Cosa hanno in comune terremoti, silicio e supercomputer?
Il mondo delle particelle elementari è estremamente variegato, ed è ancora oggi studiato sia per obiettivi di puro progresso scientifico, sia per esplorarne le possibili applicazioni pratiche. Per riuscire in queste imprese, i fisici realizzano i rivelatori di particelle. Alcuni di questi prendono vita a UniTO e da lì… spiccano il volo per lo spazio! È il caso del progetto italo-cinese LIMADOU, che, studiando le correlazioni tra flussi di particelle in prossimità della Terra ed eventi sismici, vuole contribuire alla grande sfida di prevedere questi fenomeni.
Vi siamo immersi, e non lo sappiamo; le incontriamo tutti i giorni, e non le vediamo; ci affascinano, ma sono sfuggenti; le cerchiamo… ma come le scoviamo? Sono le particelle, i costituenti elementari della materia! Ne esistono tante specie, e i fisici, come i botanici con le piante e gli zoologi con gli animali, si ingegnano a classificarle in generazioni, sapori, colori, carica, massa… Al di là dei loro aspetti più esotici, tuttavia, sappiamo che le particelle sono nostre preziose alleate nella vita di tutti i giorni.
Anche se nella ricerca non tutto deve avere un immediato risvolto pratico, in qualche caso l’utilità di questi studi è nota a molti: ne è un esempio lo sviluppo delle tecniche di terapia adronica antitumorale (come ci ha raccontato qui Roberto Cirio, ndr). In altri casi, invece, ci si lancia in idee apparentemente “strambe”, ma che potrebbero portare a risultati inaspettati!
È il caso del progetto LIMADOU, dal nome cinese di Matteo Ricci, missionario ed esploratore in Cina nel XVI secolo. Nato dalla collaborazione tra l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e la sua omologa cinese (CNSA), il progetto LIMADOU ha tra i suoi obiettivi lo studio del flusso di elettroni e protoni cosmici nella fascia interna di Van Allen; quest’ultima è una zona specifica della magnetosfera terrestre, quella porzione di spazio attraversata dalle linee di forza del campo magnetico terrestre. Lo studio delle particelle intrappolate nella magnetosfera ci può dare interessanti informazioni sui meccanismi di interazione tra litosfera (la parte più esterna del nostro pianeta), atmosfera e ionosfera (cioè la parte di atmosfera compresa tra i 60 e i 1000 km di altitudine). Esiste infatti una teoria che correla le variazioni del flusso di queste particelle a eventi sismici sulla Terra, e che quindi apre una strada alla possibilità di prevedere i terremoti.
L’Università di Torino e la Sezione torinese dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) sono partner di ASI per il progetto LIMADOU dalla fine del 2019. Insieme ai colleghi di Trento abbiamo la responsabilità della progettazione e realizzazione del rivelatore di particelle che, orbitando intorno alla Terra a bordo del satellite CSES, ricostruirà la traiettoria delle particelle che lo attraverseranno. La costruzione di questo rivelatore costituisce una parte del mio progetto di Dottorato: abbiamo da poco concluso i primi prototipi, e ci stiamo ora preparando alla fase di produzione del tracciatore completo.
L’affidamento di questo importante compito all’Università di Torino è il frutto della grande esperienza nello sviluppo di rivelatori di particelle innovativi che il Dipartimento di Fisica può vantare, premiato tra i “Dipartimenti di Eccellenza” dall’ex MIUR (da gennaio 2020 diviso in Ministero dell’Istruzione e Ministero dell’Università e della Ricerca, ndr).
In particolare, il gruppo di cui faccio parte si sta dedicando allo studio di nuovi rivelatori monolitici al silicio; questo tipo di rivelatori sfrutta processi produttivi commerciali, e quindi a basso costo, per la realizzazione dell’elettronica CMOS (una tecnologia usata per la progettazione di circuiti integrati), la quale elabora il segnale generato nel rivelatore dal passaggio delle particelle. L’elettronica si trova sullo stesso substrato di silicio all’interno del quale le particelle generano il segnale: si tratta dunque di un tipo di rivelatore sottilissimo, spesso poche decine di micrometri, e ciò permette di determinare il punto di impatto e di ricostruire le tracce delle particelle con una precisione di 5 micrometri! Proprio questa scelta di avanguardia è stata adottata anche per il tracciatore di LIMADOU: si tratterà infatti del primo rivelatore a pixel di silicio inviato nello spazio per un esperimento… e avrà quasi 80 milioni di pixel!
Per gli sviluppi futuri è necessario spingerci oltre l’attuale frontiera della tecnologia, migliorando la risoluzione spaziale (fino a 1 micrometro!) e riducendo la potenza consumata dai nostri apparati. Infatti sui satelliti la potenza elettrica a disposizione è limitata dalle dimensioni dei pannelli solari… dobbiamo sempre fare attenzione ai consumi! Ho quindi iniziato a progettare nuovi sensori, e per le simulazioni ho cominciato a utilizzare la potenza di calcolo fornita dal SuperComputer di Ateneo OCCAM. Ho avuto modo di provarlo in prima persona per simulare il segnale generato dal passaggio delle particelle nei sensori… è un vero portento!
La vivace collaborazione tra le diverse anime coinvolte nel progetto LIMADOU e tra i gruppi di ricerca che si occupano dello sviluppo di sensori innovativi porterà sicuramente, nel prossimo futuro, al coinvolgimento del Dipartimento di Fisica in progetti ancora più ampi… perché è così che nascono i rivelatori di particelle!