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Terra e Oceani

Dai satelliti, mappe affidabili per scoprire i resti dell'Antica Nubia

In primo piano i resti del tempio di Amon vista dalla cima del Jebel Barkal 

Se di solito la geologia in uno scavo archeologico ha il compito di valutare la stratigrafia del terreno in modo da aiutare l’archeologia ad assegnare una datazione corretta ai reperti rinvenuti, qui vi vogliamo raccontare un incontro più insolito tra queste due discipline: quello che porta alla costruzione di cartografie affidabili per organizzare lo scavo stesso. Un incontro che avviene anche sul terreno e che può portare a fare viaggi avventurosi in terre lontane.

Il suo pinnacolo rammentava il cobra del copricapo regale, e dentro il monte si pensava risiedesse il dio Amon, il Re degli dei. Stiamo parlando del Gebel Barkal, un rilievo che si erge presso l’odierna città di Karima, nel Sudan settentrionale, poco a valle della IV Cataratta lungo il Nilo. Lì si estendeva la città di Napata, capitale dell’antica Nubia, un regno che nel 730 a.C. circa invase l’Egitto dando origine così alla XXV dinastia, detta dei Faraoni neri, che dominò il paese fino al 656 a.C.. Fu un periodo di prosperità, di scambio e arricchimento reciproco tra le due regioni e le due culture: furono ampliati i templi e i palazzi di Napata e in Egitto furono erette costruzioni di tipo nubiano; la stessa religione egizia fu profondamente influenzata dal nuovo orizzonte africano. Dopo il ritiro dall’Egitto i sovrani di Napata mantennero una forte impronta della civiltà egizia, utilizzando la scrittura geroglifica e facendosi seppellire sotto le aguzze piramidi che oggi ritroviamo nella Nubia. Successivamente, durante l’impero romano, si sviluppò il regno meroitico, così detto dalla capitale Meroe. Napata rimase però una delle città principali, dove avvenivano ancora cerimonie di incoronazione, fino all’arrivo del cristianesimo, nel VI secolo.

Per una carta affidabile dello scavo
È in questo contesto che si muove la missione archeologica italiana presente nella regione da circa 30 anni che, più di recente, si sta sviluppando in una prospettiva multidisciplinare, integrando cioè metodi archeologici con quelli della geomatica, ovvero lo studio della terra con metodi informatici. Con questo approccio le missioni di scavo possono infatti trovare un valido supporto soprattutto per la generazione di cartografia di base e tematica, per la gestione dei dati all’interno di Sistemi Informativi Territoriali indispensabili e per la ricostruzione di scenari tridimensionali virtuali utili all’analisi e alla divulgazione degli studi archeologici.

L’obiettivo, oggi, è proprio quello di aggiornare la scarna e antica cartografia a partire dalle nuove immagini satellitari ad alta risoluzione disponibili. Per quanto riguarda gli scavi sulle tracce dell’antica Nubia, al Geositlab (GIS and Geomatics Laboratory) di UniTo abbiamo acquistato un’immagine satellitare multispettrale della zona di studio con una risoluzione sufficientemente grande per poter “vedere” le diverse aree ed elaborare una cartografia generale degli scavi. Lo scopo è quello di generare una “ortofoto” multispettrale, vale a dire un’immagine satellitare geometricamente corretta, cioè senza deformazioni, in modo tale che la scala dell’immagine sia uniforme e possa essere utilizzata come cartografia di riferimento. Inoltre, trattandosi di un dato satellitare multispettrale, l’immagine è stata registrata utilizzando anche le frequenze dell’infrarosso oltre alle frequenze di luce visibile. Il prodotto finale sarà un’immagine in falsi colori, che darà quindi la possibilità di percepire meglio le caratteristiche del suolo e della vegetazione.

Da Torino a Karima
Si tratta di un lavoro che, come quello dell’archeologo, è da condurre anche sul terreno con l’ausilio di strumenti specifici per la geolocalizzazione dei punti indispensabili all’“appoggio” dell’immagine satellitare. Nel nostro caso di studio occorreva recarsi in una regione purtroppo interessata da grossi problemi geopolitici che ci hanno dato qualche titubanza a partire. Ma, rassicurati dai colleghi archeologi sul fatto che la zona più rischiosa era quella del Darfour Sudanese, decidiamo di partire per una permanenza di un mese a Karima che si trova a 300 km a nord di Karthoum, capitale del Sudan.
L’avventura inizia con il viaggio stesso: partiti da Torino all’alba, dopo due scali - a Francoforte e a Il Cairo - una volta arrivati a Karthoum, abbiamo dovuto rassicurare le guardie della dogana sulla nostra “strana” attrezzatura. Finalmente la sera arriviamo in albergo dove ritroviamo il resto dei colleghi in arrivo da Roma: in totale un bel gruppo di una decina di persone.
Il giorno dopo è un’altra partenza all’alba: 350 km con un pulmino su pista sabbiosa per raggiungere la località di Karima sulla sponda nord del Nilo, pausa a metà strada in una improbabile “oasi” e arrivo in serata, dopo 12 ore di viaggio.

Dove andare a dormire?
Lo spirito di avventura non manca di certo al geologo, che però sa anche che ogni uscita sul terreno deve essere preparata bene, compresa la logistica. In questo caso però eravamo “ospiti” e abbiamo scoperto solo all’arrivo che nessuno aveva pensato ai nostri posti letto. Così, senza pensarci un attimo, il collega archeologo ci porta di fronte al portone della casa usata dalla missione dell’Università di Cassino: ci troviamo a bussare senza invito, a migliaia di chilometri da casa, al buio, sperando che qualcuno ci accogliesse.
Così è stato, per fortuna: tre colleghe della missione dell’Università di Cassino arrivate qualche giorno prima, fortunatamente avevano ancora posto. La più giovane, esperta di scavi, è proprio la collega che con me sta scrivendo queste righe!

I risultati ottenuti in quel mese di proficua collaborazione si sono dimostrati molto soddisfacenti sia per quanto riguarda l’accuratezza della cartografia generata, sia per quanto riguarda le analisi radiometriche sull’ortofoto. I dati hanno rivelato possibili nuove zone di scavo e/o di ampliamento di quelle esistenti tanto che siamo tornati l’anno successivo per fare una nuova campagna di terreno per migliorare la comprensione delle strutture sepolte a per verificare e collaudare le analisi sulle immagini satellitari.


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Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Luigi Perotti
Cinzia Zegretti
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

14 luglio 2023

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