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Lorenzo Torrini
Lorenzo Torrini

Una casa per la rivoluzione climatica: intervista a Lorenzo Torrini di Kontiki

Questo contenuto fa parte del tema del mese: Rivoluzioni

Kontiki è la prima sede fisica italiana di Fridays for Future e si trova a Torino, in Via Cigliano 7/B. Abbiamo intervistato Lorenzo, attivista del movimento globale per la giustizia climatica fondato da Greta Thunberg, per chiedergli quali piccole e grandi rivoluzioni rappresenta il Kontiki, quale rapporto ha il movimento con la scienza e il mondo accademico e in quale direzione si muove questa nuova casa.

Ciao Lorenzo, ci racconteresti chi sei e perché hai deciso di far parte di Kontiki?
Sono Lorenzo Torrini e vivo a Torino da dieci anni. In tutto questo tempo ho sempre ricercato contesti comunitari in cui vivere, trovando in questi una dimensione ideale per esprimermi al meglio e per sentirmi a casa. Come ulteriore tappa di questa ricerca è arrivato il Kontiki, questa volta non come luogo dove vivere ma come spazio da frequentare, immaginare e curare. Il richiamo è stato troppo forte per non seguirlo.
Poi io sono un insegnante, insegno fisica alle scuole superiori e sentivo la necessità di un luogo dove fare cultura e politica, per provare a incidere sul mondo che ci sta attorno anche fuori dalla classe. Questa “grande zattera” è partita proprio con questo scopo. Insomma, faccio parte di  Kontiki per sentirmi a casa ed essere attivista.

In effetti Kontiki è il nome della zattera che permise all’etnologo ed esploratore Thor Heyerdahl di dimostrare che era possibile raggiungere la Polinesia dal Perù via mare. Come mai questo nome per la prima sede italiana di FFF?
La spedizione del Kontiki partì per dimostrare quanto la convinzione nelle proprie idee possa essere una spinta fortissima per mettersi in gioco. A Torino, persone arrivate da percorsi diversi si sono riunite per creare una comunità attorno a un obiettivo comune e a una casa/zattera da costruire e di cui prendersi cura. Quella del Kontiki è una storia che parla di avventura, di viaggio, di sfide, di natura, di paure e aspirazioni. Tutte parole ricche di significati e rimandi. I nomi sono delle metafore e noi vogliamo stare in queste metafore.

 

Kontiki, Torino

Quella del Kontiki e di Heyerdahl è anche una storia di ricerca. Che rapporto avete con il mondo universitario? Come dialogano o possono dialogare attivismo e ricerca?

Un discorso scientificamente fondato è la forza su cui si basano gli attivisti per il clima nel costruire la propria critica all’attuale status quo e per raccontare le proprie alternative. L’appoggio della scienza è fondamentale. Da qui però si sviluppa un altro discorso. La fiducia nella scienza come portatrice di verità non deve farci dimenticare che i luoghi del sapere non sono mai neutri e anzi possono essere persino reazionari quando non rompono con lo status quo e ne perpetuano, o normalizzano, le storture. Chi produce sapere deve prendersi carico di questa responsabilità e portare avanti una visione critica.
Dovremmo smettere di vedere ricerca e attivismo come due ambienti separati. Dovremmo chiedere a ogni attivista di essere ricercatore, per lo studio e il rigore che deve applicare al suo impegno, e a ogni ricercatore di essere attivista: da operaio, alienato produttore di conoscenza, ad artigiano consapevole delle implicazioni epistemiche, morali e politiche del proprio lavoro.

Molte delle persone che militano nel movimento FFF studiano o fanno ricerca, però la crisi del clima non riguarda solo il mondo della scienza. Giustizia climatica vuol dire anche giustizia sociale ed economica. Quali rivoluzioni auspicate (anche) per il mondo accademico, nell’ottica di costruire un futuro migliore?
L’accademia è chiamata a essere una coscienza indomita che sia strutturalmente antisistema per salvare il sistema da sé stesso.
Uno snodo fondamentale di questo discorso riguarda i finanziamenti. La ricerca deve essere sovvenzionata da fondi pubblici per essere libera. I finanziamenti privati non devono essere indispensabili al funzionamento dell’accademia affinché la possibilità di fare ricerca libera sia sempre percorribile.
Un’altra riflessione riguarda le discipline che vengono interpellate dagli attivisti climatici. Bisogna coinvolgere discipline da ogni ambito di ricerca, non solo dalle scienze dure, per poter criticare il presente e immaginare il futuro in modo sempre più organico e complesso.
In ultimo, l’accademia deve contribuire a strutturare e divulgare un pensiero che superi la dicotomia essere umano/natura, che rappresenta uno dei nodi concettuali più difficili da scardinare per raggiungere la giustizia climatica.
 

Kontiki, Torino

Il fatto di avere creato una prima sede fisica è già una piccola rivoluzione. Cosa rende Kontiki speciale e quali sono i vostri piani per il futuro?

Il Kontiki è speciale perché è una comunità di persone unite attorno alla cura di uno spazio fisico. Questo vuol dire anche che tutto ciò che il Kontiki è, oppure non è, diventa la traccia tangibile sia delle relazioni tra le persone che del percorso del nostro collettivo. Un diario non scritto a parole ma depositato nei lavori fatti, in quelli pensati e mai realizzati, negli eventi organizzati e anche negli oggetti posizionati e dimenticati da qualche parte. Un luogo vivo, che cambia insieme a noi.
Per il futuro vogliamo essere un esempio, vogliamo mostrare al mondo che il viaggio verso un futuro più equo e giusto è possibile. Vogliamo continuare a immaginare forme nuove di resistenza e alternative al presente.

Kontiki, Torino