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Un rospo, un bombo, una tartaruga: salvati non dall’estinzione, ma con un gesto letterario

Foto: Unsplash.com

Nel voler agire in favore della tutela e della difesa degli animali, l’essere umano si trova davanti uno spettro di possibilità d’azione. A un estremo, i discorsi pubblici volti alla persuasione e al cambiamento culturale. All’estremo opposto, i piccoli gesti individuali di soccorso agli esemplari a rischio. Azioni anonime e impercettibili, che sono però visibili grazie alla letteratura, come nel caso di queste tre opere, dalle cui pagine emerge chiara l’importanza della cooperazione tra le specie.

In Lives of Animals (La vita degli animali, Adelfi, 1999), il premio Nobel per la letteratura sudafricano (2003), J.M. Coetzee condanna aspramente le crudeltà che l’essere umano perpetra sugli animali attraverso le parole della protagonista, impegnata in una serie di conferenze universitarie. In un suo altro romanzo, poi, si legge di un’anziana donna che porta ciotole d’acqua da adagiare sul letto dei fiumi in secca, per salvare i rospi dalla siccità in Australia. Nello spettro delle possibilità di azione per la tutela e la difesa degli animali, i due gesti si trovano forse agli estremi opposti: il primo è una feroce arringa d’accusa su larga scala, il secondo è un piccolo gesto di cura, invisibile e anonimo.

Sappiamo che molta letteratura ambientalista, in particolare se riferita al cambiamento climatico, è criticata per essere apocalittica e catastrofista: i discorsi sulla sesta grande estinzione (Dawson 2016) rischiano di rimanere inascoltati. Tuttavia, un cambiamento nel paradigma culturale si potrà ottenere forse prestando più attenzione alla scala dell’invisibile, agli esempi positivi di uomini, donne e bambini che tutelano la fauna nel loro piccolo, con azioni quotidiane.

In un romanzo canadese, Fauna (2010) di Alissa York, Edal, doganiera addetta al controllo bagagli in aeroporto, sviluppa una nevrosi il giorno in cui una pingue e serafica signora sbarca da New Delhi con nove confezioni di uova in una borsa e ventiquattro nel bagaglio spedito. Delle tartarughine indiane stellate, specie a rischio di estinzione, un terzo erano soffocate, due erano schiacciate. In valigia, le cose erano andate peggio, i cartoni erano intrisi di una poltiglia sanguinolenta, i carapace imbrattati.

Non era la prima volta che le si presentavano passeggeri con specie di contrabbando. Le era capitato anche di peggio in fondo, un serpente nel bagaglio o un uccello esotico nascosto in quella valigia che aveva lasciato chiudere di colpo dalla sorpresa di scoprirci all’interno una creatura viva, per poi sentirsi accusare dal passeggero in tono stizzito: “Ecco, adesso l’ha ammazzato.”

Inseguendo una ladra di biciclette, Edal si trova però a fare amicizia con una comunità di outsider che vivono in una rimessa per la rottamazione di auto, dove sono impegnati a riabilitare un falco in una grande voliera. Qui allestiscono un cimitero per gli animali vittime della città: piccoli volatili che sbattono contro le vetrate luccicanti dei grattacieli di Toronto, o incauti mammiferi investiti dalle auto a bordo strada. Allevano cuccioli di orsetto lavatore, si battono per la salvaguardia dei coiote e leggono religiosamente Il libro della giungla a turno, ad alta voce. Con loro, Edal potrà curare la sua anima.

L’esempio più toccante di salvataggio lo si trova nel romanzo di Christi Leftery The Beekeeper of Aleppo (L’apicultore di Aleppo, Piemme, 2019). Nuri, un richiedente asilo siriano ospite di un centro di accoglienza britannico, scorge nel cortile un bombo in difficoltà. Da esperto apicoltore quale era, comprende che il bombo è affetto da un virus che colpisce le ali (Deformed Wing Virus). Senza poter volare, è destinato a morire di fame, solo e lontano dalla sua colonia. Nuri raccoglie il bombo, lo posa in un’aiuola e cerca di dargli un po’ d’acqua. E così per i giorni a venire.

Qui, il paragone con i migranti, i richiedenti asilo e i rifugiati politici è immediato ed evidente: separati dalla loro comunità, menomati nella psiche e nel corpo per via del viaggio, privi delle libertà civili, possono forse sopravvivere, ma di certo non vivere. 

Gli ospiti del centro di accoglienza sono tutti sofferenti, chi come Nuri per traumi psicologici, chi come sua moglie Afra per traumi fisici. Uno di loro, soprannominato “il Marocchino”, un giorno esce per comprare tre vasetti di fiori e li regala a Nuri perché possa riporvi il bombo, in modo che l’insetto possa trovare una casa e del nutrimento. Ancora una volta il parallelismo è esplicito: l’insetto malato e solitario ha trovato casa, mentre i rifugiati attendono il colloquio per ottenere asilo. Nuri, dal canto suo, spera di riuscire a raggiungere suo cugino e tornare a fare ciò che gli riesce meglio nel suo centro di apicoltura. Si prenderà cura, forse, di una colonia di api nere britanniche, una specie combattiva, che dopo aver rischiato l’estinzione, è stata recentemente reintrodotta nel paese.

Questi piccoli gesti, invisibili e anonimi, sono resi visibili dalla letteratura, il cui valore educativo, quale presidio di umanità, è irrinunciabile anche e soprattutto in questi casi, in cui dimostra che la coabitazione e cooperazione essere umano-animale è possibile e appagante. Buona lettura!

Bibliografia
J.M. Coetzee, Life of Animals, Princeton, New Jersey: Princeton University Press, 1999.
Carmen Concilio, Blogging the Novel. Il ruolo del blog nel romanzo di Alissa York: Fauna. A Torontonian Narrative. In V. Pignagnoli, S. Ulrich (a cura di), QuadRiQuaderni di RiCognizioni IV: Open Literature. La cultura digitale negli studi letterari. 2016, pp. 89-100. ISBN 9788875901059.
Ashley Dawson, Extinction. A Radical History, New York, O/R Books, 2016.
Christi Leftery, The Beekeeper of Aleppo, London, Zaffre, 2019.
Alissa York, Fauna, Toronto, Random House, 2010.

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