Dove ci si ribella, non si scompare. Intervista a Gianluca Cannizzo, direttore artistico di Laboratorio Zanzara
Il Laboratorio Zanzara è una cooperativa sociale onlus e un progetto d’integrazione per persone con disagio mentale, ma è anche un’agenzia di comunicazione e una bottega d’arte dove si realizzano e si vendono oggetti di design. Si trova a Torino, in via Bonelli 3, nel cuore del Quadrilatero romano.
Il gruppo di lavoro del Laboratorio Zanzara si compone di educatori, professionisti della comunicazione visiva, del design e dell’arte e poi ci sono loro, gli autori e le autrici dei poster e degli oggetti divenuti ormai riconoscibili ovunque: venti persone dai sedici anni in su che, con le loro diversità, fragilità e ricchezze, tra un lavoro in cartapesta e una sessione di serigrafia si conquistano il loro posto nel mondo.
Ne parliamo con Gianluca Cannizzo, vice-presidente e direttore artistico di Laboratorio Zanzara.
Gianluca, ci racconti com’è nato il Laboratorio Zanzara e com’è diventato quello che è oggi?
Laboratorio Zanzara nasce dall’esigenza della Cooperativa In/Contro di creare delle attività per gli ospiti delle realtà residenziali della cooperativa stessa: c’è fin da subito l’intento di dare una direzione professionalizzante. Poi dal 1998 iniziano degli inserimenti di persone con disabilità mentale ed è in quello stesso anno che viene attivato uno spazio di cui mi sono occupato direttamente portando la mia esperienza di grafico e designer. L’evoluzione in seguito è stata abbastanza naturale, ma una tappa importante possiamo dire sia stato l’affidamento nel 2012 della comunicazione del Torino Jazz Festival.
Coniugando arte e ironia i vostri progetti danno voce a persone che di solito non ce li hanno. Sono più di 25 anni che, soprattutto attraverso gli inconfondibili manifesti, sostenete “atti di propaganda e libertà”. Qual è il cambiamento più significativo che avete riscontrato rispetto alla percezione del vostro lavoro nell’ambito del disagio psichico?
Da parte nostra non è facile capire bene come possa essere cambiata la percezione del disagio mentale, anche perché noi ci siamo sempre posti all’esterno prima di tutto come luogo di lavoro e poi come “realtà sociale”. Come dico spesso, i nostri oggetti sono un po’ dei “cavalli di Troia”: i prodotti che realizziamo attirano le persone perché sono belli, solo in un secondo momento si scoprono le storie che ci sono “all’interno”, anche di sofferenza. Storie verso cui oggi forse si è più sensibili, perché la pandemia ha reso più consapevole la società che i problemi legati alla psiche non sono solo fuori e degli altri.
Quel che distingue il Laboratorio Zanzara - leggiamo sul vostro sito - è la volontà di relazionarvi con realtà anche “lontane” per mettere in atto un cortocircuito culturale. Avete mai collaborato con le Università o vorreste farlo proprio nell’ottica di scardinare l’approccio classico verso la malattia mentale?
A partire dall’attivazione dei tirocini curricolari, specialmente con realtà come l’Accademia Albertina e il Politecnico di Torino, pensiamo di operare quotidianamente (per quanto lentamente) per un cambiamento della visione rispetto a questo mondo. Vogliamo essere un luogo di ispirazione creativa, capace di stimolare attraverso la sensibilità e i processi espressivi che ne fanno parte. Per noi ogni occasione di travaso culturale può essere preziosa e siamo sempre disponibili, energie permettendo, a confrontarci e lavorare con chi ce ne dà la possibilità.
“Invisibile ogni tanto risaltavo”, “Se uno non si ribella si scompare”, “In ogni dettaglio sono quello che sento”: come nascono queste frasi iconiche e che storia c’è dietro?
Tutte le frasi che ci hai elencato sono di Antonino Di Giorgio che ha frequentato il Laboratorio dagli albori. Oltre all’attività di disegno, Antonino nel tempo si è distinto per la scrittura che veniva puntualmente stimolata attraverso dei soggetti dati e che lui affrontava e svolgeva spesso sotto forma di aforismi. Il nostro lavoro consisteva, oltre che a fornire i temi, nella parte redazionale e nella capacità di decontestualizzare, ricontestualizzare e potenziare sotto forma di manifesti e grafica i suoi pensieri.
Un’ultima curiosità: come mai "zanzara"?
Eravamo alla ricerca di un nome e un giorno tra i disegni di uno degli ospiti trovammo una zanzara che ci piacque molto. Eravamo in tre e tutti d’accordo che sarebbe stato quello il nome, Laboratorio Zanzara.