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ArchiWals, un progetto per salvaguardare la cultura e la lingua walser

Nel contesto di un forte decadimento linguistico, il progetto mira a salvaguardare l'eredità culturale e linguistica walser delle comunità di Gressoney e Issime in Valle d'Aosta e Formazza e Rimella in Piemonte

«Chammò nit d’schòlt gä der television, oder de fremde, oder der schuel, oder de herrschafte wenn Greschòney chénn redén nemme Titsch. Sibber wier, eltre, gròsseltre òn ou noachpure daß sibber schòlt» (Benito Curtaz, 5 aprile 1999).

«Non possiamo dare la colpa alla televisione o agli stranieri o alla scuola o al governo se Gressoney non sa più parlare Titsch. Siamo noi, genitori, nonni e anche vicini di casa che ne siamo responsabili».

Tenere memoria di queste parlate e stimolare un processo virtuoso di rivitalizzazione tra i giovani di queste comunità è lo scopo del progetto ArchiWals, finanziato dal Miur con un PRIN (bando 2015), per raccogliere, catalogare, digitalizzare e analizzare dal punto di vista linguistico quanto giunto fino a noi del patrimonio scritto e parlato delle cinque varietà walser dell’area subalpina: quelle di Gressoney e Issime per la Valle d'Aosta, e di Rimella, Formazza e Alagna per il Piemonte.

Queste comunità originano dalla migrazione, nel tardo Medioevo, di coloni provenienti dall’alta valle del Rodano - detta Wallis, da cui Wal(li)ser - che parlavano una varietà di alemanno tipica dei territori svizzeri, ma che ha poi subito un drammatico processo di decadimento a favore delle varietà romanze circostanti. Tuttavia nella prima metà del ’900, anche per reazione al ventennio di completa repressione fascista, le parlate walser hanno vissuto un momento di parziale rinascita. Ed è a quegli anni che si deve la redazione di una cospicua quantità di documenti di vario tipo (bollettini, riviste parrocchiali, volumi di cucina, dizionari, ecc.), ora oggetto di studio di ArchiWals.

Raccolta grazie alla collaborazione dei singoli Centri Culturali Walser, la documentazione è stata dapprima catalogata e digitalizzata per garantirne la conservazione nel tempo. Abbiamo quindi provveduto a inserire dei dizionari e dei testi all’interno di una piattaforma ideata da noi appositamente per interfacciare la parte di dizionario con quella dei testi, in modo da incentivarne la fruibilità da parte dei parlanti, soprattutto quelli più giovani, che hanno maggiore familiarità con lo strumento digitale. Il tutto nella speranza che la piattaforma ravvivi l’interesse delle comunità verso le proprie parlate, e coinvolga i parlanti rimasti nel progressivo arricchimento del dizionario con tutti quei termini che ancora non ne fanno parte. Stimolando così la discussione e il confronto non solo all’interno della singola comunità, ma anche fra le diverse parlate delle aree piemontesi e valdostane.

Infine, il progetto, nei suoi aspetti più strettamente collegati all’ambito informatico, ha avuto delle applicazioni immediate: il motore di ricerca e l’architettura stessa della piattaforma sono infatti brevetti depositati e registrati. Dal lavoro di progettazione ha anche avuto origine uno spin-off finanziato da un incubatore d’impresa milanese: la srl skilroom, nata per commercializzare la piattaforma come strumento agile in grado di gestire dati e informazioni di natura diversa.



IMMAGINI

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Livio Gaeta
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

20 settembre 2018

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