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Nuove narrazioni in risposta alle paure collettive europee

foto: Mustafa Yalcin, Anadolu Agency, Getty Images / Aleandro Biagianti, Agf / Marcos Moreno, Afp / Bernadett Szabo, Reuters

In questo periodo di elezioni europee riemerge la questione sul ruolo dei discorsi sulla percezione che la cittadinanza ha dell’Unione e che porta spesso a disaffezioni e a paure collettive (dei migranti, dei populismi, ecc.). Per rispondere abbiamo organizzato iniziative e compiuto ricerche per il Centro Studi sull’Europa TO-EU di CPS/UniTO.

Nella misura in cui l’Europa è stata contestata, accusata e condannata, essa è spesso oggetto di numerosi discorsi critici. Alcuni controdiscorsi sono percepiti come progressisti, altri come reazionari. Tutti partecipano a una cacofonia critica che i ricercatori propongono di superare analizzando le logiche, gli argomenti, gli immaginari, i generi, i registri e le formule che riflettono le paure che accompagnano l’integrazione europea».

Questo estratto tradotto dal sito dell’Osservatorio dei discorsi d’Europa dell’Université de Franche-Comté (Besançon), che si è dotato ormai di portale dedicato, sintetizza bene la domanda che mi sono posta assieme a colleghe e colleghi del mondo della ricerca francofona e anglofona. Insieme abbiamo creato una rete di ricerca che dal 2013 organizza un workshop internazionale biennale (a Besançon nel 2013, a Bruxelles nel 2015, a Torino nel 2017, a Bucarest il prossimo 24-25 ottobre) per discutere su questioni inerenti alle tematiche individuate come prioritarie, come ad esempio la recente diffusione dei populismi in molti paesi dell’Unione europea.

In particolare a Torino, presso il Dipartimento di Culture, Politica e Società si è costituito nel 2014 il gruppo di ricerca Centro Studi sull’Europa (TO-EU) che dirigo e che è presieduto dal prof. Umberto Morelli. Il Centro porta avanti varie analisi di tipo interdisciplinare con diversi progetti di ricerca, come il recente No Fear for Europe che è ancora in corso, e lavora molto sui discorsi e controdiscorsi d’Europa.

Queste ricerche sono state pubblicate in un recente volume su Discourses and counter-discourses on Europe e nei primi numeri semestrali della rivista De Europa. Dall’ultimo numero scaricabile on line emerge come la mancanza di narrazioni identitarie comuni, e perciò di una narrazione dell’Europa, non permetta agli Europei di riconoscersi in una memoria collettiva, che fatica a costruirsi intorno a valori post-materialisti. In questo senso, la paura gioca indubbiamente un ruolo importante come operatore di coesione, ma il più delle volte sembra agire come un operatore “disforico”, finendo per frammentare lo spazio pubblico europeo e per alimentare una sorta d’“incomunicabilità” che trasforma i confini nazionali in muri. In altre parole, la paura trova terreno fertile in un discorso che produce rappresentazioni collettive nelle quali l'Europa non è mai un oggetto euforico condiviso del quale ci si possa appropriare e che innesca quel processo di europeizzazione alla base di un'identità europea cosmopolita.

A questo proposito, è fondamentale che i media trasmettano nuovi contenuti e che, di conseguenza, inaugurino nuove memorie discorsive; non si deve neppure sottovalutare la necessità di un cambiamento dall’alto, per intenderci nella retorica delle istituzioni europee e delle politiche culturali auspicate, cosa che senza dubbio faciliterebbe una nuova percezione dell'Europea stessa.
Occorre quindi formulare nuovi discorsi per inaugurare uno spazio pubblico veramente europeo.

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Rachele Raus
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

02 aprile 2019

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