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Bioetica e tutela degli animali: un ritorno alle origini per guardare al futuro

Foto: Unsplash

La “bioetica” nasce in origine come “scienza della sopravvivenza” dell’essere umano alle conseguenze delle sue stesse azioni sulla natura. Oggigiorno però, una prospettiva che consideri la vita umana al di sopra delle altre non è più accettabile e la fauna necessita di un riconoscimento etico, nell’ambito di un lavoro interdisciplinare che integri scienze dure e scienze umane.

Quando si pensa alla bioetica il riferimento corre subito a una disciplina fortemente incentrata sull’essere umano. Fecondazione assistita, trapianto di organi ed eutanasia sono alcuni dei temi più evocativi, di cui abbiamo parlato in Dono di capacità riproduttiva: un modello per il diritto di famiglia e Il fine vita tra morale, tecnologia e diritto: la società non può attendere. La bioetica, tuttavia, ha delle origini molto più ampie e peculiari.

Convenzionalmente si attribuisce la paternità del nome bioethics a Van Rensselaer Potter, biochimico statunitense impegnato nella ricerca oncologica nei primi anni ’70 del secolo scorso. A onore di precisione, un primo articolo dal titolo Bio-Ethics: A Review of the Ethical Relationships of Humans to Animals and Plants era stato pubblicato già nel 1927, dal filosofo Fritz Jahr. Jahr costruì un “imperativo bioetico” di matrice kantiana, con conseguenti obbligazioni morali nei confronti di ogni forma di vita, umana e non. Il pensiero di Jahr non ebbe grande successo, ma delle importanti eco si rintracciano nel lavoro di Van Rensselaer Potter, specialmente nell’articolo Bioethics. The science of survival (1970) e nel libro Bioethics. Bridge to the future (1971).

La premessa del pensiero di Van Rensselaer Potter può essere riassunta nella preoccupazione etica, specialmente in chiave intergenerazionale, riguardo al crescente impatto delle tecnologie umane sull’ambiente, inteso come insieme di elementi animati e non. Mancavano nella società sia una coscienza etica collettiva, sia una conoscenza solida delle possibili conseguenze di un intervento massivo su fauna e flora da parte dell’essere umano. Per Potter era necessario acquisire una nuova consapevolezza dei rischi ambientali, rivolta a garantire un futuro alla specie umana (da cui science of survival, ossia “scienza della sopravvivenza”).
Come? Grazie a una convergenza di saperi e sforzi tra scienze umane e scienze dure, tra etica e biologia, tanto per lo studio dei fenomeni nocivi per l’ambiente, quanto per la ricerca di soluzioni efficaci.

Oggi più di allora è importante tornare a questa accezione di bioetica “delle origini”, ma con un senso più ampio. Una bioetica che sia volta alla ricerca di soluzioni per la sopravvivenza non solo dell’essere umano, ma di tutte le componenti della biosfera e in particolare delle specie selvatiche. Oltre che per l’ambito della ricerca scientifica, questo approccio può rivelarsi una scelta fruttuosa anche per la divulgazione, che può accrescere la consapevolezza della società sulle minacce alla biodiversità e sulle possibili azioni conservative da attuare a livello individuale, e per la costruzione di valide politiche pubbliche, che troppo spesso sono ancora cieche alle evidenze scientifiche più supportate.

In conclusione, se l’impostazione iniziale della bioetica aveva comunque il suo focus sull’essere umano e sulla sua sopravvivenza, oggigiorno non è più eticamente accettabile la prospettiva di preminenza della vita umana sulle altre. Quindi, se da un lato la preservazione della fauna è stata raccontata negli ultimi due anni come necessità per evitare nuove zoonosi (il salto di specie di un agente patogeno, come è stato per Sars-CoV-2), dall’altro appare imprescindibile abbandonare questa visione utilitaristica. Nell’Antropocene, infatti, un metodo di ricerca e di definizione di politiche pubbliche orientato alla valorizzazione del solo vissuto umano non appare più condivisibile e la fauna necessita indubbiamente di un riconoscimento etico, nell’ambito di un lavoro interdisciplinare di integrazione dell’etica, delle scienze dure e del diritto.

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Tullia Penna
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

17 marzo 2022

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