà assoluta era pari all’8,4%. 

Questo significa che circa 5,7 milioni di individui, ossia il 9,7% della popolazione totale, vive in povertà assoluta, una quota che si è mantenuta stabile rispetto a quella registrata nell’anno precedente. Sensibilmente più alti i dati sulla povertà relativa, che tocca il 10,6% degli italiani.
Se si sposta il focus sull’area nord-ovest della nostra penisola, l’incidenza della povertà assoluta si aggira intorno all’8,0%, ovvero 585 mila famiglie. Sempre nel nord-ovest, sebbene l’incidenza della povertà tra le famiglie si sia mantenuta stabile, a livello individuale l’incidenza è aumentata, passando dall’8,2% del 2022 al 9,1% nel 2023 (ISTAT, 2023). 

Misurare la popolazione torinese in stato di povertà alimentare è complesso, la maggior parte dei dati sono raccolti dalle associazioni o da altri enti caritatevoli, con significativa sovrapposizione di utenti tra più organizzazioni.
Secondo il ventiduesimo rapporto Rota su Torino nel 2020, anno della pandemia, alla contrazione di occupazione e reddito molte famiglie hanno risposto riducendo i consumi. Sebbene nello stesso anno la Caritas diocesana torinese abbia registrato un calo di richieste di aiuto rispetto al 2019 ( -21% per problemi lavorativi, -28% per disagio abitativo, -29% per problemi di salute), ha registrato anche un aumento di richieste di supporto da parte di specifiche categorie di popolazione come immigrati, stranieri comunitari, single, anziani ultra 75enni, giovani sotto i 25 anni (XXII Rapporto Rota, 2021).

Nel 2021 il nostro gruppo di ricerca stimava che a Torino le persone che risultavano beneficiarie di aiuti alimentari fossero circa 50.000, cioè intorno al 5% della popolazione residente.

I dati raccolti dalla Caritas torinese forniscono qualche dettaglio più aggiornato circa i beneficiari. In particolare si segnalano, per i centri Caritas situati sul territorio della Città di Torino, 4.684 persone incontrate per la prima volta nel 2023. Per l’intera durata dell’anno, nella Città di Torino vengono censite 7.746 famiglie assistite, alle quali si aggiungono le 1.520 del Centro Diocesano Le Due Tuniche, per un totale di 9.266 persone. Nel complesso, la diocesi torinese registra più di 14.000 persone aiutate attraverso i centri della città, la maggior parte delle quali sono uomini tra i 46 e i 60 anni, questi risultano essere sia soli che coniugati, senza prole, con famiglie numerose con figli non minori o con almeno 1 minore a carico (Caritas, 2023).

In passato, le politiche italiane hanno avviato diverse iniziative di assistenza alimentare come la social card o i buoni spesa, strumenti pensati per sostenere famiglie in condizioni di difficoltà economica. Nel 2023, il governo ha introdotto il Reddito Alimentare, un progetto sperimentale, con lo scopo di unire la lotta allo spreco di cibo con il sostegno alimentare ai cittadini in povertà assoluta, distribuendo cibo invenduto proveniente dai grandi rivenditori.
Tuttavia, è facile intuire come questa misura rappresenti una risposta fortemente emergenziale, che non interviene sulle cause profonde che generano e perpetuano la povertà alimentare, e che rischia di creare un nesso negativo tra le strategie di riduzione dello spreco e le situazioni di deprivazione.

A livello locale, città come Torino evidenziano quanto la gestione del problema venga spesso relegata all’attivazione di reti di associazioni del terzo settore, enti caritativi e organizzazioni non profit. Questi attori, attraverso il cosiddetto “welfare di prossimità”, agiscono su scala locale o anche di quartiere, promuovendo la partecipazione comunitaria e il coinvolgimento attivo dei cittadini per mitigare le disuguaglianze alimentari e costruire risposte più immediate.

La nostra linea di ricerca cerca di cogliere tante sfumature, esplorando le diverse dimensioni che si intersecano e producono le situazioni di deprivazione.
Avendo a che fare con un  fenomeno socio-economico complesso, adottiamo una prospettiva critica e analitica, ricollegando la povertà alimentare ad altri temi rilevanti per la sua comprensione, quali lo spreco alimentare, le economie circolari del cibo, il mercato del profitto e le strategie messe in atto dal welfare alimentare urbano.


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Come anticipato, spesso le principali strategie di mitigazione della povertà alimentare riguardano la distribuzione di pacchi alimentari, e sono principalmente attivate con la creazione di reti di quartiere. Sebbene queste iniziative di solidarietà sociale rappresentino un esempio positivo di cittadinanza attiva e inclusione, allo stesso tempo lavorano principalmente sulla mitigazione temporanea della deprivazione alimentare, ma non sulle cause intrinseche che contribuiscono alla creazione della povertà.

L’obiettivo della nostra ricerca è supportare con dati e analisi il dibattito sulla povertà alimentare. Questo fenomeno non riguarda il solo accesso fisico o materiale ai beni alimentari, ma è il risultato di sistemi sociali ed economici che creano e perpetuano disuguaglianze.

Per affrontare la situazione in modo efficace, è necessario superare le risposte emergenziali e caritatevoli, stimolando il discorso verso politiche alimentari e sociali strutturate, capaci di garantire il cibo in tutte le sue dimensioni: materiali, economiche, psicologiche e sociali.

Adottare un approccio strutturato significa riconoscere il cibo come un diritto umano fondamentale. Questo implica garantire a tutte le persone l’accesso non solo a quantità sufficienti di cibo, ma anche a una dieta equilibrata, sicura e culturalmente adeguata, senza compromettere la loro dignità o autonomia.