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La mente umana e la sua complessità, Educazione e Linguaggio

Cambiamenti radicali. L’esperienza al Museum of Tolerance di Los Angeles

"Museum of Tolerance", Los Angeles. Foto: New York Times

Alcuni musei contemporanei presentano tecniche comunicative che favoriscono, attraverso un perfetto equilibrio tra descrizione e narrazione, lo sviluppo di un pensiero critico che va al di là dell’acquisizione di conoscenze. I musei di storia, per esempio, stimolano riflessioni su temi che ancora oggi minacciano le nostre democrazie. Al "Museum of Tolerance" di Los Angeles, il “discorso museale” diventa, attraverso percorsi inclusivi e interattivi, un efficace modello educativo e uno strumento significativo per la garanzia dei diritti umani. 

Insieme alle lingue e alla letteratura, i musei sono sempre stati una delle mie passioni. Ricordo che da bambino, in Umbria, andai con la scuola a visitare dei siti etruschi. Come spesso accade per i ricordi infantili, quelle immagini sono sfocate e a tratti inafferrabili, e quello che resta è più un ricordo sensoriale, o di uno stato d’animo. In quel caso, rammento molto bene l’odore di stantio e una forte umidità, una percezione che ha accompagnato la sensazione di uscire dal tempo. Non in senso trascendentale o esoterico, ma in senso squisitamente emotivo, quello che un bambino può percepire se catapultato tra oggetti e spazi totalmente estranei che però gli vengono raccontati - in maniera efficace - tramite le storie vissute intorno a quegli oggetti. In realtà spesso quelle visite erano troppo sterili, fatte di storie narrate in modo meccanico da una guida che ripeteva le stesse parole, giorno dopo giorno, come una sorta di elegante e impeccabile robot. E poco sarebbe poi rimasto in quei bambini. Se non forse l’odore di stantio...

Ancora oggi permane l’idea che visitare musei sia noioso [come ci racconta qui Tugce Karatas, NdR], nonostante il cosiddetto “cambiamento di paradigma” della museologia iniziato negli anni novanta, quando i musei iniziarono a riconsiderare le tecniche comunicative per descrivere e raccontare i loro contenuti. Oggi, i musei più innovativi si prefiggono non tanto di favorire un’uscita dal tempo, ma di alimentare nel pubblico una sorta di continuum temporale che unisce il passato e il presente e che, attraverso pratiche inclusive e interattive, stimola nel pubblico dei cambiamenti interiori che saranno poi cambiamenti futuri nella società. Non è un caso che molti di questi musei utilizzino narrazioni legate all’idea di percorso, di viaggio, di mutazione e proiezione verso il futuro, anche quando, per esempio, si tratta di musei di storia che, di fatto, narrano soprattutto il passato.

In quanto responsabile del Progetto di Ricerca di Ateneo Museum Discourse. Towards Socio-cultural Inclusiveness, finanziato dalla Compagnia San Paolo, ho avuto l'occasione di viaggiare e condurre analisi in musei internazionali, sia nel Regno Unito sia negli Stati Uniti. Tra le varie tappe (che hanno incluso Londra, New York, Miami), Los Angeles è stata forse la più interessante per la molteplicità di approcci che presenta dal punto di vista della comunicazione museale. Il progetto, infatti, verte sull’analisi dei linguaggi multimodali e multimediali dei musei contemporanei (in lingua inglese), studiati attraverso le metodologie della linguistica applicata, la sociolinguistica, l’analisi critica del discorso e la narratologia cognitiva. Uno di questi musei in cui ho condotto la mia ricerca, forse uno dei più innovativi in questo senso, è il "Museum of Tolerance" di Los Angeles. Il museo nasce come istituzione per i diritti umani e il suo obiettivo, partendo da una capillare ricostruzione dell’Olocausto, è di narrare temi come il razzismo, il discorso dell’odio, il cyberbullismo, l’omofobia. Si tratta dunque di un modello molto utile per riflettere su pratiche discorsive inclusive sia dal punto di vista strettamente museale, sia da quello didattico in senso più ampio.

L’Holocaust Exhibit, per esempio, è una rappresentazione/narrazione drammatica di settanta minuti, da seguire in gruppo, che copre gli eventi dal 1920 al 1945. Durante il percorso comune, ogni visitatore ha la possibilità di seguire anche un percorso personale: ognuno riceve infatti il passaporto di un bambino e, durante le tappe, attraverso un sistema di lettura digitale, il passaporto permette di accedere alla storia personale del bambino, il cui destino è poi rivelato alla fine del percorso e delle scene teatrali. La doppia narrazione parallela, dunque, favorisce non solo un impatto emotivo dirompente, sfruttando tutti gli elementi del pathos aristotelico, ma anche un’esperienza cognitiva dall’elevatissimo potenziale di memorabilità.

Un altro display, legato alla società attuale, è The Point of View Diner, la ricreazione di una tipica tavola calda anni 50 che serve un menu di “argomenti di conversazione” da scegliere su appositi juke box posizionati ai tavoli. Ogni juke box permette di scegliere un tema che viene poi proposto attraverso video, interviste e altri materiali sul display del juke-box stesso. Alla fine, ognuno riceve un questionario con domande chiuse e aperte, le cui risposte sono poi proiettate, per tutti, su uno schermo, insieme alle risposte dei visitatori precedenti. Si tratta, in tutti i casi (la lista delle mostre è davvero lunga), di modalità narrative che favoriscono non solo il diretto coinvolgimento del pubblico perché accattivanti e interattive, ma che permettono sempre lo sviluppo di un pensiero critico personale e che alimentano lo scambio tra le storie personali di ognuno e la storia generale del paese, sempre in continua oscillazione tra passato, presente e futuro. È un’interattività che è soprattutto interazione e che è sempre comunicata in modo accessibile ma mai banale, attraverso un linguaggio che facilita temi spesso complessi ed evita toni sensazionalistici.

I dati raccolti, al momento in corso di pubblicazione, sono stati presentati durante una conferenza internazionale tenutasi nel febbraio 2020 a Torino (presso il mio Dipartimento di Culture, Politica e Società) alla quale hanno partecipato studiose/i di linguistica e analisi del discorso, insieme a vari membri dello staff di musei piemontesi.


IMMAGINI

un racconto di
Federico Sabatini
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

02 marzo 2021

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