L’emozione della paura nell’obesità: il ruolo del microbiota intestinale
In diverse condizioni cliniche, come l'obesità, sono state riconosciute alterazioni del microbiota intestinale, e queste sembrano correlarsi ad alcuni aspetti di funzionamento psicologico. Il progetto di ricerca multidisciplinare di cui mi occupo si propone di studiare le caratteristiche del microbiota intestinale in relazione alla capacità di riconoscere l’emozione della paura e alle caratteristiche del temperamento in persone affette da obesità.
Qualche tempo fa, durante una conversazione in tardo pomeriggio, una giovane collega esperta di nutrizione umana pronunciò la parola microbiota. Il suo entusiasmo nel raccontarmi il suo interesse sul tema fu così travolgente che alimentò la mia curiosità. Decisi così di approfondire il tema e scoprii che il numero degli articoli scientifici a esso dedicato aveva avuto un incremento vertiginoso negli ultimi 10 anni, e il trend sembrava essere in continua crescita.
Perché tanta risonanza? I batteri, insieme a lieviti, parassiti e virus che popolano l’intestino umano costituendo la comunità microbica, sembrano svolgere un ruolo essenziale nel garantire la nostra salute.
Alterazioni del microbiota sono state osservate in varie condizioni cliniche, come per esempio l’obesità, e gli studiosi si interrogano attualmente sull’efficacia di restaurare l’architettura del microbiota mediante l’uso di prebiotici, presenti negli alimenti o venduti sotto forma di integratori. Ed era proprio su questo che la giovane collega sembrava esprimere il suo fermento scientifico.
Il mio invece esplose quando, continuando la lettura, mi imbattei in altri recentissimi lavori che ipotizzavano come alterazioni del microbiota si correlassero ad alterazioni del tono dell’umore (ad esempio sintomi depressivi) e all’apprendimento della paura. “Ma certo!”, mi dissi; durante il corso di psicologia fisiologica, ai giovani futuri psicologi si racconta la connessione bidirezionale tra l’intestino (e più precisamente il sistema nervoso enterico) e il sistema nervoso centrale. Basti pensare a quelle persone che in condizioni di stress (ad esempio nell’affrontare un esame di profitto) soffrono di problemi gastrici: lo stress stimola il rilascio dell'ormone cortisolo, che induce il corpo a produrre maggiori livelli di acido gastrico. Mente e tratto gastro-intestinale sono in stretta comunicazione.
In quei giorni, stavo concludendo la scrittura di un articolo scientifico (poi pubblicato a settembre 2020) dove raccontavo alla comunità scientifica di una possibile difficoltà da parte delle persone affette da obesità nel riconoscere espressioni facciali di paura. La paura è un’emozione determinante nella nostra esperienza umana, ma è anche l’espressione fenomenologica della costellazione di sintomi e segni tipici dell’ansia. Di contro, le persone affette da obesità appaiono particolarmente vulnerabili al vissuto ansioso. E così, in una continua esplorazione scientifica, mi chiesi se quanto avessi osservato da un punto di vista psicologico non potesse essere legato all’alterazione del microbiota. Non indugiai ulteriormente: avevo bisogno di un confronto! Mandai un messaggio alla giovane collega, e di fronte a un caffè, le raccontai della mia ipotesi e le chiesi della fattibilità di unire le nostre curiosità e competenze per un nuovo progetto di ricerca. Lei sorrise.
Oggi, grazie a un gruppo di ricerca multidisciplinare (costituito da medici, psicologi, esperti di nutrizione e biologi) e alla partecipazione volontaria di persone affette da obesità, sto conducendo un progetto di ricerca che ha lo scopo di studiare le caratteristiche del microbiota intestinale in relazione alla capacità di riconoscere l’emozione della paura e alle caratteristiche del temperamento in obesità. Sui risultati di questa ricerca, per il momento ho solo delle ipotesi... ma di un’altra cosa sono certa: le idee di ricerca più coinvolgenti nascono dall’incontro con persone appassionate!