Storie di ricerca

Il volto dell’Altra (rivoluzionaria): tre fotografie per riflettere sulla nostra umanità

Questo contenuto fa parte del tema del mese: Rivoluzioni

L’arte fotografica restituisce ritratti, volti che ci parlano e ci guardano dal passato come dal presente: sono volti duraturi e riproducibili, grazie alla tecnica, ma non per questo si tratta di semplici documenti descrittivi o informativi. Quando l’artista newyorkese di origini nigeriane Teju Cole riproduce e descrive il ritratto di una rivoluzionaria afroamericana, ci introduce alla lettura di un volto che appare come il volto dell’Altra (Lévinas). Proprio quel volto è divenuto, suo malgrado, un’icona della lotta rivoluzionaria per i diritti civili, un meccanismo che si verifica anche in altri scatti più recenti e che è in grado di aiutarci a riflettere sulla nostra relazione con l’altro.

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Lingue e Letterature straniere e Culture moderne

Teju Cole è un newyorkese di origini nigeriane, fotografo, romanziere, scrittore di saggi, racconti e foto-narrazioni sperimentali digitali, ma anche critico d’arte, critico fotografico e letterario. Nel suo saggio “A True Picture of Black Skin” (in Known and Strange Things, 2016) Cole analizza una fotografia storica del fotografo africano-americano Roy Rudolph DeCarava (1919-2009), rendendo omaggio a un maestro e a un suo predecessore.

Le fotografie dedicate al movimento per i diritti civili documentano in genere grandi adunate, con oratori appassionati, manifestanti muniti di cartelli (“Io sono un uomo”), cani, e idranti lanciati contro i manifestanti. Questi sono scatti che sia Roland Barthes, sia Susan Sontag definirebbero “indexical”, vale a dire documentaristici.

D’altro canto vi sono fotografie appartenenti al medesimo ambito, come quella descritta da Teju Cole, capaci di togliere il fiato – “[it] left me short of breath” (2016, 144), scrive letteralmente Cole:

“It’s of a young woman whose face is at once relaxed and intense. She is apparently in bright sunshine, but both her face and the rest of the picture give off a feeling of modulated darkness; we can see her beautiful features, but they are underlit somehow” (2016, 144).

Serenità, intensità e bellezza caratterizzano un volto che, in accordo con quanto scrive il filosofo ebreo-francese Emmanuel Lévinas, è una rivelazione epifanica, vale a dire che il volto incarna e rappresenta “Il mistero dell’altra persona” (Intro., p. 1) e  permette l’incontro con “l’altra persona”, un faccia a faccia. Il volto, sostiene infatti Lévinas, “è una plasticità o un enigma che buca la fenomenalità con un imperativo” (Introduzione all’edizione inglese, 18). L’irruzione del volto Altro, al cospetto dell’io, porta con sé l’irruzione del tempo e dell’etica in quanto richiede – “comanda”, scrive Lévinas, – assunzione di responsabilità da parte dell’io.

Più intensamente, “la femminilità”, scrive Lévinas, “mi appare come una differenza, come una vera qualità della differenza. L’eccezionale epifania del volto – astratta e casta nudità – emerge dalle differenze di sesso, … nasce dal ‘non uccidere’ che il vero silenzio del volto pronuncia” (ivi, 36). Il volto dell’Altra in quanto epifania, dunque, induce a una relazione etica di reciprocità e riconoscimento perché esprime, senza parole, l’ingiunzione del comandamento di non uccidere.

Tutto questo forse ha visto Teju Cole in quel volto fotografato che lo ha lasciato senza fiato la prima volta. Quel volto emanava un’aura. Si trattava di una giovane rivoluzionaria pacificamente, ma fermamente, determinata a rivendicare i diritti civili in America, in una fotografia d’epoca: Mississippi Freedom Marcher, Washington, D.C., 1963.
Quella è stata la più famosa di tutte le marce di protesta e il fotografo era uno dei più “poetici”, dice Cole, il quale specifica anche che il fascino di quell’immagine sta nella bellezza dei neri e delle zone in ombra. L’auraticità della fotografia - la maestria del fotografo - starebbe proprio in quei grigio-neri, in quell’effetto ‘chiaroscuro’.
Scrive Cole: una combinazione di maestria nell’esposizione, virtuosismo nella camera oscura e, occasionalmente, stampa su carta soffice. Un atto artistico e un atto d’amore, verrebbe da dire, ma anche un atto tecnico, rivoluzionario, per la storia della fotografia. Invece di cercare di schiarire la “nerità”, la foto va contro le aspettative e la scurisce ulteriormente. Cole conclude, dunque, che così come l’epifania del volto dell’Altra di lévinassiana memoria, anche la fotografia di DeCarava “garantisce il nostro senso di umanità”.

