Garantire l'oggettività degli studi scientifici con la filosofia
Migliorare i metodi della scienza è un compito difficile, ma farlo da filosofo è una vera e propria sfida! Con il progetto ERC Starting Grant "Objectivity - Making Scientific Inferences More Objectives” abbiamo analizzato da un punto di vista filosofico i metodi di analisi statistica dei dati sperimentali e tradotto il nostro lavoro in proposte concrete, capaci di produrre un impatto sulla comunità scientifica.
Migliorare i metodi della scienza non è mai facile. È ancora più difficile quando lo fai da filosofo, perché spesso si presume che chi si occupa di filosofia non sappia niente dei veri problemi che i ricercatori e le ricercatrici delle scienze “dure” incontrano nel loro lavoro quotidiano. Come è possibile fare delle proposte sensate se si ha molta meno esperienza con gli esperimenti e l’analisi dei dati delle persone a cui si vorrebbe insegnare qualcosa? Il rischio è quello di non essere presi sul serio, di essere visti come degli impostori che diffondono banalità già note, o che si perdono in discorsi astratti che non aiutano la ricerca quotidiana.
Ecco il dilemma in cui mi sono trovato quando ho iniziato il progetto ERC Starting Grant in cui ho promesso di “rendere più oggettive le inferenze scientifiche” (Making Scientific Inference More Objective). Il punto di partenza della nostra ricerca è che alcuni studi meta-analitici dimostrano che se si provassero a riprodurre gli esperimenti descritti negli articoli scientifici, molti non darebbero gli stessi risultati riportati sull’articolo. Questo chiama in causa l’oggettività della ricerca scientifica e la misura in cui ci affidiamo alla scienza. Ma come può contribuire la filosofia per risolvere questo problema? Certo, ci sono stati degli studi storici interessanti sull’oggettività scientifica e come è cambiato il concetto nel tempo. Ma hanno influenzato la scienza e i suoi metodi? Come potrei affrontare la materia perché abbia anche un effetto sulla scienza, perché il progetto non produca solo delle pubblicazioni in belle riviste di filosofia ma che abbia un vero impatto su come si fa ricerca?
La decisione più importante l’ho fatta già all’inizio: per avere un impatto sulla comunità scientifica mi servono delle persone che hanno delle competenze che io non ho. Certo, sono esperto per questioni fondamentali della statistica ed ero coinvolto in alcuni esperimenti, ma avevo scarsa esperienza con l’analisi concreta dei dati e anche i modelli computazionali non erano il mio forte.
Quindi ho assunto due postdoc e un dottorando che erano proprio esperti in queste materie. Loro avevano non solo le competenze complementari necessarie a portare avanti il progetto: erano anche molto bravi nel creare contatti con gli scienziati e nel convincerli che la nostra ricerca aveva senso. Sicuramente era utile che la nostra linea di ricerca fosse di carattere abbastanza matematico, ma bisognava anche spiegare che cosa ne segue per la ricerca sperimentale. Loro andavano alla grande. Ovviamente anche noi abbiamo imparato un sacco dalle collaborazioni con chi fa scienza “dura”.
A metà progetto, le nostre ricerche hanno subito una grande interruzione. Per varie ragioni istituzionali volevo cambiare datore di lavoro e questo implicava che il progetto e i ragazzi mi avrebbero seguito. Da Tilburg, Paesi Bassi, ci siamo trasferiti a Torino dove siamo riusciti a trovare una nuova casa e ci siamo trovati bene. Sicuramente la burocrazia piemontese è più pesante e pignola dell’amministrazione olandese, sempre molto snella ed efficiente, ma avevamo finalmente degli spazi di laboratorio dove potevamo collaborare come gruppo, invece di essere distribuiti su un intero corridoio. Poi, a Torino c’era già un numero elevato di logici e di filosofi della scienza e/o della mente, che ci hanno accolto calorosamente. L’unico vero svantaggio di UniTO è una burocrazia sproporzionata persino per delle attività semplici.
Ad ogni modo, grazie ai sei anni di lavoro, con “Objectivity” abbiamo dimostrato che l’oggettività scientifica non esclude la presenza di componenti soggettive come il giudizio degli esperti. Anzi, il tentativo di sopprimerli a tutti i costi aumenta il rischio di introdurre dei bias. Per questa conclusione abbiamo combinato l'analisi concettuale filosofica (ad esempio, quali sono le caratteristiche più importanti di una inferenza oggettiva?) con modelli di simulazione che paragonano gli effetti di diversi metodi di analisi statistica. Infine, abbiamo fatto delle proposte concrete per il design e l’interpretazione statistica degli esperimenti, in modo che i nostri risultati possano essere effettivamente utili agli scienziati. Tutto sommato, si può dire che abbiamo collegato i due poli opposti dell’oggettività del ragionamento scientifico e della soggettività delle scelte nell'analisi statistica.
Insomma, è stata una esperienza molto formativa sia per me stesso sia per i miei collaboratori. Non solo abbiamo raggiunto risultati importanti in filosofia della scienza, ma siamo anche riusciti ad applicare questi risultati a problemi concreti e a diffonderli all’interno della comunità scientifica. Partecipare o dirigere un progetto ERC offre delle bellissime possibilità e spero che molti talenti di UniTo lo vincano nei prossimi anni!