Esotici, microscopici e micidiali. Come prevenire i patogeni delle piante?
Molte malattie degli alberi sono causate da patogeni esotici, introdotti tramite il commercio di piantine da vivaio o legname. Alcune di queste hanno avuto un impatto ecologico, economico e sociale elevatissimo. Come fare dunque? Le parole chiave sono normativa fitosanitaria, diagnostica e controlli… e quelli commerciali non bastano!
Focolai di infezione, quarantena, ospiti asintomatici, contagiosità, test sierologici o molecolari: sono tutti termini divenuti familiari in questi mesi di emergenza sanitaria. Eppure qui non parliamo di Covid-19, ma di alcune delle più gravi malattie delle piante che, forse a sorpresa per i non addetti ai lavori, presentano impressionanti similitudini con le epidemie in campo umano, assumendo in alcuni casi il rango di malattie pandemiche.
La maggior parte delle malattie delle piante etichettabili come gravi è infatti causata da microrganismi o entità infettive (virus, batteri, funghi o simili) provenienti da altri continenti, in grado di diffondersi molto rapidamente determinando impatti ecologici, economici e sociali talvolta molto ingenti.
Per limitarci agli alberi forestali e ornamentali, basti pensare alle pandemie causate nel secolo scorso in Europa e Nord America dai funghi responsabili della grafiosi dell’olmo e del cancro del castagno (fig. 1). Negli Stati Uniti, la gravità di quest’ultima fu talmente elevata che in pochissimi decenni morirono da 3 a 4 miliardi di alberi. All’inizio del ’900 il castagno americano era un albero maestoso, con altezze superiori a 30 m e diametri del tronco imponenti, dell’ordine di diversi metri. Attualmente, a causa della malattia, è un alberello sporadico per di più somigliante a un cespuglio. In Europa, la malattia fortunatamente non fu altrettanto grave. Tuttavia, lo spopolamento, a partire dalla metà del secolo scorso, di alcune aree alpine e appenniniche dove vigeva un’economia legata al castagno venne messo in relazione anche all’epidemia di cancro.
Le statistiche indicano un incremento pressoché esponenziale del numero di patogeni introdotti a partire dagli anni ’50 del secolo scorso. La maggior parte delle introduzioni in Europa avviene tramite il commercio di piantine da vivaio o legname infetti e l’eradicazione del patogeno è percorribile solamente nelle primissime fasi di insediamento, come dimostra la nota vicenda di Xylella fastidiosa in Puglia. Tale pratica è spesso sostituita da misure di contenimento finalizzate ad arginare o rallentare la diffusione del patogeno. Tuttavia, sia le misure di eradicazione sia quelle di contenimento sono spesso costose e di efficacia incerta. Per tale ragione si punta molto su misure alternative, per lo più finalizzate alla prevenzione dell’introduzione di organismi nocivi per le piante.
Specifiche normative fitosanitarie emanate dagli organi competenti dell’Unione Europea e accurate ispezioni - eseguite anche utilizzando sofisticati metodi diagnostici nei luoghi di esportazione e prima dello sdoganamento delle merci in Europa - consentono di ridurre il rischio di introdurre organismi nocivi alle piante. Un caso particolare di introduzione studiato congiuntamente dall’Università di Torino e dall’Università della California ha riguardato Heterobasidion irregulare, un fungo di origine americana letale per i pini, perché ne provoca il marciume radicale (fig. 2 e 3). La sua storia è interessante: introdotto nei pressi di Roma dalle truppe alleate durante la seconda guerra mondiale, attraverso legname proveniente dagli Stati Uniti, ha iniziato a destare attenzione solo negli anni ’80.
Come mai ci è voluto tanto? I motivi sono diversi e i dettagli di questa storia sono avvincenti, tanto da meritare un racconto di ricerca dedicato. Per ora vi basti sapere che H. irregulare è un sorvegliato speciale da parte della comunità internazionale. Questa storia suggerisce che esistono vie di introduzione non monitorate o soggiacenti a standard meno stringenti rispetto a quelle tipicamente commerciali. Tra questi vi sono le attività militari che travalicano i confini nazionali e l’ormai sempre crescente e-commerce. Occorre allora una visione globale del fenomeno, che possa ampliare il campo d'azione dei controlli.