Ritroviamo un simile volto nella fotografia di Johny Pitts a una giovane donna afrodiscendente che cammina lungo il Tamigi, a Londra, mentre è al telefono, sorride, porta una borsetta piena di giornali. Il sorriso è accennato e lo sguardo è fiero e risoluto, come quello della ragazza ritratta da DeCarava, che anni prima dimostrava per i diritti civili in America.
La fotografia fa parte di una galleria di ritratti, quasi fermo immagini, nello scorrere di un videoclip dedicato alla zona tra la stazione di Waterloo e South Bank fino a Tilbury, lungo il Tamigi, che alterna i versi recitati dalla voce dello scrittore Johny Pitts, di origini afro-americane da parte di padre, e la voce narrante dello scrittore caraibico Caryl Phillips (0’.55’’ ca.). I due autori sono alla ricerca delle radici “Afropean” di Londra nel 2012, alla vigilia dei Giochi olimpici nella capitale. La ragazza di oggi forse deve qualcosa alla ragazza, manifestante, di allora, la cui rivendicazione di uguali diritti per tutti  ha promosso e permesso l’emancipazione delle future generazioni.

Un’ultima fotografia merita attenzione, in quanto volto lévinassiano per eccellenza: si tratta della fotografia di un’attivista dei nostri giorni, divenuta famosa. Questa donna riprende le istanze di quelle prime manifestazioni per i diritti civili in America, che oggi vengono riproposte. Scattata a Baton Rouge, capitale della Louisiana, durante una manifestazione di Black Lives Matter, la foto ritrae una giovane donna che avanza con la testa alta e lo sguardo fiero; indossa occhiali che le donano un aspetto pacifico, serio e intellettuale. Incarna l’elogio della leggerezza, così come lo ha teorizzato Calvino nelle sue Lezioni Americane (1988), con un  vestito estivo leggerissimo, fluttuante, velato, che le lascia scoperta la schiena. Calza delle scarpe basse, ma sembra altissima. Dinanzi a lei, che avanza come una regina, i poliziotti in tenuta antisommossa indietreggiano. Nonostante la fotografia sia un’immagine fissa, quei poliziotti sembrano indietreggiare al rallentatore, come camminassero sulla Luna, con quella loro tenuta che somiglia a una tuta spaziale, armati fino ai denti. La fotografia è di Jonathan Bachman, fotografo di New Orleans (Il Post,11 luglio 2016).

Le tre donne ritratte nelle fotografie descritte, in momenti storici diversi, sono in qualche modo collegate e sono icone di una rivoluzione e di una emancipazione (empowerment) che si manifesta nel volto dell’Altra: i volti di quelle giovani donne ci interrogano sulla nostra capacità di relazionarci a essi, e sul nostro senso di umanità. Insomma, ci ri-guardano.

Bibliografia

Roland Barthes, "Camera Lucida", Hill and Wang, New York, 1981.
Walter Benjamin, “A Short History of Photography”, The Literarische Welt 18.9., 25.9. and 2.10.1931.
Walter Benjamin, “The Work of Art in the Age of Mechanical Reproduction”, Illuminations, with an introduction by Hannah Arendt, Schocken Books, New York, 1968, pp. 217-252.
Italo Calvino, "Six Memos for the Next Millennium", Harvard University Press, Cambridge, Mass., 1988.
Teju Cole, "Known and Strange Things", Faber & Faber, New York, 2016.
Emmanuel Lévinas, "Time and the Other", translation by Richard A. Cohen, Duquesne University Press, Pittsburg, 1987.
Susan Sontag, "On Photography", Farrar, Straus and Giroux, New York,1977.