Storie di ricerca

Relatività generale alla prova #1: la materia oscura e il moto delle stelle

Le strutture dell’universo si formano e si evolvono sotto l’azione della gravità, ma per descriverne la dinamica su grande scala servono due misteriosi ingredienti: materia oscura ed energia oscura. E se il problema fosse la teoria della gravità stessa? Questa ricerca indaga il moto delle stelle iperveloci nella Via Lattea per testare la validità della relatività generale su scale galattiche.

Dipartimento / Struttura
Fisica
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Negli ultimi cento anni, lo studio dell’universo e delle sue strutture – dalle galassie agli ammassi di galassie, fino alla monumentale “ragnatela cosmica”,  che si sviluppa su scale spaziali decine di migliaia di volte più estese della Via Lattea – ha fatto passi da gigante. Questo progresso ha portato alla definizione del modello cosmologico standard, il quale si basa sulla teoria della relatività generale di Einstein, la descrizione più completa che abbiamo della forza di gravità, la forza che ha “assemblato” le strutture cosmiche. 


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Il modello è in grado di descrivere con grande precisione e accuratezza la maggior parte dei dati osservativi, a patto però di presupporre l’esistenza di due ingredienti del tutto estranei alla fisica nota: la materia oscura e l’energia oscura, che insieme costituiscono circa il 95% del cosmo. La presenza di materia oscura si è resa necessaria per descrivere correttamente la dinamica delle stelle nelle galassie e delle galassie negli ammassi di galassie, nonché per riprodurre la ragnatela cosmica. L’energia oscura è invece stata introdotta per spiegare l’accelerazione osservata nell’espansione dell’universo.

 

Tuttavia, sorge una domanda fondamentale: siamo davvero sicuri che la relatività generale sia la corretta teoria di gravità su scale cosmiche, oppure l’ipotesi dell’esistenza di queste componenti “oscure” è indotta dal fatto che stiamo analizzando i dati con una teoria che non è corretta su quelle scale?

Il dubbio è legittimo, in quanto le componenti oscure non sono mai state osservate direttamente e devono essere introdotte soltanto su scale estremamente grandi, dove la gravità è debolissima. Per descrivere la gravità in molte situazioni quotidiane, come la caduta di una mela da un albero o l’orbita della Terra intorno al Sole, utilizziamo la teoria di Newton, formulata nel XVII secolo. Questa teoria funziona bene in situazioni di gravità debole, ossia quando ci si trova a distanze sufficientemente grandi dalla massa responsabile dell’attrazione e le velocità dei corpi attratti sono molto minori della velocità della luce. Tuttavia, la teoria di Newton non può spiegare alcuni fenomeni, come ad esempio l’esatto ritmo con cui il perielio dell’orbita del pianeta Mercurio ruota intorno al Sole. 

Quando nel 1915 Einstein sviluppò la relatività generale, rivoluzionò la nostra comprensione della gravità. Questa teoria supera i limiti di quella Newtoniana, descrivendo accuratamente non solo la gravità debole, ma anche quella forte, sentita dai corpi che si trovano in prossimità di masse sufficientemente grandi o che possiedono velocità prossime alla velocità della luce, sia dalla luce stessa. Un effetto cruciale descritto dalla relatività generale, infatti, è quello per cui la luce non viaggia in linea retta quando attraversa un campo gravitazionale, ma segue un percorso curvato dalla presenza del corpo massiccio. La descrizione di questo effetto rende oggi possibile il funzionamento del GPS sulla Terra!

Cosa succede però quando la gravità diventa debolissima, come pare verificarsi sulle scale delle galassie e degli ammassi di galassie? Qui la situazione si complica. Le accelerazioni sono centinaia di miliardi di volte più piccole rispetto a quelle che sperimentiamo sulla superficie terrestre ed ecco che compaiono delle anomalie: la teoria di gravità di Einstein non sembra più in grado di descrivere le osservazioni da sola. Abbiamo bisogno di assumere che esistano più massa ed energia di quelle che osserviamo per far tornare i conti.

E se queste componenti oscure non esistessero e fosse la teoria di gravità a dover essere perfezionata per poter descrivere sistemi in regime di debolissima gravità? Proprio in questa prospettiva si inserisce la nostra ricerca.

Per verificare se la relatività generale sia valida su scale cosmiche, studiamo la dinamica delle stelle nelle galassie. Ci concentriamo sia sulla Via Lattea sia su galassie ellittiche, a disco e nane, esplorando alternative alla materia oscura per spiegare i moti delle loro stelle.

Uno strumento di indagine particolarmente utile è rappresentato dalle stelle iperveloci (Hyper-Velocity Stars, HVS). Questi astri vengono espulsi dal centro della Via Lattea con velocità di migliaia di chilometri al secondo e attraversano la galassia seguendo traiettorie determinate dalla distribuzione della materia. 

Se la corretta legge di gravità su scala galattica è la relatività generale, la Via Lattea deve necessariamente essere avvolta da un alone di materia oscura, che  curva le traiettorie delle HVS in un modo specifico. Se invece l’ipotesi della materia oscura fosse errata e fosse la gravità a comportarsi diversamente, le HVS si muoverebbero con traiettorie differenti. Confrontando i modelli teorici con le osservazioni, possiamo mettere alla prova diverse ipotesi sulla natura della gravità e capire quale teoria descriva meglio la nostra galassia.

Tuttavia, per ottenere risultati affidabili, è necessario misurare le posizioni e le velocità stellari con una precisione molto superiore a quella attualmente raggiungibile dagli strumenti disponibili. I nostri studi contribuiscono quindi anche alla progettazione delle future missioni spaziali che puntano a misurare i moti delle stelle con una precisione fino a decine di volte superiore rispetto a quella dell’attuale missione Gaia.