I benefici “invisibili” dell'uso dell'acqua nell'agricoltura di montagna
L’uso dell’acqua per le attività produttive ha un costo ambientale, ma l’irrigazione dei terreni agricoli è anche in grado di garantire benefici invisibili a favore dei territori e della collettività che li abita. Col progetto RESERVAQUA individuiamo e quantifichiamo questi benefici, a partire dal caso esemplare della Val d’Aosta.
L’utilizzo dell’acqua in agricoltura ha un costo ambientale risultante dal consumo e dall’inquinamento della risorsa a causa dell’irrigazione. Tuttavia, nelle aree montane o marginali quest’acqua garantisce anche servizi ecosistemici e beni pubblici utili per il territorio e per l’intera collettività. Si tratta di benefici invisibili, perché non hanno prezzo di mercato. Per questo motivo non vengono presi in considerazione da chi decide circa l’uso delle risorse.
Ma quali sono questi benefici? Come possiamo fornirne una quantificazione economica? Queste domande nascono come conseguenza all’entrata in vigore della Direttiva Quadro sulle Acque dell’UE nel 2000. Con l’obiettivo di tutelare e ripristinare le risorse idriche comunitarie, la direttiva introduce una tariffa differenziata in settori e basata sul principio del “chi inquina (usa) paga”. Questa strategia è risultata di difficile applicazione per il settore agricolo, sia per la complessità delle stime, sia per il rischio di gravare con eccessivi costi sulle aziende agricole, in particolare quelle operanti in zone già caratterizzate da svantaggi naturali come quelle montane.
Da questo punto di vista, è esemplare il caso della Valle d’Aosta. A questa Regione l’UE ha contestato l’assenza di un sistema di tariffazione coerente con la direttiva comunitaria. A tale posizione, la Regione ha opposto l’evidenza che in un territorio con caratteristiche ambientali, paesaggistiche ed economiche uniche come quello valdostano, l’uso dell’acqua in agricoltura non costituisce unicamente un costo, ma è in grado di produrre anche flussi di benefici fondamentali per l’intera collettività.
Proprio per individuare questi benefici nascosti, nasce il progetto RESERVACQUA (2019-2022), in cui il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino è coinvolto insieme al CREA (Centro di ricerche Politiche e Bioeconomia) nell’individuazione dei benefici pubblici forniti dall’acqua irrigua e nella stima del loro valore.
Ma chi sono le persone che godono di questi benefici? Come poterle coinvolgere nella loro identificazione? Le categorie di stakeholder che abbiamo individuato sono tre: i Consorzi irrigui come portavoce degli agricoltori; gli utilizzatori che non sono agricoltori, ma fruiscono del servizio a scopo hobbistico, per l’irrigazione di prati o orti privati; la popolazione in generale, che non utilizza direttamente il servizio ma che potenzialmente gode dei benefici prodotti dalle attività irrigue.
Il coinvolgimento diretto degli stakeholder locali attraverso l’uso di focus group ha permesso di portare alla luce un gran numero di benefici pubblici. Fra questi, il ruolo di presidio e manutenzione del territorio da rischi idrogeologici, la conservazione della biodiversità animale e vegetale ma anche la capacità di contrastare il fenomeno crescente dello spopolamento delle aree marginali. Nella seconda fase della nostra ricerca, queste informazioni ci permetteranno di attribuire ai benefici individuati un valore monetario utilizzando metodi mutuati dall’economia ambientale. Questi dati verranno presentati in sede europea, così da poter valutare il rapporto costi/benefici degli interventi proposti, tenendo conto anche delle loro componenti “invisibili”.
Il fine ultimo della ricerca vuole essere l’apertura di spazi di discussione circa le modalità di applicazione della Direttiva Acque là dove l’attività irrigua interessa i territori più fragili.
Gruppo di ricerca:
Silvia Novelli (DISAFA, UniTo)
Patrizia Borsotto (CREA) - Responsabile del progetto
Francesca Moino (CREA)