Militante e digitale: la letteratura africana del XXI secolo
La letteratura postcoloniale anglofona, in particolare quella africana, oggi si adatta alle forme contemporanee di produzione narrativa. Per il mio dottorato di ricerca in Digital Humanities ho indagato il rapporto fra il testo a stampa e il relativo apparato digitale nelle narrazioni di Chimamanda Ngozi Adichie e Warsan Shire. Entrambe impegnate sui nodi cruciali e attuali di migrazione, razza e genere, attraverso un originale utilizzo del web sono diventate esponenti di una vera e propria “nuova avanguardia digitale” e “letteratura militante”.
Chimamanda Ngozi Adichie e Warsan Shire sono solo due nomi nel ventaglio di autrici e autori contemporanei africani o di discendenza africana - nel più ampio panorama delle letterature in inglese - rappresentativi di quella fucina di artisti che stanno affermando l’immagine pubblica dell’Africa sul piano internazionale. Le due giovani scrittrici si distinguono per il loro impegno in prima persona nelle perenni questioni di migrazione, razza e genere e attraverso un utilizzo originale del digitale divengono allo stesso tempo esponenti di una vera e propria “nuova avanguardia digitale” e “letteratura militante”.
Adichie, nata ad Enugu il 15 settembre 1977, residente tra gli Stati Uniti e la Nigeria, è un’affermata scrittrice la cui produzione rientra nel canone della letteratura postcoloniale anglofona. I suoi romanzi ritraggono la Nigeria contemporanea, risultato di secoli di sottomissione all’impero britannico e alle attuali politiche neocoloniali. Tra i suoi romanzi, uno particolarmente degno di nota è Americanah (2013). Attraverso le vicissitudini di due universitari nigeriani vengono messe in evidenza e a confronto le questioni della migrazione e razza negli Stati Uniti e Regno Unito. Lo stile narrativo è la peculiarità che contraddistingue Americanah: la narrazione tradizionale è contaminata dalla contemporanea, sbrigativa e talvolta sgrammaticata narrazione tipica delle forme di scrittura elettronica dell’email, del blog e della messaggistica telefonica.
Ma l’utilizzo del digitale e dei nuovi media è anche una qualità peculiare dell’autrice. Nel 2009 Adichie partecipa a un TEDTalk a Oxford dove propone la sua definizione de “il pericolo della storia unica” e sottolinea l’importanza della letteratura, che oltre a suggerire più chiavi di lettura, è anche lo strumento necessario per ampliare lo spettro delle percezioni e delle conoscenze individuali. Nel 2012 a Londra partecipa ad un altro TEDTalk e questa volta ammalia il pubblico in sala e del web affrontando la questione di genere all’interno della cultura nigeriana:
Gender matters everywhere in the world, but I want to focus on Nigeria and on Africa in general, because it is where I know, and because it is where my heart is.
(We should all be feminist, da 09:56 a10:10)
Possiamo sentire la voce di Adichie che legge alcune righe di quel discorso sul “femminismo” anche in una canzone di Beyoncé, cantante statunitense di origine creola e africana (“Flawless”, 2013). Anche Warsan Shire ha collaborato con Beyoncé scrivendo i testi per l’album “Lemonade” (2016). Shire è nata il 1° agosto 1988 in Kenya da genitori somali, ma cresciuta nel Regno Unito. Nei suoi lavori le tematiche principali sono quelle della letteratura postcoloniale anglofona: il viaggio, il razzismo, la discriminazione, l’alienazione. Come in Teaching My Mother How To Give Birth (2011), una raccolta di poesie e racconti brevi sulla migrazione, di cui uno, Conversations About Home (at the Deportation Centre), nel 2017 viene adattato per la versione digitale: nel video “Home”, Shire recita la poesia che ritrae il dolore fisico e il trauma psicologico dei migranti. Il lessico, le figure retoriche e le strategie stilistiche utilizzate dall’autrice descrivono anche i motivi delle migrazioni ovvero quegli spostamenti in massa dal sud verso il nord del mondo che i mass media fanno percepire come una minaccia al benessere e all’incolumità pubblica dei cosiddetti paesi civili e industrializzati. Il verso “No one leaves home unless home is the mouth of a shark” è divenuto lo slogan utilizzato e urlato dagli attivisti e difensori dei diritti umani in tema di migrazione.
In questa fase storica di nazionalismi, per autrici/attiviste come Adichie e Shire, i nuovi media diventano strumenti di contro-narrazione e di visibilità. Il loro uso dà voce agli esclusi, emarginati e vittime di pregiudizio razziale, oltre a restituire all’Africa il suo posto all’interno della narrazione della storia globale.