Legge 227: il disegno della libertà prende forma
Mancano 600 giorni alla piena entrata in vigore della riforma in materia di disabilità…ma cosa significa? Fino ad ora le persone con disabilità non erano cittadine e cittadini come gli altri: non potevano scegliere liberamente il loro domicilio, ogni loro scelta doveva essere sottoposta alla validazione di un'altra persona. Uscire, fidanzarsi, fare volontariato, avere figli, viaggiare: le libertà che per le persone senza disabilità sono scontate, per loro non lo erano. Il nostro gruppo di ricerca lavora da diversi anni proprio per mettere a punto gli strumenti tecnici, i processi e le innovazioni funzionali al cambiamento di questa situazione: ora è il momento di vederli in azione.

Non possono stabilire dove abiteranno. Ogni loro scelta è sottoposta alla validazione di un'altra persona. Non dispongono liberamente neanche di ciò che è loro. La loro esistenza si sviluppa senza che sia necessario tenere conto delle loro aspirazioni. Soltanto il 30% di loro lavora, anche se ne hanno formalmente diritto. Avete capito di chi stiamo parlando?
No, non sono le persone con disabilità: sono le donne in Italia fino a 50 anni fa.
Proprio 50 anni fa, una riforma cambia le carte in tavola: con il nuovo diritto di famiglia le donne diventano pari agli uomini, le limitazioni alle loro libertà e aspirazioni vengono rimosse. Non significa, lo sappiamo bene, che di botto per tutte le donne la situazione cambia: la riforma innesca un movimento, offre un aggancio solido a chi lotta per la parità, traccia punti su cui disegnare, come quella linea rossastra che si faceva sotto gli affreschi nelle chiese tanto tempo fa. Non è ancora il disegno con tutti i colori ma ne fa intravedere la forma. Una bella forma.
Quando, nel novembre 2021, il Parlamento ha approvato la Riforma in materia di disabilità con la legge 227, varata per attuare completamente la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità anche in Italia, il nostro gruppo di ricerca ci ha ritrovato proprio quella forma:
la messa a terra di quel movimento di liberazione delle persone con disabilità di cui il nostro lavoro di ricerca costruisce l’infrastruttura tecnica.
Eravamo pronti a riempire di colori il nuovo disegno tracciato della riforma: erano dieci anni che lavoravamo insieme alle persone con disabilità e alle loro famiglie, costruendo strumenti, definendo e sperimentando processi. Dopo poche settimane, infatti, arriva la chiamata: la nostra responsabile scientifica è tra le otto persone esperte scelte in tutta Italia per trasferire quei processi e quegli strumenti nel nuovo sistema.
Fino ad ora, nel nostro paese le persone con disabilità non erano cittadine e cittadini come gli altri. In teoria la Costituzione non fa differenza tra cittadini, ma in concreto non potevano scegliere liberamente il loro domicilio, dove e con chi vivevano veniva stabilito da altre persone.
Ogni loro scelta doveva essere sottoposta alla validazione di un'altra persona, uscire, fidanzarsi, fare volontariato, avere figli, viaggiare: le libertà che per le persone senza disabilità sono scontate, regalate, in dotazione con la vita, per loro non erano garantite.
Ora starete pensando “ma abbi pazienza, le persone con disabilità mica non facevano tutte queste cose perché qualcuno glielo vietava: non le facevano perché non riuscivano loro!”
Per capire il passaggio qui ci servono degli occhiali speciali, perché abbiamo a che fare con l’abilismo, che è talmente radicato nel nostro modo di pensare da diventare invisibile. Facciamo un esempio semplice che ci aiuta a metterci i giusti occhiali.
Sono diffuse le battute sulle donne che vanno sempre in bagno in due. I bagni sono costruiti per essere fruiti facendo la pipì in piedi, senza spazio dove poggiare la borsa a cui sei obbligata perché i tuoi vestiti non hanno mai le tasche, il cappotto che tocca terra se ti siedi, pulire la tazza con la carta igienica che non c’è, tenere la porta chiusa facendo stretching per arrivare con la mano alla maniglia e con la pipì alla tazza. Ecco: lo stesso bagno facilmente fruibile da una persona che fa la pipì in piedi, è impossibile da usare in autonomia da una persona che fa la pipì seduta. Sono le donne che non riescono a usare il bagno da sole? Accetteresti questa spiegazione?
