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Di memoria dell’acqua e “altre memorie” dei sistemi biologici

La “memoria dell'acqua”, espressione che cercata su Google dà 48 milioni di risultati, spiegherebbe il presunto meccanismo d’azione dei medicinali omeopatici, tutt'oggi oggetto di dibattito per quanto riguarda la loro efficacia. Per capire di cosa si tratta abbiamo intervistato Gianluca Miglio del Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco

Professor Miglio, potrebbe chiarire cosa si intende per “memoria dell'acqua”?
Il primo impiego di questa espressione in ambito scientifico risale a circa 30 anni fa, quando fu usata dai mass media per riferire al grande pubblico, in modo sintetico e semplicistico, i risultati di uno studio condotto da ricercatori coordinati da Jacques Benveniste. L’articolo, pubblicato su Nature, descrive gli effetti evocati su una sottopopolazione di globuli bianchi da una soluzione di anticorpi (di antisiero) tanto diluita da non contenere più nemmeno una delle molecole originali. La spiegazione, secondo gli autori, è che l’acqua potrebbe aver agito da “stampo” per le molecole degli anticorpi, grazie per esempio a campi elettrici e magnetici o a una rete infinita di ponti idrogeno. Tuttavia, una nota redazionale di Nature di qualche mese dopo metteva già in dubbio questi risultati: una commissione, che includeva l’allora direttore di Nature, un ricercatore esperto in errori tecnici e frodi in studi di laboratorio e uno specialista in tecniche di illusionismo, aveva chiesto di condurre nuovi esperimenti in cieco, cioè senza che gli sperimentatori fossero a conoscenza di quali provette contenessero l’antisiero diluito, quali la sola acqua e quali normale antisiero. I nuovi risultati non confermarono quelli iniziali: l’antisiero diluito non fu in grado di evocare alcun effetto. La nota evidenziava quindi le carenze rilevate negli esperimenti, dal disegno al metodo impiegato, e l’influenza fallace dei convincimenti personali.

La teoria della “memoria dell’acqua” nasce quindi da un esperimento fallace. Cosa implica questo per l’omeopatia?
Le implicazioni dei risultati iniziali di quello studio toccano vari aspetti, relativi per esempio alla comprensione delle proprietà fisico-chimiche e biologiche dell’acqua e, in subordine, al supporto che quei risultati avrebbero potuto dare alla causa dell’omeopatia: i medicinali omeopatici sono diluizioni estreme di un preparato iniziale come lo erano quelle usate negli esperimenti di Benveniste. A oggi l’ipotesi che l’acqua possa preservare nel tempo traccia di ciò con cui è venuta in contatto, e grazie a questa proprietà acquisire attività biologiche, non ha trovato un solido supporto nei dati raccolti. A fronte di alcune evidenze in favore dell’ipotesi della “memoria dell’acqua”, come quelle raccolte dal gruppo di Luc Montagnier, altri esperimenti, che hanno tentato di riprodurre i risultati iniziali del gruppo di Benveniste, non hanno fornito prove a sostegno di questa ipotesi. Inoltre oggi è noto che la dinamica delle molecole di acqua allo stato liquido impedirebbe di fatto il mantenimento a lungo termine di “tracce di memoria”, come dimostrato per esempio in questo studio. La “memoria dell’acqua” è dunque un concetto che non ha trovato credito nella comunità scientifica, perché privo di evidenze adeguate e credibili a suo supporto. Di conseguenza, a sua volta questo concetto, spesso citato come il principio meccanicistico dell’attività dei medicinali omeopatici, non può essere usato per supportare l’efficacia di questi ultimi. 

Esistono invece dei sistemi biologici per cui si può parlare di "memoria"?
Il termine “memoria” ha significati diversi in funzione del contesto. Ad esempio si può parlare di “memoria del capello” se si considera che la sua struttura cheratinica, durante la crescita, è in grado di tenere traccia delle sostanze che assumiamo o a cui siamo esposti, come spiega qui il collega Marco Vincenti. In generale si può dire che “memoria” indica la capacità di un sistema di “trattenere” nel tempo l’informazione su eventi o stati passati. Nei sistemi biologici i meccanismi coinvolti sono molti e operano a vari livelli, da quello molecolare a quello di interi organi e apparati. L’esempio di memoria più intuitivo e famigliare è quello che si applica a certe funzioni del sistema nervoso centrale. Ma la memoria è anche una prerogativa fondamentale del sistema immunitario, che viene sfruttata in farmacoterapia: i vaccini hanno lo scopo di stimolare la formazione di una riserva di “cellule di memoria” del sistema immunitario, capaci di reagire prontamente all’eventuale invasione di patogeni esterni.



Questa storia di ricerca si trova in:


Intervista a

Gianluca Miglio
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

A cura di

Redazione FRidA
Pubblicato il

01 febbraio 2019

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