Come bambini smarriti. Prendere decisioni in situazioni di emergenza
La scienza non dà certezze, ma pone le domande giuste e cerca risposte condivise. Non è infallibile ma studia per conoscere i propri limiti. E necessita di tempo. Quello che però non avevano a disposizione politica e istituzioni nelle prime drammatiche settimane dell’epidemia Covid. Ma come reagisce la nostra mente di fronte all’ignoto? Come cambiano i processi di presa di decisioni in condizioni di emergenze pubbliche? Stiamo cercando di rispondere con uno studio che intende confrontare questa situazione con altri momenti storici caratterizzati da forme simili di grandi incertezze collettive.
L’emozione più antica e forte dell’essere umano è la paura, e il tipo più antico e forte di paura è la paura dell’ignoto.
(Howard P. Lovecraft, 1927).
C’è chi, come il Piccolo Principe, sembra non aver paura dell’ignoto, ma ha un mondo di domande. Così, quando gli capita di incontrare la Signora Scienza, prova un’immensa felicità all’idea di poter trovare una risposta, certa e immutabile, a tutti i suoi quesiti.
“Buongiorno!” esordì il Piccolo Principe “che fortuna incontrarti: so che sai tutto, grazie ai tuoi Operai che non si stancano mai di raccogliere e interpretare dati”.
“Buongiorno ragazzo, il piacere è mio. Temo che tu abbia un’idea piuttosto distorta di me, ma dimmi, cosa vuoi sapere?”.
“Grazie Signora Scienza. Ho sentito che non è un bel periodo qui sul vostro pianeta, per via di un nuovo virus. Mi hanno detto che addirittura non mi è più consentito viaggiare nei vostri cieli e fare nuove conoscenze. Cosa succede esattamente? Cosa dicono i tuoi Operai Dei Virus? Quando potrò proseguire le mie esplorazioni? Riabbracciare i miei amici? Quando ci sarà una cura? E un vaccino? ...”
“Calma, calma, ragazzo, è ancora presto per avere risposte a queste domande, non conosciamo questo virus a sufficienza, e non sappiamo quanto tempo ci vorrà per scoprire come agisce, se cambia nel tempo, come si comporta nelle diverse condizioni. Dobbiamo aspettare che i miei Operai Dei Virus portino a termine le loro sperimentazioni prima di poter parlare di vaccino. Occorre tempo per fare prove cliniche e vedere se ci siano terapie sicure ed efficaci”.
Ad ogni parola della Signora Scienza, il Piccolo Principe si faceva sempre più piccolo e sentiva un crescente senso di vulnerabilità. Le sue certezze, in primis l’idea che la scienza fosse in grado di offrire certezze, si sgranavano una ad una come piselli dal baccello.
“Ma, Signora Scienza, se neanche voi avete le risposte, come facciamo a sapere come agire? Se si tornerà a lavorare come prima, a giocare di nuovo insieme…”.
“Non abbiamo certezze, in effetti. I miei Operai lavorano tantissimo ma sanno pochissimo di tutto ciò che vorremmo sapere. Pensa, gli Operai della Fisica non sanno di cosa sia fatto il 95% dell’universo, gli Operai della Biologia non sanno a cosa serva più della metà del nostro genoma, e gli Operai dei Virus non sanno nemmeno la percentuale di quello che non conoscono”.
Il Piccolo Principe si sentì confuso e smarrito; si chiese a cosa servisse tutto quel gran lavoro se non poteva produrre risposte. La Signora Scienza, che ben conosce quelle espressioni deluse, si affrettò a rassicurarlo: “Non pensare che io sia inutile, ragazzo: tutto ciò che senti per mia voce è frutto di osservazioni e sperimentazioni rigorose, ogni variabile che può entrare in gioco è studiata in modo sistematico, e i risultati sono calcolati con tecniche statistiche affidabili. Come tutti, sono fallibile, ma conosco i miei margini di errore”... [To be continued]
Abbiamo inventato questo dialogo, che ci ripromettiamo di proseguire in un prossimo futuro, per mettere a fuoco un atteggiamento che, in questi mesi di esposizione all’incertezza, ha caratterizzato molte persone: cercare certezza nella scienza è stata una delle reazioni più comuni, che deriva dall’equivoco che la scienza sia dispensatrice di risposte veloci e inconfutabili. Già, perché se la scienza ha bisogno di tempo per poter dare risposte condivise e affidabili, le istituzioni - così come i singoli - si trovano a dover prendere decisioni, e penderle in condizioni di grandi incertezze è sicuramente più difficile e rischioso.
Allora, da ricercatori che studiano i processi cognitivi, ci siamo chiesti: come reagisce la nostra mente di fronte all’incertezza? Come cambiano i processi di presa di decisioni in condizioni di incertezza ed emergenze pubbliche?
In precedenti studi abbiamo visto che, in situazioni emergenziali caratterizzate da vaste perdite per la società, le persone diventano più avverse al rischio e più prudenti nelle decisioni, per compensare i sentimenti di insicurezza causati dal disastro.
Data l’attuale situazione Covid, abbiamo avviato una ricerca su questo tema. coinvolgendo diverse centinaia di persone a cui abbiamo sottoposto una serie di “problemi decisionali” e per ciascuno abbiamo chiesto di compiere la propria scelta. Stiamo raccogliendo i dati a diverse distanze temporali dall’inizio della pandemia, in modo da poter osservare se e come le scelte cambiano con l’evolversi della situazione.
Il consueto modo di ragionare delle persone, come sappiamo dal premio Nobel Daniel Kahnemann e dal suo esimio collega e amico Amos Tversky, non è guidato dai principi della logica bensì da scorciatoie mentali inclini a errori fondati su pregiudizi o percezioni deformate della realtà. Quello che ci aspettiamo, in un periodo storico critico come questo, è che, alle consuete tendenze quali per esempio sopravvalutare le bassissime probabilità di vincere grosse somme (tendenza che ci porta ad acquistare i biglietti della lotteria) o le basse probabilità di incorrere in ingenti danni (tendenza che ci porta a investire in ricchi premi assicurativi), se ne integrino di altre, volte a una ricerca di sicurezza.
Quando avremo i primi risultati, saremo felici di raccontarveli in un nuovo racconto di ricerca!
Katiuscia Sacco per il gruppo di ricerca Brain Plasticity and behavior changes.