Microplastiche per cena? No, grazie!
L’obesità è un crescente problema globale multifattoriale e recentemente è stata ipotizzata una sua correlazione con l’esposizione a interferenti endocrini, sostanze nocive per la salute di animali ed esseri umani. Mediante l’impiego di cellule coltivate in vitro, abbiamo evidenziato che plastificanti presenti nel packaging alimentare e che possono migrare negli alimenti hanno proprietà di interferenti endocrini con effetto pro-obesogeno e che microplastiche raccolte in mare veicolano interferenti metabolici che potrebbero finire nel nostro piatto attraverso la catena alimentare.
Tutti ormai sappiamo che una corretta alimentazione è alla base del nostro benessere. Ciononostante l’obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica a livello globale, dovuto a uno squilibrio tra apporto e consumo energetico, ma i fattori responsabili sono numerosi. Recentemente è stata ipotizzata una sua correlazione con l’esposizione ad alcune sostanze chimiche tossiche chiamate interferenti endocrini (Endocrine Disrupting Chemicals, EDCs), che possono avere effetti nocivi sul sistema endocrino (ormonale) e quindi sulla salute degli animali, essere umano compreso.
Gli interferenti endocrini, anche a basse dosi, interferiscono con la normale regolazione dello sviluppo, della crescita, della riproduzione, del metabolismo, dell’immunità e del comportamento, e le conseguenze sulla salute possono manifestarsi molto tempo dopo il periodo di esposizione.
In particolare, i cosiddetti interferenti metabolici o obesogeni sono in grado di promuovere l’accumulo di tessuto adiposo, alterandone il differenziamento cellulare e aumentando i depositi di grasso. Tra gli obesogeni troviamo alcuni plastificanti, spesso impiegati per la produzione di contenitori per cibo e bevande, utensili da cucina e altri oggetti di plastica di uso quotidiano. I plastificanti sono poco o nulla legati ai polimeri di cui sono costituiti i contenitori, quindi possono migrare negli alimenti e venire assorbiti attraverso il consumo di cibo, la cute e l’inalazione. I plastificanti con potenziale effetto obesogeno appartengono a diverse classi di molecole, tra cui gli ftalati, gli organofosfati e anche il ben noto Bisfenolo A (BPA), recentemente sottoposto a rigida normativa dall’UE, che ne ha vietato per esempio l’impiego per la produzione dei contenitori per l’alimentazione dei neonati.
Di grande attualità è anche il fatto che alcuni interferenti endocrini possono essere contenuti e veicolati dalle microplastiche, frammenti di plastica con dimensione inferiore ai 5 millimetri, ormai ampiamente diffusi nel mare, nei fiumi e nell’aria. Questi contaminanti possono venire assorbiti e bioaccumulati negli animali marini e, attraverso la catena alimentare, possono arrivare fin nel nostro piatto, compromettendo la nostra salute.
La ricerca è fondamentale per verificare un potenziale effetto negativo sulla salute dell’essere umano e degli animali in generale. Nei laboratori vengono condotti test in vitro su cellule coltivate e, quando necessario, test in vivo su animali; inoltre sono condotti studi epidemiologici per individuare la correlazione tra l’esposizione a certi contaminanti e l’insorgenza di determinate patologie.
I risultati delle ricerche possono indirizzare l’industria e gli organi di governo a scelte finalizzate alla tutela dell’ambiente e della salute.
Quello diretto da me (Patrizia Bovolin) è un gruppo di ricerca tutto al femminile di giovani (… e meno giovani) biologhe e biotecnologhe: Erika Cottone, Rosaria Scandiffio e Astrid Saraceni. Ci accomuna la passione per la scienza e siamo fortemente motivate a voler diffondere le conoscenze non solo in ambito universitario, ma anche a bambine e bambini delle scuole e alla popolazione in generale.
In questo contesto si inserisce la nostra partecipazione alla Notte dei ricercatori, al Festival dell’innovazione e della scienza, al Piano Lauree Scientifiche per la scuola secondaria, a Bambine e bambini. Un giorno all’Università e al corso MOOC on-line sulla sicurezza alimentare, di cui ha parlato il collega Giorgio Merlo qui.
Attualmente la nostra ricerca in laboratorio è focalizzata sull’individuazione della potenziale interferenza metabolica di plastificanti contenuti nel packaging alimentare e contaminanti veicolati dalle microplastiche. Grazie a finanziamenti nazionali e alla proficua collaborazione con colleghi dell’Università di Camerino, abbiamo ottenuto interessanti risultati, pubblicati su riviste scientifiche internazionali.
Utilizzando come modelli sperimentali colture in vitro di cellule animali, in particolare cellule in grado di differenziarsi in adipociti maturi (cellule deputate a sintetizzare, accumulare e cedere lipidi, NdR), abbiamo evidenziato che alcuni plastificanti normalmente usati per la produzione di contenitori per alimenti inducono un accumulo dei grassi e potrebbero quindi portare all’obesità.
In un’altra ricerca abbiamo invece testato, sullo stesso modello cellulare, microplastiche raccolte nel Mar Adriatico, che risultano essere trasportatori di contaminanti che agiscono in vitro come interferenti metabolici pro-obesogeni.
Questi risultati sono piccoli tasselli di un puzzle molto grande, che una volta completato permetterà a tutti noi di fare scelte consapevoli per la salvaguardia dell’ambiente e della salute.