La morte digitale: elaborare il lutto nell’epoca dei social network
Le mie ricerche si incentrano sul nostro rapporto con la morte e con l’elaborazione del lutto ai tempi dei social media.
Il racconto si inserisce nella Proposta di Lettura Magnifiche presenze. Visioni dantesche nella ricerca di oggi. La scelta dell'estratto della Divina Commedia e il relativo commento sono a cura del professor Donato Pirovano e del Comitato studentesco Per correr miglior acque.
Io mi volsi dallato con paura
d’essere abbandonato, quand’io vidi
solo dinanzi a me la terra oscura;
e ’l mio conforto: "Perché pur diffidi?",
a dir mi cominciò tutto rivolto;
"non credi tu me teco e ch’io ti guidi?
(Purgatorio III, vv. 19-24)
Dante, non vedendo l’ombra di Virgilio proiettata sul terreno, crede che la sua guida lo abbia abbandonato, ma il poeta latino lo rimprovera per la sua mancanza di fiducia: anche se non ha più un corpo, è sempre accanto a lui. Così, elaborando un lutto, si arriva a prendere coscienza dell’assenza fisica di una persona, ma piccoli particolari, come una notifica su facebook, ci ricordano della sua incorporea presenza nella nostra vita.
LA MORTE DIGITALE: ELABORARE IL LUTTO NELL’EPOCA DEI SOCIAL NETWORK
La mattina del 14 novembre 2014, acceso lo smartphone, ricevo una notifica da Facebook che mi ricorda il compleanno del mio amico Alessandro. Tutto nella norma, non fosse che Alessandro è morto tre mesi prima. L’iniziale sgomento tuttavia si è presto tradotto in uno spunto fondamentale per la mia attività di ricerca: sono infatti un tanatologo, impegnato a integrare la mia formazione filosofica con la Death Education, che consiste nel riportare il discorso della morte all’interno dello spazio pubblico dopo decenni di rimozione socio-culturale.
Questo episodio biografico mi rende soprattutto consapevole delle modalità con cui le attuali tecnologie digitali stanno modificando il nostro legame con la morte, l’elaborazione del lutto, la memoria e l’immortalità. Non a caso, si è sviluppata recentemente la cosiddetta Digital Death, un campo di ricerca interdisciplinare che si occupa del rapporto tra la cultura digitale e il fine vita.
La Digital Death implica, innanzitutto, la consapevolezza di una serie di dati. Creato il 4 febbraio 2004, Facebook conta attualmente oltre due miliardi di utenti. Si calcola che l’utente medio condivide all’interno del suo profilo circa novanta contenuti al mese. Pertanto, se utilizza Facebook da oltre dieci anni, egli ha registrato più di diecimila tracce della propria esistenza, tra parole scritte, fotografie e video. Ora, il numero di utenti deceduti supera oggi i cinquanta milioni: un social network nato per creare relazioni tra le persone è diventato, in altre parole, una via di mezzo tra un gigantesco cimitero virtuale e un’enciclopedia dei morti 2.0 altrettanto enorme. Facebook è, in altre parole, un luogo online che permette una ricostruzione dettagliata della vita del morto, così come si è sviluppata nell’ultimo decennio. E questo discorso, ovviamente, vale anche per tutti gli altri luoghi online frequentati dagli utenti.
Innegabile è l’impatto di questi numeri sull’elaborazione del lutto. La registrazione online delle nostre tracce, sovrapponendo il passato al presente, comporta la graduale confusione tra i flussi di dati e gli archivi. Ciò significa che i social network, loro malgrado, mettono in discussione quella netta separazione tra presente e passato che, rimarcata dai riti funebri, permette di elaborare il lutto. La permanenza a tempo indeterminato delle identità digitali del morto, se da una parte rappresenta un’occasione inedita per conservare un sostanzioso scrigno tecnologico dei suoi ricordi, dall’altra reitera il dolore della perdita. Il presente continuo, figlio dei meccanismi temporali della Rete, acutizza la nostalgia e determina una confusione tra l’assenza fisica e l’onnipresenza virtuale, la quale si ripercuote sul benessere psicologico ed emotivo del dolente. Lo statuto del morto, d’altronde, è da sempre quello di essere l’incarnazione della presenza di un assente. Questo è uno dei molteplici aspetti che, da un lato, ci dovrebbe far riflettere a proposito di un preventivo testamento digitale e, dall’altro, sottolinea la necessità di ripensare la morte al tempo dei social network.