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Culture, Produzione culturale e artistica, Filosofia

La prospettiva del principe. Il “manifesto politico” tra '400 e '500

Leonardo da Vinci, Tre vedute di testa virile con barba (circa 1502)

Lo Studio di testa virile in tre posizioni di Leonardo evidenzia un uso della prospettiva come tecnica di rappresentazione razionale dell’uomo politico. Questo impiego trova il suo immediato antecedente artistico in Piero della Francesca, il suo fondamento filosofico in Cusano e uno dei suoi principali esiti politici nel Principe di Machiavelli.

Nello Studio di testa virile in tre posizioni, disegno in sanguigna conservato presso la Biblioteca Reale di Torino, Leonardo da Vinci applica la prospettiva in relazione al volto umano.
Il volto in questione, secondo W. R. Valentiner e P. Boucheron, è quello di uno dei principali protagonisti della politica italiana a cavallo tra Quattro e Cinquecento: Cesare Borgia. Tra il 1502 e il 1503 Leonardo è infatti al seguito del Duca Valentino in qualità di suo «familiare architetto e ingegnere generale», con l’incarico di eseguire alcuni rilievi cartografici a fini strategico-militari. Il legame con Borgia, all’epoca signore di Urbino e di Romagna, conduce all’immediato antecedente di questa indagine leonardesca: lo studio prospettico della testa umana proposto da Piero della Francesca nel De prospectiva pingendi. In pittura, Piero applica tale studio soprattutto nell’ambito della rappresentazione di soggetti politici: si vedano per esempio l’affresco di Rimini raffigurante Sigismondo Pandolfo Malatesta davanti al suo santo (1451), la Resurrezione di Cristo (1456-58 ca.) per la Residenza dei conservatori di Sansepolcro e il Dittico dei Duchi d’Urbino (1465-1470 ca.) (fig. 1). 
Queste opere - con cui si inaugura, come ha rilevato la studiosa M. Aronberg Lavin, la tradizione del manifesto politico - mettono in luce un uso della prospettiva analogo a quello di Leonardo: per entrambi gli artisti si tratta di fornire una rappresentazione razionale, a un tempo descrittiva e normativa, dell’uomo politico, tramite l’impiego di una tecnica rigorosa, matematicamente regolata e basata sulla considerazione di una pluralità di punti di vista.

Questa idea di prospettiva trova il proprio fondamento teorico e uno dei suoi principali esiti politici nell’elaborazione di due dei più importanti filosofi del Rinascimento: Niccolò Cusano e Niccolò Machiavelli. In Cusano - dal De coniecturis al De visione Dei - si riscontra la più articolata riflessione sulla prospettiva quale medium della comprensione dei rapporti di alterità e del ruolo dell’azione umana (la visione in primis) nell’ambito di questi rapporti: essa consente di dare ragione della dialettica ontologico-visiva che fonda ogni rapporto con l’altro.
Tale concezione viene applicata in maniera peculiare da Machiavelli. Nel Principe, il «principe nuovo» è infatti colui che, imitando l’artista, sa adottare uno sguardo prospettico sulla realtà, al fine di cogliere con ragionata distanza la situazione del proprio tempo e, a partire dalla sua comprensione, dar forma alla propria azione politica.

In questo modo, lo sguardo dell’artista, del filosofo e del politico coincidono: la pluralità dei punti di vista adottata dall’artista e dal filosofo nell’atto di rappresentare prospetticamente l’uomo - e nella fattispecie l’uomo politico - si riflette nella pluralità dei punti di vista adottati dal politico rispetto alla realtà che egli deve governare.
Ritornando allo Studio leonardesco, se si tiene conto che uno dei modelli del principe machiavelliano è proprio Cesare Borgia - altrove colto da Machiavelli stesso nella sua secretissima arte della dissimulazione, legata appunto a un repentino cambio di prospettiva -, allora il cerchio si chiude: la descrizione del Principe pare essere l’esatta traduzione in parole del disegno di Leonardo.


IMMAGINI

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Elisa Destefanis
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

10 giugno 2019

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