Il cinema contro gli stereotipi: la storia dello Psicologia Film Festival
Sedici anni di vita, dodici proiezioni all’anno e decine di associazioni e luoghi culturali coinvolti: mescolando in un’atmosfera informale cinema indipendente e sapere esperto, lo Psicologia Film Festival ha la capacità di riunire intorno a sé centinaia di persone per parlare di benessere psichico e malattia mentale e per combattere il pregiudizio sociale e lo stigma che accompagnano questi temi.
Lo Psicologia Film Festival (PFF), da sedici anni a questa parte, unisce comunità accademica, realtà del territorio e cittadinanza nel dibattito su salute mentale e sociale, creando una rete di scambio e crescita. Nel tempo il progetto si è evoluto mutando obiettivi, formula, partner, luoghi e componenti. La richiesta di raccontarci su Frida arriva in un momento di un nuovo importante cambiamento, come scoprirete alla fine di questo racconto.
L’idea
È il 2008 e all’interno dell’Università c’è un clima di acceso dibattito suscitato dalla riforma Gelmini, inerente la gestione dei fondi per l'istruzione superiore e il modello di università da costruire in Italia. Diventano temi centrali il precariato, la privatizzazione e i tagli ai finanziamenti pubblici.
L’associazione studentesca “Collettivo di Psicologia”, attiva sia a livello di Ateneo che nelle Commissioni del Dipartimento, partecipa a un incontro organizzato dalla Biblioteca di Psicologia che vuole far conoscere le diverse professionalità presenti nelle biblioteche.
Grazie al contesto informale, si crea da subito un clima collaborativo e creativo. Ciò che accomuna chi partecipa all'incontro è la volontà di contribuire attivamente alla vita universitaria, anche con l'organizzazione di eventi che arricchiscano la didattica e favoriscano la partecipazione di studenti e studentesse.
La formula che ci sembra più adatta per questo scopo è quella del cineforum: il film è un mezzo di comunicazione immediato, favorisce un apprendimento coinvolgente e interattivo ed è una delle forme d’arte più diffuse. Organizzare le proiezioni inoltre è più semplice rispetto ad altre attività.
Inizia così nel 2009) la storia del PFF. Scegliamo The Experiment di Oliver Hirschbiegel (2001), film sul controverso esperimento psicologico condotto nel 1971 nella prigione di Stanford dallo psicologo statunitense Philip Zimbardo. Proiettiamo nella sala attrezzata della Biblioteca, nel tardo pomeriggio, e invitiamo ai dibattiti docenti di Unito, prevalentemente di Psicologia. Il primo esito positivo è vedere che c’è interesse a partecipare, a presentare i film e a condurre il dibattito. Percepiamo un clima di scambio, condivisione e coinvolgimento.
Le prime due edizioni sono rivolte soprattutto alla comunità universitaria, ma per una parte di noi diventa quasi subito impellente l’esigenza di ampliare la platea.
Aprirsi alla comunità
Partendo dal presupposto che la conoscenza combatte uno dei principali fenomeni legati alla salute mentale, ovvero il pregiudizio sociale e lo stigma che lo accompagna, organizziamo proiezioni che permettano di “raccontare” la psicologia, la malattia mentale, la psichiatria rifuggendo da banalizzazioni e stereotipi.
Inizialmente la scelta dei film si basa su esperienze personali o degli ospiti invitati ai dibattiti. Dalla III edizione la selezione si orienta verso documentari e film diretti da registi e registe giovani ed emergenti, prodotti da case di produzione indipendenti, poco diffusi e poco accessibili al grande pubblico.
Le tematiche, che diventeranno ricorrenti in tutte le edizioni del PFF, riguardano contesti familiari o sociali di sfruttamento, violenza, guerra (Gulistan: Land of roses di Zaynê Akyol o Il tempo che ci rimane di Elia Suleiman), fenomeni che contribuiscono a creare disagio psichico o emarginazione.
Scegliamo di presentare anche proiezioni che raccontino possibili soluzioni a scenari distopici e percorsi individuali non tanto di “cura”, quanto di accettazione (Le Soleil de trop près di Brieuc Carnaille), storie d'amore (L’Estate di Giacomo di Alessandro Comodin), consapevolezza, di empatia (Mr Bachmann e la sua classe di Maria Speth), crescita (Flee di Jonas Poher Rasmussen), di rinascita (Arbores di Francesco Bussalai). Spesso capita anche di analizzare da un punto di vista psicologico argomenti come la post-verità o l’appartenenza a un territorio.
La formula funziona, cresce l’interesse e la partecipazione, così ci prefiggiamo di diventare “grandi” facendo rete con altre realtà territoriali che hanno finalità educative, formative, culturali e artistiche; organizziamo gli eventi in orario serale e in contesti extra universitari. Il nostro target ora è tutta la cittadinanza. Le ex Officine Corsare diventano la prima sala esterna del PFF.
