Non sono un’oliva, ma una bacca! E sfido la ricerca per farmi assaggiare
Baby kiwi, kiwi berry, kiwi siberiano, mini kiwi, nergi. Sono alcuni degli appellativi che lo riguardano. Di colore verde acceso è privo di peluria superficiale e totalmente edibile. Ricco di vitamine, minerali e sostanze antiossidanti è salutare ed energetico. Ma un difetto ce l’ha: è altamente deperibile. Così noi stiamo lavorando per poterlo conservare al meglio e farlo arrivare alle vostre tavole.
A guardarlo sembra un’oliva e mi è capitato infatti di vedere alcune persone acquistarlo come tale, ma in realtà è una bacca (Actinidia arguta), pesa circa 10 grammi, è di 2-3 cm di lunghezza e raggiunge la maturazione completa in settembre-ottobre. È di colore verde acceso, a volte con sfumature rossastre in superficie, e chi lo ha assaggiato dice di aver assaporato un misto di mora, ananas e banana…sarà proprio così?
Origini orientali
La pianta di Actinidia arguta è nativa delle zone boschive, montane e umide dell’Asia e, più precisamente, delle località temperate orientali della Cina e al Giappone. Le varietà coltivative attuali derivano però da incroci condotti alla fine degli anni ’90 in Nuova Zelanda che avevano l’obiettivo di migliorare alcune caratteristiche del frutto, il cui problema principale era, ed è tuttora, l’alta deperibilità. Da quel momento numerosi sono stati i tentativi di coltivazione in diversi paesi principalmente in Francia, Italia, Germania, Canada, Stati Uniti e Nuova Zelanda.
Le molte proprietà benefiche
Il vero e proprio inizio della coltivazione europea può essere stabilito nel 2005, quando un’azienda francese decide di portare il frutto in Europa, registrando alcune varietà con il nome commerciale “nergi” con l’idea, vincente, di richiamare il concetto di energia e di frutto ad alto potere vitaminizzante. E in effetti, tra le componenti che annoverano il baby kiwi all’interno dei “frutti salutari” si possono citare la vitamina C (150-200 mg / 100 g), le sostanze fenoliche, minerali (specialmente P, Ca, Fe e Zn), acido folico e anche alcune vitamine liposolubili (E e K).
L’alto contenuto di vitamine e sostanze fenoliche conferisce ai frutti un forte potenziale antiossidante. I parametri che definiscono maggiormente la componente organolettica, invece, sono il colore (dato principalmente dalla clorofilla), il contenuto di sostanza secca, i solidi solubili totali (comprendenti gli zuccheri) e l’acidità (acido citrico e malico sono quelli più importanti). Il monitoraggio periodico di questi parametri è un tassello fondamentale nelle analisi qualitative della fase post raccolta. Particolarmente importante è la misurazione del contenuto zuccherino, in quanto il viraggio da amido a zuccheri semplici (prevalentemente saccarosio, ma anche glucosio e fruttosio), è attualmente il parametro principe per stabilire il momento ideale di raccolta. Infine, un parametro secondario ma non meno importante è l’alto contenuto in fibre, che sono circa 3,6 mg ogni 100 grammi e si trovano concentrate prevalentemente nella columella centrale e nei semi.
Una risorsa per l’Italia… da supportare
Oggi questi frutti, come molti altri della categoria dei berries, trovano il principale sbocco nei mercati nord-europei e in quelli del Regno Unito, dove il consumo del ready-to-eat, pronto al consumo, è maggiore rispetto al nostro paese. Attualmente sono un centinaio gli ettari investiti in Italia, tuttavia l’incremento significativo rispetto al passato risulta ancora limitato a causa dell’elevata deperibilità e limitata potenzialità di conservazione, che ne pregiudica una presenza prolungata sul mercato.
L’implementazione delle tecniche di gestione e conservazione del prodotto in magazzino, dei processi di packaging durante il trasporto, uniti alla ricerca di nuovi strumenti che siano in grado di comunicare i principi di sostenibilità legati alla produzione e gestione di queste produzioni sono i temi di ricerca maggiormente attivi e portati avanti dal nostro gruppo di ricerca in collaborazione anche con Ortofruit italia, organizzazione di produttori del Piemonte e leader commerciale nazionale per la produzione dei baby kiwi (qui una nostra review sul tema).
Le pallet-bags
Il sistema che si sta sperimentando con maggior successo negli ultimi anni è quello di atmosfere modificate in pallet-bags, unità logistica per eccellenza con cui il prodotto non solo viene conservato in magazzino ma viene movimentato lungo la filiera (trasporto). La ricerca in questo settore è concentrata da tempo sulla gestione e creazione di sistemi ad atmosfera modificata attiva o passiva: nel primo caso la ricerca riguarda la scelta della corretta miscela gassosa, nel secondo caso la sperimentazione è concentrata sulla scelta del materiale di rivestimento dei pallet che non può e non deve essere casuale.
Il materiale utilizzato per la creazione dei pallet-bags è di fondamentale importanza in quanto deve garantire il raggiungimento e il mantenimento dell’equilibrio gassoso ricercato per ogni specie posta in conservazione. Tale equilibrio gassoso è ottenuto attraverso la combinazione dei molteplici fattori quali la respirazione dei frutti, la temperatura di conservazione e le proprietà barriera dei materiali utilizzati ai gas. I primi studi sulla conservazione del baby kiwi dimostrerebbero che questi si conservano più a lungo quando il contenuto di solidi solubili (principalmente zuccheri semplici) è maggiore, ma non è facile determinare una concentrazione media a causa della grande variabilità nella maturazione dei frutti sulla stessa pianta.
Proprio su questo punto si stanno sviluppando le nostre ultime attività sperimentali con cui puntiamo a sviluppare e usare indici di raccolta stabili che siano correlati a determinate caratteristiche qualitative delle varietà maggiormente coltivate sul nostro territorio (Tahi e Rua). Qui un nostro recente studio a riguardo.
Come andrà a finire? E a quando la degustazione? Ve lo racconteremo presto!