Dite “Cheese”: fotografare le particelle subatomiche in condizioni estreme
I rivelatori di particelle degli acceleratori del futuro avranno un compito decisamente complesso. Dovranno misurare con grandissima precisione sia la posizione che il tempo (ossia le 4 dimensioni) delle particelle che li attraverseranno, operando in condizioni di radiazione talmente alte da risultare insostenibili per le tecnologie attuali. A questa sfida si dedicherà il progetto CompleX, vincitore di un finanziamento ERC.

Di cosa è fatta la materia? È una domanda che ossessiona fisiche e fisici di tutto il mondo da almeno quattro secoli. Per scoprirlo abbiamo costruito gli acceleratori di particelle, grandi tunnel sotterranei in cui fasci di protoni che viaggiano a velocità prossime a quelle della luce vengono fatti collidere l’uno contro l’altro. L’acceleratore più grande al mondo si trova al CERN di Ginevra, si chiama Large Hadron Collider (LHC) e ha un diametro di ben 27 km!
La prossima generazione di acceleratori di particelle raccoglierà l’eredità di LHC, spingendo ancora oltre i confini della fisica delle alte energie. In questi acceleratori del futuro, le traiettorie dei due fasci di protoni si incroceranno 40 milioni di volte al secondo, dando origine ogni volta a più di 1000 collisioni tra protoni che viaggiano in direzioni opposte. Per la ben nota relazione E = mc2, più sarà alta l’energia dei due protoni che si scontrano, maggiore sarà il numero e la massa delle particelle che si genereranno nello scontro, come un’esplosione di particelle intorno al microscopico punto della collisione.

Studiare questi fenomeni è fondamentale per scoprire nuove particelle elementari, ossia particelle prive di struttura interna che costituiscono i fondamenti della materia, come i quark, i leptoni e i bosoni.
Per riuscirci è necessario rivelare - o in altre parole, “fotografare” - tutte le particelle che si generano nella collisione tra due protoni. La “fotografia” deve essere ad altissima risoluzione, sia nello spazio (con una risoluzione di qualche micrometro) che nel tempo (con una risoluzione di decine di picosecondi, cioè di trilionesimo di secondo!).
È utile sottolineare che noi fisici e fisiche che studiamo le particelle elementari, concepiamo, inventiamo e realizziamo interamente le nostre grandissime “macchine fotografiche”, che possono avere un’estensione di decine di metri quadrati. Esempi emblematici sono i grandi rivelatori del CERN, come ATLAS e CMS, due enormi esperimenti del Large Hadron Collider, progettati per tracciare con estrema precisione le particelle generate nelle collisioni ad altissime energie.
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Ogni volta che i rivelatori vengono attraversati dalle particelle che devono fotografare, ne vengono anche un po’ danneggiati. Il progetto CompleX, che ha ottenuto un finanziamento ERC, vuole rispondere a questa domanda: è possibile far funzionare un rivelatore mantenendo la stessa efficienza e la stessa risoluzione iniziale, anche quando è stato attraversato da 1018 particelle in ogni centimetro quadrato della sua area? (1018 è un numero grandissimo e se lo volessimo pronunciare a parole dovremmo dire un miliardo di miliardi!)
Con Complex voglio migliorare di oltre 100 volte la resistenza dei rivelatori alla radiazione. Ma come? Il progetto prevede lo sviluppo di sensori al silicio innovativi, molto sottili e con una amplificazione del segnale al loro interno che si mantenga inalterata per tutta la vita del rivelatore.
Per realizzarli è necessaria una stretta collaborazione tra ricercatori e ricercatrici dell’Università di Torino, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, in particolare le Sezioni di Perugia e Torino, e la Fondazione Bruno Kessler a Trento. ll team combina esperienze avanzate nello sviluppo, nella simulazione e nel disegno di sensori al silicio con competenze di misura e caratterizzazione in laboratori altamente specializzati. Questa sinergia tra diverse professionalità rappresenta la giusta ricetta per condurre il progetto al successo.

I sensori che svilupperemo potranno essere usati in tutti gli ambienti ad altissima radiazione, come i rivelatori di particelle degli acceleratori del futuro o i sistemi di monitoraggio per il controllo delle reazioni nei reattori a fusione nucleare. Con CompleX vogliamo comprendere meglio come si comportano i sensori esposti a livelli estremi di radiazioni e sviluppare tecniche innovative per mitigare l’effetto delle radiazioni sulle nostre grandi “macchine fotografiche” di particelle.