Alla ricerca di "molecole fossili" per ricostruire la vita dei nostri antenati
Come si comportavano le donne e gli uomini nel passato? Pensavano e agivano come noi? L’archeologia molecolare cerca di dare risposta a queste domande decodificando in laboratorio le sequenze di DNA e proteine antiche di artefatti ed ecofatti provenienti da siti archeologici.
È molto difficile ricostruire le interazioni tra le popolazioni del passato e il loro ambiente, soprattutto per quanto riguarda la preistoria: con pochissime fonti iconografiche a disposizione (soprattutto pitture rupestri) e nessun testo scritto, dobbiamo rivolgerci ai resti umani, animali e ambientali, relitti di un passato remotissimo. Il mio lavoro, meraviglioso, è quello di viaggiare nel tempo e ottenere informazioni su come le popolazioni passate si interfacciassero con l’ambiente in cui vivevano: quali risorse sfruttassero per nutrirsi, ma anche quali materie prime utilizzassero. Per esempio, la manifattura di ornamenti inizia almeno 100.000 anni fa, ed è segno che i nostri antenati avessero già sviluppato un forte senso di identità, personale e di gruppo.
In particolare, insieme al mio gruppo di ricerca, finanziati dal programma Rita Levi Montalcini, ci occupiamo di studiare materie dure di origine animale, come l’osso, le conchiglie e i gusci d’uovo, che fanno parte della categoria dei “biominerali”, tessuti di organismi in grado di costruire uno scheletro mineralizzato. Questo scheletro conferisce proprietà meccaniche ed estetiche eccezionali e protegge le biomolecole presenti nell’organismo: acidi nucleici (DNA, RNA), proteine, grassi e zuccheri. I biominerali sono resistenti al degrado naturale e pertanto hanno buone possibilità di essere ritrovati nei siti archeologici e paleontologici.
Negli ultimi trent’anni abbiamo imparato a estrarre e caratterizzare le biomolecole antiche per ottenere informazioni riguardanti l’evoluzione di specie umane e animali, la dieta, lo stato di salute e di malattia, i cambiamenti paleoambientali, il loro impatto sulla vita umana e l’impatto delle attività antropiche sull’ambiente. Per esempio, abbiamo scoperto che proteine (e DNA) possono sopravvivere per migliaia o anche milioni di anni, se intrappolate nei cristalli di calcite delle uova di uccello, e le stiamo quindi utilizzando per chiarire la storia evolutiva di specie aviarie ormai estinte, per esempio l’uccello elefante del Madagascar.
Un altro studio recente ci ha portato a scoprire che 6000 anni fa, “gioiellieri” di tutta Europa usavano la madreperla ricavata da conchiglie fluviali (e non marine come si pensava) per fabbricare degli ornamenti molto particolari, chiamati “bottoni doppi”, che venivano forse usati come decorazione di cinture o fasce da braccio, oppure come ornamenti del corpo simili ai nostri piercing.
La nostra speranza è di riuscire a leggere questo codice molecolare in reperti sempre più antichi e in organismi diversi dal punto di vista filogenetico, e contribuire così alla ricostruzione della storia della vita sul nostro pianeta.