Litio, cobalto e terre rare: gli anelli deboli, anzi critici, nella transizione energetica
Lo sviluppo massiccio di nuove tecnologie per produrre e accumulare energia da fonti rinnovabili è la più grande sfida di questi anni. Ma la transizione energetica deve tenere in conto della disponibilità, a volte limitata, delle materie prime necessarie. La nostra ricerca è volta all’individuazione delle criticità e alla proposta di possibili alternative, in particolare nelle tecnologie fotovoltaiche ed eoliche e nelle batterie al litio.
Dal punto di vista ambientale, la principale causa della crisi climatica in atto è la crescente concentrazione in atmosfera di gas serra prodotti dalle attività umane. Per contrastare questa crisi, che sempre più mette in pericolo il benessere e la stessa sopravvivenza della nostra specie, occorre ridurre le emissioni in atmosfera di gas serra, in particolare quelle relative all’anidride carbonica, la cui crescita in concentrazione è principalmente legata al massiccio utilizzo di combustibili fossili.
Tra i principali settori responsabili vi è la produzione di energia, la cui richiesta è storicamente stata soddisfatta tramite la combustione di risorse di origine fossile quali carbone, derivati del petrolio e gas naturale, che sono tutte fonti non rinnovabili.
La principale alternativa a questo tipo di risorse è costituita dalle fonti rinnovabili e “carbon neutral” (neutrali cioè rispetto all’emissione di anidride carbonica) come per esempio lo sfruttamento dell’energia solare attraverso pannelli fotovoltaici, la produzione di energia attraverso impianti idroelettrici o geotermici o la conversione dell’energia eolica in elettricità.
Si tratta di fonti emerse massicciamente sul mercato energetico solamente negli ultimi decenni. Per fare sì che la produzione di energia da tali fonti assuma importanza crescente fino a rimpiazzare la produzione da risorse fossili è necessario attuare una vera e propria transizione energetica, che implica l’uso di tecnologie specifiche.
Lo sviluppo di tali tecnologie deve però considerare i limiti imposti dalla distribuzione e dalla disponibilità in quantità sufficiente di materie prime, possibilmente anche a costi di produzione contenuti, per una implementazione su larga scala che possa soddisfare il fabbisogno energetico mondiale.
Per questo motivo nel campo dell’economia delle risorse è nato il concetto di “elemento critico”, che si riferisce a un elemento chimico la cui abbondanza sulla crosta terrestre è relativamente limitata e che potrebbe scarseggiare in un futuro più o meno prossimo se considerevolmente sfruttato dalle attività antropiche. Esempi classici sono alcuni elementi metallici, quali rodio, palladio, iridio, platino, oro e osmio utilizzati come catalizzatori in molti processi chimici (ad esempio all’interno delle marmitte catalitiche delle automobili) e che sono tra gli elementi meno presenti nella crosta terrestre.
Possiamo dare una seconda definizione di elemento critico che considera i fattori economici e geopolitici ma anche le sue proprietà peculiari, che potrebbero rendere l’elemento in questione difficilmente sostituibile da elementi simili e più disponibili. Uno di questi è il cobalto, elemento relativamente abbondante nella crosta terrestre e che è usato per la produzione di batterie ricaricabili, le cui miniere si trovano principalmente nella Repubblica Democratica del Congo, un paese particolarmente instabile da un punto di vista politico. Altro esempio è il titanio, ben presente sulla Terra, ma che visto il suo utilizzo in numerosi settori e la difficile sostituibilità potrebbe diventare un elemento limitante per lo sviluppo di alcune tecnologie fotovoltaiche.
L’obiettivo della nostra attività di ricerca è individuare gli elementi più critici richiesti dalle tecnologie attualmente disponibili per la produzione e l’immagazzinamento di energia da fonti rinnovabili con una particolare attenzione alle tecnologie fotovoltaiche ed eoliche, che producono energia a partire dalle due principali fonti rinnovabili del nostro pianeta (la radiazione solare e il vento), e agli accumulatori agli ioni litio, il tipo di batteria ricaricabile attualmente più diffusa sul mercato.
Per quanto riguarda le tecnologie fotovoltaiche, gli elementi critici emersi sono il silicio, che nonostante sia uno degli elementi più abbondanti della crosta terrestre è richiesto con un elevato grado di purezza, il titanio, ed elementi rari quali gallio, selenio, cadmio, indio, tellurio e rutenio.
Nelle tecnologie eoliche, invece, le maggiori criticità sono rappresentate da alluminio, ferro e titanio, fondamentali per la costruzione degli elementi strutturali delle pale eoliche, e dagli elementi appartenenti alle terre rare (con questa espressione si identificano 17 elementi della tavola periodica, e per la precisione i 15 lantanoidi più scandio e ittrio). Le terre rare sono impiegate nella realizzazione dei magneti permanenti, indispensabili per convertire efficientemente l’energia meccanica del vento in energia elettrica, ma i loro depositi si trovano per più del 90% in Cina, quindi non distribuiti uniformemente sulla crosta terrestre.
Infine, nel caso degli accumulatori agli ioni litio, che potrebbero essere ampiamente usati in futuro per immagazzinare l’energia prodotta in impianti fotovoltaici o eolici, andando a compensare l’inevitabile intermittenza della luce solare e del vento, gli elementi più critici sono il litio, il cobalto, il nichel e il manganese.
L’obiettivo principale della ricerca scientifica in questo ambito è quindi legato alla riduzione dell’utilizzo degli elementi critici, sostituendoli se possibile con elementi meno critici con proprietà analoghe, oppure allo sviluppo di metodi di riciclo efficienti che favoriscano un’economia circolare di tali elementi. Alcuni dei nostri studi si inseriscono in questo contesto concentrandosi in particolare sulle batterie al litio che a oggi contengono spesso l’elemento critico cobalto. In questo caso i nostri sforzi si concentrano nella sua sostituzione con il più disponibile ferro. Inoltre lavoriamo per la sostituzione di alcuni composti chimici potenzialmente inquinanti sia nella fase della loro sintesi che in quella di assemblaggio nelle batterie; in particolare stiamo sperimentando l’uso della gomma adragante che, ricavata dai fusti e dai rami di una ventina di specie vegetali, è solubile in acqua e può trovare applicazione come legante nella produzione degli elettrodi.
Gli approcci sperimentali studiati si sono dimostrati sicuramente incoraggianti e vanno nella direzione di proporre soluzioni tecnologiche sostenibili a supporto della transizione energetica.