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Epidemiologia, Terapie e Politiche sanitarie

Meno animali nella ricerca? Un modello in vitro per nuove terapie per la cura dell'occhio

Foto: Unsplash

La ricerca di nuovi medicinali prevede l’uso di modelli sperimentali sia in vitro sia in vivo durante la fase preclinica. La comunità scientifica, però, riconosce la necessità di limitare il più possibile il ricorso alla sperimentazione animale. In linea con questa posizione, abbiamo sviluppato un nuovo modello sperimentale che mima la struttura dell’occhio, permettendo di svolgere test preliminari sui farmaci per il trattamento di patologie oculari senza fare uso di animali.

Il glaucoma, la maculopatia, le retinopatie sono alcuni esempi di patologie oculari che possono provocare disturbi alla vista, anche di grave entità. Queste patologie possono interessare il segmento anteriore o posteriore dell’occhio. Gli approcci terapeutici sono molteplici e prevedono diverse vie di somministrazione: i farmaci possono essere instillati nel sacco congiuntivale, come nel caso dei colliri, o somministrati tramite iniezione nella zona intorno all’occhio, nell’interno dell’occhio, ovvero nel cosiddetto corpo vitreo, o a livello sistemico, nell’intero flusso sanguigno. Ognuna di queste vie di somministrazione è caratterizzata da diverse limitazioni e inconvenienti.

L’instillazione di colliri, pur rappresentando la via preferenziale per facilità d’uso, non è adeguata per il trattamento di patologie che interessano la regione anatomica posteriore dell’occhio composta da retina, umor vitreo e coroide. Il rilascio dei farmaci nel segmento posteriore dell’occhio attraverso l’instillazione è infatti ostacolato dalla presenza di numerose barriere anatomo-fisiologiche che rendono difficile il raggiungimento di dosi terapeutiche ottimali a livello di questo segmento.

D’altra parte la somministrazione sistemica, a causa del volume ridotto dell’occhio rispetto al resto del corpo e della presenza di barriere emato-retinali, richiede alti dosaggi di farmaco con possibile insorgenza di effetti collaterali. Per questo l’iniezione intravitreale è la via di somministrazione più comune e raccomandata nel trattamento di patologie del segmento posteriore. Tuttavia, la maggior parte dei farmaci viene eliminata rapidamente dall’occhio richiedendo ripetute iniezioni, non facilmente tollerate dal paziente.

Uno dei più importanti obiettivi della ricerca in ambito oculare è quindi lo sviluppo di sistemi terapeutici innovativi in grado di rilasciare i farmaci all’interno dell’occhio per un tempo prolungato. La maggior permanenza del principio attivo nel segmento posteriore diminuirebbe, infatti, la frequenza delle somministrazioni con conseguente diminuzione degli effetti collaterali, con una ricaduta positiva non solo sui pazienti, ma anche sul Sistema Sanitario Nazionale.

Lo studio di nuovi sistemi terapeutici oftalmici prevede l’uso di modelli sperimentali in vitro e in vivo durante la fase preclinica. I test sugli animali tendono a essere costosi e per motivi etici dovrebbero essere ridotti al minimo quando possibile, specialmente qualora forniscano informazioni limitate. Questo è il caso dei farmaci a uso oftalmico, dove vengono spesso utilizzati modelli animali con umor vitreo intatto, con risultati poco attendibili in quanto non tengono conto delle modifiche strutturali indotte dalla patologia, delle differenze legate all’età dell’umor vitreo e della variabilità tra le specie.

In questo contesto emerge il ruolo chiave dei modelli alternativi in vitro che consentono, in fase preclinica, di accelerare il processo di sviluppo e ottimizzazione dei medicinali, riducendone i costi e limitando il ricorso alla sperimentazione animale.

Partendo dall’idea di alcuni studiosi che avevano già progettato un modello di cella oculare a due compartimenti, il nostro gruppo (composto da Elena Peira, Simona Sapino, Marina Gallarate e Daniela Chirio) ha quindi progettato un modello di occhio umano costituito da una cella di plexiglass a tre compartimenti: camera anteriore, camera posteriore e camera retinica. I tre compartimenti sono delimitati da due dischi semipermeabili, di cui quello che separa la camera posteriore da quella retinica può agire da supporto per le cellule retiniche. Questo nuovo modello può essere riempito con un fluido che simuli l’umor vitreo dell’occhio umano: il foro di iniezione è situato nella camera posteriore, mentre il tubo di uscita è situato nella camera anteriore.

I tre compartimenti sono infatti assemblati a una distanza tale da riprodurre il flusso acquoso dell’occhio umano, per valutare il drenaggio di farmaci dall’occhio attraverso la parte anteriore e stimarne il tempo di permanenza nel segmento posteriore. Questo modello può essere usato nello studio preclinico di nuovi sistemi terapeutici intravitreali mirati al segmento posteriore dell’occhio, per valutare il profilo di rilascio dei farmaci, definirne il dosaggio e la frequenza di somministrazione.


IMMAGINI

un racconto di
Elena Peira
Simona Sapino
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

17 dicembre 2021

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