Finanza islamica: un esempio di economia resiliente al Covid-19
Il 2020 è stato un anno senza precedenti sotto il profilo sanitario e di riflesso negli ambiti economico-finanziari. Così come i Paesi europei, anche gli Stati nei quali è diffusa la finanza islamica si sono ritrovati a gestire emergenze nuove: tra diminuzione delle tasse, sostegno al crowdfunding e donazioni alle fasce di popolazione più colpite, hanno creato nuovi strumenti di supporto per i cittadini, le aziende e le banche, riuscendo a garantire la stabilità di tutto il sistema finanziario.
Da studiosi abbiamo imparato a osservare i fenomeni e a valorizzarli nel momento in cui uno scenario esterno cambia. È il caso del COVID-19, che ha avuto conseguenze in tutto il mondo e in tutti gli ambiti, anche all’interno della finanza e dell’economia islamica che da tempo studiamo al Dipartimento di Management e di cui abbiamo raccontato qui. Con un po’ di curiosità ci siamo quindi chiesti: come stanno rispondendo i Paesi islamici all'impatto di COVID-19? E come sono cambiati i bilanci delle banche islamiche a seguito della pandemia?
In un recente contributo per Emerald Publishing abbiamo analizzato le informazioni derivanti da primarie testate giornalistiche internazionali, scoprendo numerose misure espansive. Ad esempio, così come nel mondo occidentale sono stati emessi nuovi titoli di stato per far fronte alla crescente spesa sanitaria, gli Stati islamici hanno fatto ricorso ai Sukuk - simili ai nostri titoli di debito - per sostenere le aziende e la popolazione durante l’emergenza sanitaria. In alcuni Paesi, come la Malaysia e la Nigeria, il crowdfunding è stato incentivato dai governi stessi per sostenere la popolazione nelle piccole spese durante i periodi di blocco totale delle attività. In altri, come il Qatar, abbiamo osservato una diminuzione temporanea della tassazione. Infine, scopriamo come la Zakat - l’elemosina che ciascun musulmano deve effettuare per definirsi credente secondo il Corano - sia stata utilizzata come strumento di solidarietà nei confronti delle persone che nel periodo della pandemia hanno visto diminuire o perdere del tutto il proprio reddito, a causa delle chiusure generalizzate e dei lockdown imposti.
Accanto, abbiamo studiato i bilanci delle tre più importanti banche islamiche per importi di attività (Dubai Islamic Bank, Kuwait Finance House, Qatar Islamic Bank) negli anni 2019 e 2020. Ciò che scopriamo è un ruolo attivo delle banche islamiche nell’acquisto dei Sukuk emessi dai rispettivi Paesi e una tenuta generale dei loro risultati economici. Infatti, tutte e tre le banche analizzate non hanno subìto perdite significative in termini di utili e asset (valori tangibili o intangibili) patrimoniali. Inoltre, l’analisi dimostra che sono state attuate politiche di diminuzione volontaria di profitto al fine di creare riserve di liquidità per sostenere eventuali ricadute della pandemia. Infine, non abbiamo osservato alcuna riduzione del valore dei conti correnti nei bilanci bancari.
La crisi pandemica ha richiesto, dunque, sia l’introduzione di nuovi strumenti di finanziamento sia di nuove formule di donazione. Tuttavia, almeno per il breve periodo, la finanza islamica si è dimostrata resiliente anche a questa crisi.
Gruppo di ricerca:
Paolo Pietro Biancone, Silvana Secinaro, Valerio Brescia, Davide Calandra, Daniel Iannaci, Federico Chmet, Federico Lanzalonga, Federica Bassano, Leonardo Zannini, Michele Oppioli