Da obbligo a opportunità. Come evolvono le imprese che assumono lavoratori con disabilità

Come fanno le nuove scoperte scientifiche a entrare nella vita quotidiana? Forse qualche idea ce l’abbiamo per quello che riguarda la ricerca medica e tecnologica, che passa attraverso brevetti e/o trial clinici. Ma cosa dire della ricerca sociologica o in scienze dell’educazione?
Il Centro Studi per i Diritti e la Vita Indipendente mette a punto un metodo articolato di sostegno al lavoro, in cui l’accompagnamento delle persone con disabilità, considerate lavoratrici al pari di altre, diventa un percorso di crescita per l’azienda intera.

Questa storia comincia con 312 righe di un file excel. A guardarlo vanno un po’ insieme gli occhi, ma è un file importante: contiene i dati di una ricerca che ha coinvolto ricercatori di 12 paesi d’Europa. Si chiama studio randomizzato e i risultati che emergono sono tra quelli più vicini alla certezza che la ricerca può offrire. I risultati di questo studio, infatti, vengono pubblicati su The Lancet, con questo complicato titolo: The effectiveness of supported employment for people with severe mental illness: a randomised controlled trial. È il 2007 e il file excel contiene i dati di uno tra i tanti studi che, in quegli anni, stanno definendo la strada per consentire l’accesso al lavoro alle persone con disabilità. La ricerca dimostra, in modo sempre più solido, che i metodi fino a oggi utilizzati sono meno efficaci degli approcci nuovi, sperimentati da qualche anno e ormai sempre più consolidati.

Negli stessi anni viene approvata dall’ONU la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, che all’articolo 27 dice che le persone con disabilità hanno diritto a un lavoro liberamente scelto ed equamente retribuito.
Ma come si fa a passare da un file excel di 312 righe alla firma di un contratto a tempo indeterminato? Come fanno le nuove scoperte della ricerca a entrare nella vita quotidiana delle persone?

Una protagonista della web serie Asti Express

È proprio qui che la ricerca incontra le aziende, nei progetti di sostegno del diritto al lavoro. Negli anni successivi, ben saldi sulle spalle dei giganti che sono le evidenze scientifiche in questo campo, il nostro Centro inizia a mettere a punto un metodo di accompagnamento al lavoro sempre più articolato. Nasce così il metodo WIDE - work intellectual disability employement, un approccio volto a sostenere il diritto al lavoro delle persone con disabilità che supera le metodologie precedentemente utilizzare e fonda ogni suo passaggio sulle più recenti scoperte (ne abbiamo parlato qui). Dal primo contatto con l’azienda alla firma del contratto, lavoratori con disabilità, senza alcuna selezione previa, vengono sostenuti al lavoro.

La responsabile delle risorse umane dell’azienda Dimar lo dice con chiarezza: questo incontro ha cambiato le cose. Prima, l’inserimento del lavoratore con disabilità veniva vissuto come un obbligo. Poi, l’incontro con questa modalità di accompagnamento ha innescato una vera e propria evoluzione culturale di tutta l’azienda.
Non più un povero sfortunato da accogliere per benevolenza ma un lavoratore, un collega alla pari sebbene con caratteristiche diverse, che poteva, e aveva il diritto di diventare un lavoratore. “Una cosa del tutto nuova” dice la responsabile, intervistata nel corso della puntata 6 della serie ALL RIGHTS, realizzata insieme al regista Alessandro Salvatore e di cui abbiamo raccontato qui, “non abbiamo formato la persona ma abbiamo formato la squadra. Questo è stato un punto di svolta perché il risultato è cambiato moltissimo”. Un percorso in cui le difficoltà, innegabili, sono state risolte puntualmente sul nascere grazie alla presenza costante di un educatore formato dal centro Divi, in modo da non porre stress sul buon funzionamento dell’azienda.

Da questo incontro nascono nuove visioni: non più aziende “accoglienti” o “solidali” ma realtà in grado di cogliere le opportunità che la ricerca è in grado di portare. Non più persone con disabilità “messe alla prova” per vedere se riescono ad adattarsi agli ambienti di lavoro, ma ambienti di lavoro modificati, sostenuti e accompagnati dagli educatori formati dal centro DIVI a diventare luoghi possibili per lavoratori con disabilità. Opportunità per le aziende non di essere buone ma di riflettere su se stesse, per modificare procedure, semplificarle, per cogliere lo spunto degli adattamenti necessari al lavoratore con un funzionamento differente per migliorare le cose per tutti.

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