Per le persone con disabilità è lo stesso: i contesti della vita quotidiana sono spesso impossibili da fruire senza aiuto perché sono pensati per persone con funzionamenti, corpi, menti, modi di comunicare differenti da quelli delle persone con disabilità. È lo stesso meccanismo, solo che accettiamo la spiegazione che sono loro a non riuscire, perché pensiamo ancora in modo abilista.
Così come dei bagni inclusivi per le donne non sono impossibili per ragioni tecniche, ma è il maschilismo che pervade la società a influenzarne la struttura, allo stesso modo, l’abilismo che pervade la società fa sì che i contesti continuino ad essere progettati, costruiti, realizzati senza tenere conto del diritto delle persone con disabilità a fruirne. È qui che la riforma dice basta: le persone con disabilità, indipendentemente da come funzionano i loro corpi e le loro menti, hanno diritto ad abitare il mondo come tutte le altre persone, a scegliere le loro strade, a cambiare vita, a sbagliare, ad abitare con chi vogliono e dove vogliono.
Ma come facciamo a farlo succedere?
La riforma individua tanti strumenti, ma ci chiama a costruirne uno in particolare, si chiama: Progetto di vita individuale personalizzato e partecipato. È questo che abbiamo scritto nella nuova legge.
Immaginatelo come una mappa: la mappa delle modifiche di contesto, dei sostegni, delle azioni necessarie per rendere proprio vero per ogni persona con disabilità quello che afferma la Convenzione ONU: “le persone con disabilità hanno gli stessi diritti umani e libertà fondamentali di tutte le altre persone, e devono poter esercitare tali diritti su base di uguaglianza con gli altri, senza discriminazioni e con piena partecipazione nella società”.
Costruire un progetto di questo tipo non è difficile tecnicamente, è solo un fatto di occhiali: se abbiamo gli occhiali abilisti non ci riusciremo mai.
Teniamo il nostro esempio semplice: cosa servirebbe perché quel fare la pipì sia a misura di donna? Sicuramente alcune modifiche strutturali: un gancio per la borsa. Alcune modifiche indirette, cioè più generali, tipo delle tasche nei vestiti. Poi servirebbe il potenziamento di alcuni processi: la manutenzione delle serrature, la ricarica della carta igienica. E poi modifiche culturali perché una delle ragioni per cui le donne non sono autonome ad andare al bagno è il rischio di molestie.
Ecco la nostra mappa, già tracciata. Ed ecco il meccanismo di costruzione del progetto di vita in parole semplici: basta domandarsi “cosa servirebbe perché quella persona con disabilità, con le sue caratteristiche, possa vivere su base di uguaglianza con gli altri?”. Servono alcune modifiche strutturali, alcune modifiche indirette, alcune modifiche culturali, alcune modifiche dei processi.
È evidente che, per disegnare bene questa mappa, il contributo delle persone con disabilità è fondamentale: è solo l’esperienza di vent’anni di bagni pubblici fruiti con il mio corpo e il mio essere socializzata come donna che mi ha fatto venire in mente le soluzioni. E qui di nuovo potete vedere, con i vostri nuovi occhiali, l’abilismo: se ormai è un chiaro scivolone maschilista quella commissione tecnica che parla dei problemi delle donne con un panel di tutti uomini, in realtà ancora non ci fa questo effetto un convegno, un evento, un discorso sulle questioni della disabilità tutto condotto da persone senza disabilità.
Il progetto invece - e la riforma lo scrive proprio nel nome per non farcelo dimenticare - deve essere partecipato, cioè costruito a partire dall’esperienza concreta di esclusione di quella specifica persona con disabilità. Ci aspettano grandi cambiamenti!
E adesso dove siamo? Siamo in mezzo, in un momento storico che racconteremo nel futuro: la riforma è stata approvata nel 2021, il sistema di leggi è stato pronto alla fine del 2024, la piena entrata in vigore (cioè il momento in cui tutti sono obbligati a disegnare su quella traccia) è prevista per il 1 gennaio 2027, tra 600 giorni.