Dalla IV edizione abbiamo il patrocinio del Dipartimento di Psicologia, che ci consente di scegliere con più libertà cosa e dove proiettare e di far fronte ai costi per l’acquisto dell’attrezzatura necessaria. Possiamo finalmente proiettare all’aperto e il cortile di Palazzo Badini, sede del Dipartimento, diventa un appuntamento fisso in tutte le edizioni.
Un gruppo coeso e inclusivo
Abbiamo le competenze e l’entusiasmo necessari per proseguire. Il nostro “comitato scientifico”, aperto a collaborazioni esterne, individua cosa proporre per le proiezioni, poi c’è chi si occupa dei sottotitoli dei film in lingua originale, chi di contattare le case di produzione e la SIAE, chi della comunicazione, delle locandine, dei social e del sito.
Per facilitare la partnership con altre realtà e mantenere costante nel tempo la collaborazione con il Collettivo, decidiamo di creare un‘associazione: nasce Sinestesia.
Ora ai dibattiti invitiamo anche docenti di altri Atenei (Maurizio Busacca di Ca’ Foscari per Atlantide, di Yuri Ankurani, Irene Peano dell’Istituto di Scienze Sociali dell’Università di Lisbona per Mediterranea di Jonas Carpignano) e professionisti e professioniste, associazioni torinesi che presentano la loro esperienza di intervento nel sociale, nella sanità o nel campo del benessere psicologico, registi (Francesco Bussalai con Arbores, Daniele Segre con Tempo vero, Jamie Croft con The March of Hope) e registe (Rossella Schillaci con Altra Europa, Rita Raucci con Io vivo per te) o persone del cast dei documentari e film proposti.
In media ogni edizione prevede una dozzina di proiezioni. Parallelamente organizziamo anche altri eventi in cui, oltre alle proiezioni cinematografiche, offriamo al pubblico presentazioni di libri, mostre e spettacoli teatrali.
Reti, relazioni e territorio
La scelta dei luoghi destinati agli eventi e le collaborazioni mutano ogni edizione, anche in conseguenza dei cambiamenti delle realtà associative cittadine. Negli anni abbiamo collaborato con le Officine Corsare, il Caffè Basaglia, l’Associazione del Museo Nazionale del Cinema, l’Associazione Psychetius, il Comitato di Solidarietà Rifugiati e Migranti dell’ex MOI, il Cinema Ambrosio, il Comala, la Casa del Quartiere, l’hub di via Baltea, il Piccolo Cinema, il Cine Teatro Baretti, la Cascina Roccafranca, il Teatro Monterosa, Yalla Aurora, l’Associazione Volonwrite.
Alcune collaborazioni sono temporanee mentre altre si rafforzano e le loro sedi diventano appuntamenti fissi del PFF come il Centro Studi per la pace Sereno Regis, l’Hub Multiculturale Cecchi Point e gli Orti Generali.
Un elemento che caratterizza la manifestazione fin dalle sue prime edizioni è la creazione di momenti conviviali, che favoriscono non solo la discussione e l’approfondimento, ma anche il senso di comunità tra chi partecipa alle proiezioni e ai dibattiti. Questi spazi informali rendono l'esperienza più coinvolgente, creando occasioni di scambio culturale e personale. Ogni evento diventa un'opportunità di crescita collettiva, dove le tradizioni, le storie e le esperienze di ciascun partecipante arricchiscono l'iniziativa, favorendo l'incontro tra mondi diversi. Il PFF crea uno spazio di inclusione e ascolto, che si estende oltre i temi trattati nei film e dibattiti, permettendo a tutti di essere parte attiva. In media ad ogni evento partecipano dalle 90 alle 100 persone.
Non solo cinema: uno sguardo al futuro
Dalla sedicesima edizione cambierà il formato del PFF. Il pubblico delle ultime edizioni è stato sempre più diversificato, anche come fasce generazionali. Dal 2025 intendiamo rinnovarci: oltre alle tradizionali proiezioni di film con dibattito, stiamo organizzando eventi più complessi e strutturati.
Attraverso attività come tavole rotonde, workshop, seminari e focus group, intendiamo creare uno spazio di condivisione e riflessione che favorisca il dialogo, la comprensione reciproca e la crescita collettiva, contribuendo a migliorare il benessere psicologico e sociale di tutti i partecipanti.
Il primo evento, EsteticaMENTE, che si svolgerà in spazi dell’Università, prevede una parte iniziale che coinvolgerà docenti universitari di Psicologia e Filosofia e che consisterà in un tavola rotonda nella quale verranno presentati in maniera divulgativa progetti di ricerca; seguirà la presentazione di libri attinenti i temi trattati, un momento conviviale e momenti partecipativi in cui coinvolgeremo il pubblico con focus tematici e seminari performativi.
L'università potrà condividere ricerca, formazione e risorse, mentre le associazioni che parteciperanno agli eventi offriranno la connessione diretta con il territorio e le persone: insieme, possiamo migliorare l'accesso alle informazioni, favorire la prevenzione e affrontare le disuguaglianze nella salute.