La migrazione dei teen in un'esperienza di vita e di ricerca psicosociale
Sono più di 45mila i minori sbarcati in Italia negli ultimi tre anni. Si sono messi in viaggio da soli, poco più che bambini, partendo dall’Africa dell’Est, dal Maghreb e dal Corno d’Africa. Una migrazione di ragazzini mai conosciuta prima in Europa. Chi sono? Da dove fuggono? Cosa cercano in Europa?
Mai l’Europa, in tutta la sua lunga storia, ha conosciuto un’immigrazione di pionieri minorenni provenienti da paesi extraeuropei ed europei, aperta al mondo e ignara delle sue mete, nativa digitale e plurilingue, informata della propria storia politica e civile e insieme attenta ai cambiamenti. Nella dinamica delle migrazioni non si può non evidenziare la differenza tra questa generazione e le precedenti, inserite in reti parentali e amicali già insediate nel nostro continente.
Questa riflessione e questa ricerca nascono da un’esperienza di vita e impegno civile nella città di Milano, dove viviamo io e mia sorella Elena Granata, professoressa di urbanistica al Politecnico di Milano. Abbiamo aperto le porte di casa al primo, al secondo, al terzo, poi al trentesimo ragazzo, e la vita che è cambiata per noi, per le nostre famiglie, per i nostri amici, ha aperto i nostri occhi di studiose delle migrazioni.
Trovandoci i ragazzi tra le mura di casa, abbiamo cominciato a farci domande e a cercare quelle risposte che non abbiamo trovato nei libri di settore. Chi sono? Da cosa fuggono questi ragazzi? Cosa si sono lasciati alle spalle? Cosa cercano in Europa? Hanno scelto da soli di partire? Partono bambini, poi tutto cambia. Paura, prigionie, lavori forzati, torture, abbandoni, solitudini grandissime, sono elementi che spesso ritornano nei racconti dei ragazzi che hanno raggiunto l’Italia. Il viaggio li ha trasformati, li ha resi grandi molto in fretta, li ha separati forzatamente dai propri affetti, ma ha anche ampliato in maniera esponenziale le loro capacità di adattamento e orientamento, di apprendere nuove lingue e stili di vita, proprio in virtù della loro giovane età.
È a partire da questa esperienza di vita e ricerca che abbiamo elaborato una nuova espressione, Teen Immigration: bambini e ragazzi che fanno da apripista per le migrazioni in Europa. Tre sono le caratteristiche della loro esperienza: il precoce allontanamento da casa, incoraggiati o meno dalle proprie famiglie; l’arrivo da minori in Europa e l’inserimento in un sistema di accoglienza, istruzione, accompagnamento; la fitta rete (concreta e virtuale) di coetanei, sparsi per il mondo, attraverso i social network e sulla base di una cultura giovanile comune.
Dalla nostra esperienza di vita e ricerca è emerso come l’integrazione non sia un processo lineare e uguale per tutti ma può essere facilitato da un sistema di relazioni sano, in cui collaborano positivamente istituzioni locali ed educative, comunità per minori, famiglie e società civile impegnate nell’accoglienza, associazioni. Un sistema intelligente e collaborativo, in cui ciascuno offre la propria specifica competenza: insieme si ha la garanzia di allargare la capacità di incidenza. È il tema della super-additività che nasce dalla collaborazione: una rete di persone motivate e consapevoli che facilitano l’accesso alle informazioni, alle competenze, alle occasioni di lavoro, alle possibilità educative e formative.