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Genetica e Genomica

Un arcobaleno antichissimo ancora da studiare: la ricerca genomica in Africa

Foto: Unsplash

La diversità genetica delle popolazioni umane che attualmente vivono in Africa è la più ampia tra quelle dell’intero globo. Tuttavia, è finora la meno studiata essendo coinvolta in poche ricerche e prove cliniche. Ciò si traduce in minori ricadute terapeutiche per l’Africa e in un impoverimento della ricerca genomica globale.

Siamo tutti africani poiché l’Africa è il continente in cui ha avuto origine l’unica specie del genere homo attualmente vivente, il sapiens, e in questo continente abbiamo vissuto per più tempo per poi gradualmente cominciare a popolare tutto il pianeta. Se si potesse descrivere questo fenomeno con dei colori si potrebbe immaginare l’Africa come un arcobaleno da cui a un certo momento (tra 300.000 e 200.000 anni fa) si separarono pochi colori e cominciarono a gocciolare fuori colorando gradatamente l’Eurasia e l’Oceania.

Dentro questo luogo antichissimo è rimasta la maggior parte della variabilità genetica, che ad oggi risulta ancora poco studiata, ma che si può rivelare fondamentale per trovare la predisposizione e le cause genetiche delle malattie complesse.
Ci sono molti vantaggi nello studiare il genoma africano sia per gli abitanti di questo continente sia per la ricerca scientifica globale. Vediamone alcuni.

Verso una medicina di precisione e inclusiva
Al momento, i dati genomici di persone di discendenza africana sono sottorappresentati nei grandi database di sequenze o nelle biobanche: si tratta del cosiddetto genomic gap.
Un esempio è il UK Biobank, un database biomedico e una risorsa di ricerca che contiene informazioni genetiche e sanitarie di quasi mezzo milione di individui (487.000 persone), in cui i partecipanti con origini africane rappresentano solo 1,6% del totale.
La mancanza di dati genomici riferiti al continente dove attualmente vive il 17% della popolazione mondiale e si traduce in una ricerca non inclusiva, i cui risultati sono calibrati più su Asiatici ed Europei.
Questo ostacola lo sviluppo di una medicina di precisione inclusiva per i gruppi etnolinguistici africani. La medicina di precisione consiste nello studio della variabilità individuale al fine di sviluppare adeguate strategie di prevenzione e trattamento (soprattutto contro il cancro, NdR). Si basa sulle informazioni genetiche che sono collegate alla storia della popolazione a cui l’individuo appartiene. Le popolazioni africane sono le più antiche e diversificate del mondo e pertanto presentano il maggior numero di varianti genetiche, molte delle quali presenti solo in Africa e assenti negli altri continenti. Uno studio recente ha sequenziato più di 400 individui provenienti da 50 diversi gruppi etnolinguistici africani trovando 3 milioni di nuove varianti non ancora descritte. Le nuove varianti genetiche potrebbero essere rilevanti dal punto di vista clinico e favorire lo sviluppo di una medicina di precisione calibrata sul complesso background genetico degli africani.

Verso diagnosi più accurate
A causa del genomic gap, spesso i kit diagnostici sono inefficaci nel riconoscere le malattie negli individui africani. Un esempio di un kit diagnostico inappropriato per la popolazione africana è quello per l’identificazione della fibrosi cistica. Questa malattia ha una frequenza molto alta nelle popolazioni di origine europea ma si credeva erroneamente che fosse assente in Africa. Il motivo di questa stortura è che il test diagnostico indaga solo le varianti genetiche trovate negli europei e tralascia completamente le varianti africane.

Verso cure più efficaci
In generale, terapie e cure farmaceutiche utilizzate contro le malattie croniche e infettive sono prodotte in maggior parte nel mondo occidentale e testate su popolazioni di origine europea per poi venire commercializzate globalmente. Ma le cure che sono efficaci in una particolare popolazione possono essere meno efficaci e sicure in altre. Un esempio relativo a questo ambito è quello di una variante del gene CYP2D6, che codifica per un citocromo ovvero un enzima epatico implicato nel metabolismo dei farmaci: la variante presente in circa il 14-34% degli americani con origini africane riduce l’efficacia del tamoxifene, il trattamento chemioterapico contro il cancro al seno.
La farmacogenetica studia proprio la correlazione tra la variabilità genetica individuale con la risposta ai farmaci, ma lo scarso coinvolgimento di individui africani negli studi clinici genera una mancanza di riproducibilità dei loro risultati e la realizzazione di farmaci meno efficaci e sicuri per le popolazioni africane.
Inoltre gli afroamericani sono spesso considerati come sostituti degli africani, eppure questo gruppo etnico non è rappresentativo di un intero continente. Acquisire una maggiore consapevolezza riguardo la variabilità genetica dell'Africa e la sua rilevanza per il metabolismo e l'efficacia dei farmaci migliorerebbe la sicurezza e l’efficacia di molte terapie in uso. 

Verso un ruolo di primo piano nella ricerca in Africa
La mancanza di studi genomici su larga scala in Africa è il risultato di molti ostacoli tra cui la mancanza di infrastrutture di ricerca biomedica, i costi elevati di tale ricerca e i problemi logistici nell’approvvigionamento dei reagenti, l’assenza delle risorse computazionali e soprattutto la mancanza di un adeguato supporto per il settore della ricerca biomedica da parte dei governi africani.
La carenza delle infrastrutture di sequenziamento in Africa si è resa evidente durante la pandemia di Covid -19. Se si esamina il numero di sequenze virali SARS-CoV-2 depositate nel GISAID (una piattaforma internazionale che fornisce in tempo reale i dati genomici dei virus influenzali e altri patogeni) si nota che l’Africa ha contribuito con il minor numero di sequenze (circa il 2%) rispetto agli altri continenti. La maggior parte dei paesi africani ha generato poche sequenze (<500) e quasi il 40% di tutti i dati generati nel continente è stato depositato dal Sudafrica.
Fino a pochi anni fa la partecipazione di molti scienziati africani nella ricerca internazionale consisteva nella sola raccolta del campione e ancora adesso il reclutamento di particolari gruppi etnolinguistici può essere difficile, in alcuni casi proprio a causa di una sfiducia derivante da passate esperienze di sfruttamento nella stessa ricerca biomedica.
Tuttavia oggi una nuova generazione di ricercatori e ricercatrici sta guidando importanti iniziative come l’African Centre of Excellence for Genomics of Infectious Diseases (ACEGID) e il consorzio Human Heredity and Health in Africa (H3Africa), una fondazione finanziata dal National Institutes of Health degli Stati Uniti, dal Wellcome Trust del Regno Unito e la Società Africana di Genetica Umana (AfSHG).
Di particolare importanza per la Nigeria è l’iniziativa 54Gene nata nel consorzio NCD-GHS (Non-Communicable Diseases Genetic Heritage Study), che si pone come obiettivo di valutare l'impatto e le cause delle malattie croniche in 100.000 nigeriani (che coprono circa 300 etnie diverse).
Inoltre sono nati diversi comitati etici locali che svolgono un ruolo chiave nella revisione e approvazione delle proposte, garantendo il rispetto delle linee guida e l'attuazione di precisi requisiti, dal trattamento appropriato dei soggetti al pieno coinvolgimento delle parti interessate in tutte le fasi della ricerca.

L’attuale creazione di partenariati che promuovono la medicina di precisione nel continente consentirà infine migliori ricadute terapeutiche per l’Africa e garantirà la continua inclusione del genoma africano nella ricerca globale con grandi vantaggi per tutti.

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Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Cornelia Di Gaetano
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

19 gennaio 2023

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