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Fummo colpiti da meraviglia quando ci apparve. Biografia e anatomia di una mummia

La mummia "vestita" del MAET - Museo di Antropologia ed Etnografia dell'Università di Torino

Forse non sapremo mai il suo nome, ma il sarcofago, l’abito indossato, il corredo, la cura nel deporre il suo corpo in una posa che richiama la vita parlano di un grande amore per lei, che ha superato il tempo arrivando a noi.
Di lei ci è rimasta la mummia che, conservata al MAET ed esposta di recente nella mostra “Lo sguardo dell’antropologo” presso il Museo Egizio, ha una storia da raccontare. L’antropologia fisica e l’archeologia, con indagini bio-naturalistiche, bioarcheologiche e archeometriche, forniscono le coordinate per ricostruire la sua vita ma anche quella delle persone a lei coeve

Noi fummo colpiti da meraviglia quando questa mummia ci apparve,
come emergendo dai miserevoli e fragilissimi avanzi del suo sarcofago.

Giovanni Marro, 1928.

La scoperta. Gebelein (Alto Egitto), 1920
Quando il corpo rivede la luce, dopo oltre 4000 anni trascorsi nell’oscurità del suo sepolcro, si presenta allo sguardo dei suoi scopritori ancora magnificamente intatto, nonostante i segni del tempo. L’emozione della scoperta è forte. La mummia rilassata su un fianco in atteggiamento di riposo, con il capo sostenuto da un poggiatesta, colpisce profondamente l’attenzione di uomini abituati a scavare resti umani. Il ritrovamento è decisamente fuori dal comune per quel “fine senso di realismo” del corpo dolcemente addormentato, per la straordinaria dignità con cui è avvolto in abbondanti lini, per l’inconsueta tunica finemente pieghettata indossata in quell’ultimo viaggio verso una nuova vita nell’aldilà. Il corpo è adagiato con cura in un sarcofago in legno parzialmente distrutto dall’azione devastante delle termiti. Il suo corredo, costituito da due piccoli vasi e due cassettine di legno contenenti vari oggetti, tra cui alcuni braccialetti, un pettine e due spazzole, è il bagaglio di un lungo viaggio non ancora finito.
Una descrizione sommaria del ritrovamento, scritta otto anni dopo, consegna alla storia l’istantanea di una scoperta archeologica e il tassello della vita di una giovane donna nella provincia egiziana tra la V e la VI dinastia (circa 2407-2199 a.C.). Il cronista dell’evento è Giovanni Marro, un medico e antropologo torinese (1875-1952), aggregato alla Missione Archeologica Italiana in qualità di esperto per l’Antropologia fisica.
La mummia arriva a Torino l’anno successivo e, nel tempo, trova collocazione definitiva presso il Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino, fondato da Marro nel 1926 e da lui diretto fino al 1952.

In Laboratorio. Torino, 2000-2020
Quali strumenti la scienza mette in atto per conoscere, proteggere e restituire un’identità a un corpo senza una storia scritta? La tomografia computerizzata svela la sua anatomia senza la necessità di eseguire l’autopsia; l’anatomia scheletrica fornisce informazioni sull’identità generica dell’individuo (il sesso, la statura, l’età biologica al momento della morte) e il suo stato di salute rivelando le malattie che hanno lasciato una traccia visibile; l’anatomia degli altri apparati rivela i dettagli degli organi interni e fornisce indicazioni anche sulla ritualità funeraria, che prevedeva processi di imbalsamazione. Le analisi degli isotopi radioattivi del carbonio forniscono la datazione che la colloca nel tempo e le analisi chimiche rivelano l’utilizzo di sostanze imbalsamanti nelle operazioni di cura del defunto. L’archeologia molecolare mostra la possibilità di sopravvivenza delle molecole proteiche originali che, una volta analizzate, potranno a loro volta dare origine a nuove ricerche. Il restauro della tunica plissettata, oltre alle caratteristiche della materia prima utilizzata e delle tecniche di manifattura, illustra come veniva indossata, evento questo eccezionale e documentato in pochissimi altri casi al mondo.

In Museo. Torino, oggi
Lo studio ci porta a conoscere una giovane donna vissuta nel sud dell’Egitto durante l’Antico Regno, morta prematuramente alla soglia dell’età adulta (intorno ai 18 anni). La causa di morte non è valutabile ma le ossa mostrano i segni di uno stato anemico presente da diverso tempo e ancora in atto al momento della morte: una condizione che può aver indebolito il fisico della giovane, minandone la salute. Dopo la morte il corpo non è stato sottoposto a eviscerazione ma la superficie è stata cosparsa con resine di piante pinacee. L’ambiente caldo e secco dell’Egitto ha fatto il resto disidratando il corpo e consentendone così la mummificazione naturale. La scienza mostra un corpo riconoscibile nella sua identità generica (sesso, età alla morte), nella sua identità biologica (molecole proteiche) e nella sua identità culturale (ritualità funeraria) e lo avvicina a noi, come parte di una stessa umanità. Forse non sapremo mai il suo nome ma possiamo affermare che è stata una donna molto amata dalla famiglia che l’ha accompagnata con grande cura nel suo ultimo viaggio: il sarcofago, i tessuti abbondanti e inusuali, il vestito indossato, il corredo, la cura nel deporre quel corpo privo di vita in un atteggiamento che richiama la vita sono atti di un grande amore che ha superato il tempo per arrivare fino a noi.

Le collaborazioni. Torino e non solo, verso il futuro
Per poter raccontare questo pezzo di biografia e per poter approfondire ulteriori aspetti della vita della giovane donna sono imprescindibili le collaborazioni con ricercatori e ricercatrici di diversi dipartimenti dell’Università di Torino e di atenei o centri di ricerca italiani ed europei, con i funzionari archeologi, egittologi e archivisti delle soprintendenze locali, con i restauratori del CCR “La Venaria Reale” e con gli egittologi del Museo Egizio.
Infatti, dalle fine del restauro (giugno 2020) a gennaio 2021 il reperto è stato esposto nella mostra “Lo sguardo dell’antropologo” presso il Museo Egizio. Nonostante l’evento si sia concluso, la mummia si trova nel percorso del Museo Egizio in attesa che il MAET riapra al pubblico in un prossimo futuro.

Gruppo di ricerca:
Rosa Boano, Beatrice Demarchi, Gianluigi Mangiapane, Cecilia Pennacini.


IMMAGINI

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Rosa Boano
Gianluigi Mangiapane
Cecilia Pennacini
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

05 febbraio 2021

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