Lo sguardo dell’antropologo. Collezioni del MAET in mostra al Museo Egizio

Cosa provavano studiosi e antropologi che, per primi dopo millenni, posavano il loro sguardo su reperti e mummie dell’antico Egitto? Che immagine ci restituiscono di quella civiltà? E come vedono l’Egitto i giovani africani di oggi? A queste e ad altre domande prova a rispondere la mostra “Lo sguardo dell'antropologo”, che racconta le connessioni storiche e culturali fra il Museo Egizio e il Museo di Antropologia ed Etnografia di UniTo. 

Il 13 giugno 2020, al Museo Egizio di Torino è stata inaugurata la mostra dal titolo “Lo sguardo dell'antropologo”, frutto della collaborazione tra la Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino e il Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino (MAET). Inserite nell'esposizione permanente del Museo Egizio, alcune vetrine ospitano reperti e manufatti del MAET che da tempo attendono di essere resi fruibili al pubblico.


La mostra realizzata dal MAET - Museo di Antropologia ed Etnografia dell'Università di Torino, in collaborazione con il Museo Egizio di Torino.

Fulcro dell’esposizione è la mummia di una giovane donna, unica nel suo genere perché una delle poche mummie “vestite”, che fa parte del patrimonio del MAET e che proviene dal sito archeologico egizio di Gebelein recentemente restaurato dal Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”. Nella mostra si rende conto degli studi condotti su questo reperto da ricercatrici e ricercatori del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino, che includono analisi biomolecolari innovative realizzate in modalità non invasiva e di cui abbiamo parlato in questo racconto di ricerca. Ma la mostra è soprattutto l’occasione di portare al grande pubblico un assaggio delle collezioni di un museo chiuso da quasi quarant’anni, che conserva uno straordinario patrimonio di oggetti provenienti dalle civiltà extra-europee. All’interno dello spazio espositivo sono infatti presentati una quarantina di oggetti appartenenti alle collezioni etnografiche, suddivisi in quattro vetrine.


La mummia "vestita" del MAET esposta alla mostra "Lo sguardo dell'antropologo" al Museo Egizio di Torino.

Il percorso in quattro vetrine
La mostra si apre con alcune informazioni sulla nascita e sulle prospettive di indagine dell'antropologia culturale e dell'antropologia fisica, tramite l’esposizione in una prima teca di alcuni oggetti del MAET provenienti da differenti parti del mondo (isole dell’Oceania, Indonesia, Brasile, Perù, ecc.) che rappresentano l’interesse per la variabilità delle popolazioni da parte di queste discipline, che hanno al centro delle loro ricerche la diversità umana da un punto di vista diacronico e sincronico (nel tempo e nello spazio). Oggi le due antropologie si distinguono nettamente: se l'antropologia fisica si concentra sulla dimensione biologica e fisica, quella culturale si interessa di quegli elementi che ci rendono "umani" dal punto di vista culturale.
La visita prosegue con un approfondimento sull’origine del Museo di Antropologia di UniTo con fotografie, strumenti antropometrici, macchina fotografica e oggetti etnografici risalenti alla prima metà del Novecento e conservati con finalità di studio. La terza vetrina conduce il visitatore ad addentrarsi nel contesto di scavo nel quale fu rinvenuta la mummia. Il percorso si conclude con l'esposizione di alcuni oggetti della collezione etnografica africana che accompagnano la riflessione sulla rappresentazione europea dell’Egitto, geograficamente parte del continente africano ma troppo spesso decontestualizzato. 


Le vetrine allestite per la mostra al Museo Egizio di Torino

Un nuovo punto di vista sull’Egitto
La mostra si conclude dunque con una visione afrocentrica dell’Egitto che si contrappone alla visione orientalista.
L’esposizione intende dare particolare risalto alle tracce degli “sguardi” che si sono posati sui reperti nel momento del loro rinvenimento da parte di studiosi e antropologi: sguardi colmi di stupore, meraviglia ma anche di disprezzo o di compiacimento, improntati a una visione che classificava i gruppi umani all’interno di una griglia evolutiva. In quella prospettiva, gli abitanti dell’Africa - insieme alla maggior parte delle culture extraeuropee - erano visti come dei “primitivi” immersi nella magia e nella superstizione; l’Egitto, invece, fu idealmente disconnesso dal continente cui appartiene, per essere invece considerato la culla della civiltà occidentale.
Su questo tema si concentra un video presente in mostra: I giovani africani e l’Egitto, che indaga il significato che l’antico Egitto ricopre per gli africani contemporanei, i quali, attraverso una serie di interviste, ribaltano provocatoriamente questa visione tipicamente orientalista dell’Egitto. Usando gli spazi sia del Museo Egizio sia del MAET, il video è stato realizzato dalle antropologhe culturali Martina Laganà, Margherita Valentini e Irene Lionelli, che hanno dialogato con diversi studenti e studentesse dell’Università di Torino di origine africana.

Per ulteriori informazioni sulla mostra, visita Museo Egizio: lo sguardo dell'antropologo.

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Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di

Cecilia Pennacini

Erika Grasso

Gianluigi Mangiapane
gruppo di lavoro

Rosa Boano
Christian Greco
Giuseppe Moiso
dipartimento / struttura

rivolto a

TIPO DI ATTIVITÀ

Pubblicato il

28 gennaio 2021

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