“Caddero insieme in battaglia”: la guerra in un ricamo per affermare il valore della pace
Con i suoi 70 metri di lunghezza e 50 centimetri di altezza l’“Arazzo di Bayeux” è un’opera eccezionale. Eppure non è un arazzo e non è di Bayeux: non è un sontuoso arazzo, ma un ricamo in filo di lana, una tecnica molto più semplice e sobria; e non è di Bayeux (dove adesso è conservato in una splendida sede museale), perché fu prodotto invece nel monastero di St. Augustine di Canterbury. Entrambe le cose - la sua natura relativamente modesta e la sua produzione in terra inglese - ci aiutano a capire il senso di quest’opera, che pur essendo stata oggetto di centinaia di studi in molti paesi europei, da parte di storici, storici dell'arte e studiosi di narrativa, a oggi solleva ancora diverse domande. Ma facciamo un passo indietro.
Nel 1066 il regno d’Inghilterra subì una profonda trasformazione: a gennaio morì il re Edoardo, senza lasciare eredi diretti; rivendicarono la corona il duca del Wessex Harold, il re di Norvegia Harald e il duca di Normandia Guglielmo. Il primo fu rapidamente incoronato re, ma nell’autunno subì gli attacchi quasi contemporanei degli altri due: sconfisse Harald a Stamford Bridge il 25 settembre, per essere però poi sconfitto e ucciso da Guglielmo ad Hastings il 14 ottobre, in una battaglia che fu sia un grande massacro, sia una svolta fondamentale nella storia inglese, con l’inizio del cosiddetto regno anglonormanno (e il 14 ottobre 1066 è una delle grandi date della memoria condivisa in Inghilterra).
Il ricamo, che racconta per immagini le vicende di quegli anni, fino alla battaglia decisiva, non esalta Guglielmo né condanna Harold (il re sconfitto), ma in fondo non fa neppure l’inverso, non rimpiange il regno di Harold condannando l’invasore. Vuole invece mostrare la gloria di Guglielmo e al contempo rendere onore ad Harold, e soprattutto rappresentare in tutta la sua drammaticità il massacro compiuto ad Hastings, un vero trauma da cui la società anglonormanna deve riprendersi. E qui si coglie il senso della scelta di produrre un’opera nel complesso modesta, un ricamo di lana, senza fili dorati, perle o gemme, com’era probabilmente normale per ricami destinati a celebrare imprese e vittorie: il tono qui è sobrio, i temi dominanti sono il lutto, i tradimenti, le violenze (richiamati anche dalle immagini che qua e là evocano le favole di Fedro, racconti intessuti appunto di inganni).
Quali ideali politici e modelli di ordine vogliono proporre i monaci di Canterbury con quest’opera? Quale lettura e quale valutazione del sistema di potere a loro coevo? Su queste domande si incentra la mia analisi del ricamo e della storia che rappresenta.
I monaci di Canterbury evitano una contrapposizione tra Normanni e Inglesi, tra vincitori e vinti, e invece condannano la violenza di tutta l’aristocrazia: così, nel pieno della battaglia, quando cavalli e cavalieri normanni cadono nell’attaccare la collina dove gli Inglesi si difendono, la didascalia sovrapposta all’immagine è “Qui Inglesi e Francesi caddero insieme in battaglia”. Cadono insieme, perché il massacro (si è stimato che nella battaglia siano caduti 5-6000 soldati) è un dramma che ha colpito entrambi i popoli, ora uniti nel regno anglonormanno. È una violenza bestiale, i cavalieri sono equiparati ad animali guidati dall’istinto, i morti sono spogliati e mutilati. In tutto ciò, si distingue il re, prima Edoardo, poi Harold, infine Guglielmo (ma il ricamo è purtroppo mutilo dell’ultima parte, quella che probabilmente raffigurava l’incoronazione di Guglielmo dopo la vittoria): il re è il punto di riferimento stabile e legittimo, spesso rappresentato nel suo palazzo, dove incontra i nobili e ne dirige l’azione.
Così, nell’ideale dei monaci di Canterbury, la violenza aristocratica può e deve essere tenuta a freno da un potere regio forte e legittimo, come era stato con Edoardo, avrebbe potuto essere nel brevissimo regno di Harold e dovrà essere sotto Guglielmo. Per gli autori del ricamo occorre superare le contrapposizioni, rendere onore a tutti i protagonisti del conflitto, e ricostruire un mondo pacificato attorno al re.