Una stranezza nel mondo delle specie invasive: il caso degli insetti acquatici
Capire le dinamiche alla base delle invasioni biologiche è sempre più importante nella sfida alla tutela della biodiversità. La maggior parte degli studi si è finora concentrata sull'analisi di casi di "successo". Ma perché, nonostante ci siano le giuste premesse, a volte le specie non riescono a invadere i nuovi habitat? Questo racconto riguarda proprio una storia “fallita” e un apparente paradosso: quello degli insetti acquatici.
L’invasione di specie alloctone, cioè non originarie di un certo territorio, rappresenta la seconda causa di perdita di biodiversità a livello mondiale, preceduta solamente dalla distruzione degli habitat. L’enorme impatto ecologico che ha avuto l’arrivo del coniglio europeo in Australia è tra i più conosciuti e drammatici esempi di questo fenomeno, insieme ad altri esempi dal forte successo mediatico come il pesce siluro, la nutria e lo scoiattolo grigio.
E proprio nel contesto delle invasioni biologiche ci si accorge di un evidente paradosso, una stranezza basata su due elementi. Il primo è che gli insetti sono il gruppo con il più alto numero di specie invasive al mondo. Il punteruolo rosso delle palme, la cimice asiatica, la dorifora della patata, la metcalfa, il calabrone asiatico sono solo alcuni degli esempi più noti al grande pubblico. Il secondo fattore è legato al fatto che gli ambienti d’acqua dolce sono probabilmente l’ecosistema più invaso del pianeta. In Europa si stima che le specie invasive presenti nelle acque dolci siano il doppio di quelle marine e una percentuale ancora maggiore di quelle terrestri. Il nostro gruppo di ricerca ALPSTREAM si è spesso interessato del problema delle invasioni biologiche in ambiente acquatico, investigando la diffusione delle specie ittiche alloctone nel reticolo idrografico piemontese ed evidenziando come esistano complesse interazioni tra invasori, per cui addirittura la presenza di gamberi esotici può aiutare la diffusione di specie aliene di alghe.
Se consideriamo quindi che gli insetti sono ottimi invasori e che le acque dolci sono facili da invadere, dovremmo concludere che gli insetti acquatici invasivi sono moltissimi. È vero invece l’esatto opposto. I nostri fiumi sono pieni di pesci danubiani, crostacei americani e cozze asiatiche, ma privi di insetti alloctoni. Come mai?È quello che ci siamo chiesti in un nostro recente studio, in cui presentiamo alcune ipotesi sul perché gli insetti acquatici non siano comuni tra gli organismi acquatici invasivi. Probabilmente, una delle ragioni principali è che non esiste nessun interesse economico nello spostare insetti acquatici da un territorio all’altro. Le introduzioni volontarie di pesci, gamberi e molluschi da parte dell’essere umano sono state moltissime, ma poiché gli insetti acquatici non rivestono praticamente alcun interesse per l’alimentazione umana o la lotta biologica, nessuno tra loro è stato introdotto volontariamente.
Tra gli insetti terrestri, molte specie invasive sono state introdotte involontariamente nei nuovi territori, perché strettamente associate a piante-ospite di importanza agricola o ornamentale che sono state e sono tuttora spostate dall’essere umano con grande frequenza. Un altro modo per spostare un insetto acquatico dal proprio territorio potrebbe quindi essere quello di spostare la sua pianta-ospite. Tuttavia, negli ambienti fluviali gli insetti che si nutrono di piante sono praticamente assenti, in quanto gli ingressi energetici del sistema vengono dal detrito organico terrestre e dal pascolo delle alghe. Per di più, il numero di piante traslocate dall’essere umano è irrilevante negli ambienti acquatici, mentre assume proporzioni enormi in quelli terrestri.
Altri fattori concomitanti risiedono nel fatto che gli insetti acquatici solitamente non riescono a sopravvivere durante la fase di trasporto terrestre o marittimo e che hanno strategie riproduttive che ne limitano il potenziale invasivo. Infine, a differenza di molti invasori, gli insetti acquatici di solito hanno un ciclo vitale che comprende una fase acquatica e una aerea e per invadere un nuovo ambiente devono trovare un habitat adatto sia per gli stadi larvali sia per quelli adulti.
Questo paradosso rappresenta un caso di studio importante perché mette chiaramente in luce il ruolo centrale svolto dall'essere umano nelle invasioni biologiche. In questo contesto, la scarsità di insetti acquatici invasivi di successo è probabilmente il risultato delle loro particolari caratteristiche biologiche ed ecologiche ma anche, e specialmente, della mancanza di interesse umano nel loro spostamento. Le ipotesi proposte per spiegare il paradosso della rarità degli insetti acquatici tra gli organismi invasivi possono aiutare a stimolare la ricerca futura su questo argomento, affrontando ad esempio l’emergere di nuovi scenari legati al cambiamento climatico globale.