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Dalle rive del Nilo ai laboratori di UniTo: le mummie raccontano intere biografie

Piramidi di Giza viste dall'altra sponda del fiume Nilo. Fotografo: Félix Adrian Bonfil (1883-1885). Courtesy MAET

Tra gli antichi popoli africani, gli Egizi appartengono a una civiltà millenaria, tra le più avanzate del suo tempo. I metodi dell’antropologia biologica e dell’archeometria applicati ai reperti provenienti da scavi archeologici possono fornire affascinanti letture multidisciplinari.

L’Egitto, ponte geografico tra il continente africano e quello asiatico, ci racconta una storia plurimillenaria attraverso i resti dell’antica civiltà egizia. Le opere monumentali sopravvissute al tempo sono soprattutto quelle dedicate alla ritualità funeraria, componente essenziale per gli Egizi che consideravano la morte come trasformazione verso una nuova vita. In quest’ottica diventa fondamentale la conservazione delle spoglie mortali del defunto per mezzo di un complesso apparato rituale di cui oggi troviamo tangibile riscontro nei corpi mummificati riportati alla luce dagli scavi archeologici.

Presso il Museo di Antropologia ed Etnografia di UniTo (MAET) è custodita una collezione antropologica egizia proveniente dagli scavi della Missione Archeologica Italiana, diretta dall’egittologo Ernesto Schiaparelli (1856-1928) a cui partecipò anche Giovanni Marro (1875-1952), fondatore e primo direttore del Museo. La collezione è composta da circa mille reperti scheletrici e un centinaio di corpi e distretti anatomici mummificati, provenienti dalle necropoli di Assiut e Gebelein (Alto Egitto).

Numerosi studi di antropologia biologica e paleopatologia hanno descritto la variabilità e l’azione selettiva delle malattie e dell’ambiente sul campione egizio conservato al MAET; ne sono un esempio anche gli studi portati avanti dalla collega Margherita Micheletti. Più di recente l’archeometria, che con innovative indagini multidisciplinari si occupa di analizzare i materiali appartenenti ai corredi funerari e quelli utilizzati per la mummificazione dei corpi, ci ha permesso di offrire nuovi punti di vista sulla cultura materiale e la vita quotidiana1.

Di recente poi, è stata avviata la catalogazione ministeriale della collezione di reperti mummificati per quantificare il patrimonio, descrivere e mettere in relazione aspetti bio-naturalistici, archeologici, storico-culturali, giuridico-amministrativi e di conservazione. Possiamo definirla “ricerca silenziosa” perché si pone l’obiettivo di tutelare i reperti “culturalmente sensibili” e ottenere informazioni utili per pianificare nuovi progetti di ricerca. Per esempio, grazie agli studi avviati per la catalogazione dei reperti mummificati, stanno emergendo le tracce di interventi imbalsamatori di diverso tipo: conservativo (uso di resine e oli), ricostruttivo (riempimenti sottocutanei), cosmetico (pitture) e rituale (decorazioni) sui corpi più recenti della storia egizia; per contro, sui reperti più antichi gli interventi sono più limitati e meno eterogenei.

La recente proposta di studio dal titolo Health, embalming and dating: investigating life and death in ancient Egypt, presentata nell’ambito di HORIZON-MSCA-2022, si pone su questa linea per cercare di rispondere a domande archeologiche di grande attualità, come per esempio, “Quando compare la pratica di imbalsamazione dei corpi?” o “Quali sono i materiali utilizzati nei trattamenti?”. E ancora: “Esistono differenze nei trattamenti in relazione all’età, al genere o al ceto sociale?” “Come si evolve tutto questo nel tempo?”

Queste domande sono state esplorate in parte in altre collezioni e in altri siti archeologici egizi, che hanno per esempio portato all’individuazione di ricette di imbalsamazione dei corpi2 a base di prodotti naturali come oli e resine di varie essenze, natron, cera d’api, grassi animali, tannini, bitume, ecc.. Si tratta di prodotti locali o provenienti da altri paesi, che, oltre a documentare scambi commerciali, dimostrano le elevate conoscenze del popolo egizio sulle proprietà antibatteriche, antimicotiche, disidratanti e conservanti delle sostanze e sulle modalità di estrazione e lavorazione dei prodotti, oltre a fornire dati su ambiente, dieta e salute degli individui3.

I corpi del passato ci possono raccontare tante “storie” e nelle loro "biografie" sono comprese le esperienze di vita, il credo religioso, l’arte funeraria, i commerci e gli scambi di materie prime. Ma i resti umani narrano anche di esplorazioni geografiche, di campagne di scavo archeologiche, di discipline scientifiche, di pratiche museali, di cure e attenzioni per la preservazione e l’esposizione. Ricostruire la biografia di un corpo e di una collezione, nelle sue tante letture multidisciplinari, è la migliore eredità culturale che noi, ricercatrici e ricercatori, possiamo lasciare alle future generazioni.

1
Demarchi B., Boano R., Ceron A., Bello F., Favero-Longo S. E., Fiddyment S., Fiore Marochetti E , Mangiapane G., Mattonai M., Pennacini C., Ribechini E., Woolley J., Zilberstein G., Righetti P., 2020. Never boring: Non-invasive palaeoproteomics of mummified human skin. Journal of Archaeological Science 119 (2020) 105145
Fiore Marochetti E., Olica C., Martina M.C., Villa C., Boano R., Demarchi B., 2020. La mummia con tunica del Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino. Quaderni di Archeologia del Piemonte, n4, pp: 147-162
Boano R., Cesarani F., Fiore Marochetti E., Martina M.C., 2019. La Mummia con tunica, In: Le Mummie Egizie di Torino, a cura di E. Fiore Marochetti, Modena, p: 91-94
Pedrini L., , Cortese V., Cesarani F., Martina M:C., Ferraris A., grilletto R., Boano R., Bianucci R., Evershed R. P., Clark K. A., Higham T., Ramsey C., Gandini G., Rabino Massa E., 2005. The “mummy in dress” of the Museum of Anthropology and Etnography of the Umniversity of Turin. Journal of Biological Research, Vol LXXX, N.I, pp:55-58
Bianucci R., Mattutino G., Lallo R., Torre C., 2009. Identification of a chrysocolla amulet in an Early Dynastic child mummy. Journal of Archaeological Science, Vol 36: 592-595

2
Buckley, S. and Evershed, R.P. 2001. Nature 413: 837-841
Koller, J. et al. 2005. Archaeometry 47(3): 609-628
Tchapla, A. et al. 2004. J. of Sep. Sci. 27: 217-234 

3
Jones, J. et al. 2016. Phil. Trans. A R. Soc. 374: 20150373
Lalremruata, A. et al. 2013. PLoS ONE 8(4): e60307
Touzeau, A. et al. 2013. Earth Planet. Sc. Lett. 375: 92-100
Touzeau, A. et al. 2014. J. of Archaeol. Sci. 46: 114-124


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