Per un'acqua controllata e sicura, analisi all'avanguardia e pronte in 60 minuti!
La sicurezza dell’acqua potabile non dipende solo dalla presenza di contaminanti nelle acque grezze, ma anche dai residui dei prodotti usati nei trattamenti di disinfezione. Con il mio gruppo di ricerca sviluppiamo protocolli d’analisi innovativi in grado di coadiuvare i gestori del servizio idrico nel monitoraggio dei nuovi inquinanti, introdotti dalla recente Direttiva UE sulle acque potabili.
Quando apriamo il rubinetto e riempiamo un bicchiere, l’acqua grezza di partenza (proveniente da un fiume, un bacino o un pozzo) può essere soggetta a contaminazioni chimiche e microbiologiche, che rendono necessari una serie di trattamenti per il loro abbattimento. Ma anche i residui dei prodotti a base cloro usati per la disinfezione batteriologica possono creare problemi sul piano tossicologico. Tra questi sono compresi gli acidi aloacetici, il cui effetto citotossico/cancerogeno, esplicato già a basse concentrazioni, recentemente ha spinto i legislatori a imporre un loro monitoraggio nell’acqua destinata all’uso umano (Dir. 2020/2184/UE sulle acque potabili).
Nonostante la tendenza attuale sia quella di ridurre l’impatto dei trattamenti di disinfezione a base di cloro affiancandoli a trattamenti biologici, la nuova normativa sottolinea come risulti comunque fondamentale monitorare la presenza degli acidi aloacetici lungo tutte le fasi del processo di potabilizzazione, richiedendo pertanto lo sviluppo di metodi analitici estremamente sensibili in grado di quantificare la loro presenza a concentrazioni inferiori alle parti per miliardo.
Per raggiungere tali risultati, il nostro gruppo di ricerca ha proposto di unire l’utilizzo della cromatografia ionica (metodo di elezione per l’identificazione di questi composti) con quello della spettrometria di massa (uno dei metodi di rivelazione più sensibile). L’accoppiamento di queste due tecniche ha permesso di sviluppare e validare un protocollo analitico all’avanguardia per la determinazione degli acidi aloacetici. Questa procedura rispetta caratteristiche che la rendono un metodo analitico competitivo e applicabile in routine: è rapida (il campione di acqua può essere inviato a misura tal quale, senza nessun pretrattamento), sensibile (sono rivelabili bassissime concentrazioni), robusta (non risente dell’eventuale presenza di sostanze organiche e inorganiche naturalmente disciolte e quindi non è pregiudicata dalla variabiltà e dall’origine del campione) e in meno di 60 minuti permette di quantificare i 10 acidi aloacetici più rappresentativi della categoria contestualmente ad altri anioni definiti comuni, cioè già monitorati in modo routinario.
Il metodo, messo a disposizione del gestore del servizio idrico integrato delle acque torinesi (SMAT), è già stato testato con successo all’analisi di campioni prelevati dai loro impianti, dimostrando quindi l’applicabilità ai processi routinari di controllo che la nuova normativa imporrà nel breve futuro.