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Dilemmi sociali: promuovere la cooperazione con la Teoria dei Giochi

Fotogramma tratto da A Beautiful Mind , film di Ron Howard in cui Russell Crowe interpreta il matematico e premio Nobel John Nash

Attraverso la modellizzazione e l’analisi degli incentivi individuali, la Teoria dei Giochi può contribuire al disegno di politiche e meccanismi che stimolino l’adozione di comportamenti cooperativi e siano dunque in grado di portare benefici a tutti gli agenti coinvolti.

Resa celebre dal film “A Beautiful Mind” di Ron Howard, che racconta la vita di John Nash, uno dei suoi padri fondatori, la Teoria dei Giochi studia le interazioni strategiche tra agenti, cercando di modellizzare gli incentivi degli attori coinvolti con l’intento di prevederne l’esito. Ha ampie applicazioni non solo in economia (il mio ambito di studio) ma anche in molte altre discipline tra cui le scienze politiche (si pensi ai quotidiani “giochi” tra esponenti politici volti a conquistare maggiore consenso), le scienze naturali (conquista e difesa dei territori di caccia, tecniche di corteggiamento, evoluzione delle specie) e militari (analisi dei conflitti e sostenibilità degli accordi di pace).
Per i campi d’indagine e l’approccio strategico-deduttivo, la disciplina si presta anche a frequenti “apparizioni” cinematografiche (dai precursori Dottor Stranamore e Giochi di Guerra fino al più recente 21-BlackJack, passando per il già citato A Beautiful Mind) e televisive (Numb3rs, Friends, Southpark, ecc.).

Spesso si pensa che la Teoria dei Giochi “serva” solo ad analizzare situazioni nelle quali gli interessi dei giocatori siano in conflitto e dunque ci debbano necessariamente essere dei vincitori e dei vinti. In realtà, il campo di indagine è molto più ampio e comprende anche l’analisi di tutti quei contesti in cui gli interessi dei giocatori sono allineati. In questo caso l’adozione di comportamenti cooperativi può portare benefici per tutti.

Una mia recente ricerca (progetto in collaborazione con Ignacio Monzón, collega del Collegio Carlo Alberto di Torino) indaga quali aspetti istituzionali possano facilitare la cooperazione all’interno dei cosiddetti “Dilemmi Sociali”. In un dilemma sociale gli interessi individuali e collettivi sono in contrasto. In un tipico esempio, gli agenti coinvolti devono decidere se contribuire alla realizzazione di un progetto utile alla collettività e dal quale dunque anche essi trarrebbero beneficio, per esempio, la costruzione di una nuova biblioteca. Tuttavia, contribuire al progetto comune è costoso in termini di soldi, tempo, fatica, ecc. Ogni agente ha dunque un incentivo a defilarsi, sperando che siano altri a sostenerne il costo (in gergo, fanno free-riding). Il progetto dunque non viene realizzato, una soluzione subottimale dal punto di vista sociale.

Cooperation in Social Dilemmas through Position Uncertainty è un nostro recente articolo in fase di pubblicazione su The Economic Journal i cui risultati ribaltano la situazione appena descritta. Dimostriamo infatti come un meccanismo in cui ciascun agente debba decidere se contribuire o meno al progetto comune, senza sapere quale posizione occupa nella sequenza delle decisioni (position uncertainty appunto), e avendo solo informazioni parziali sulle decisioni prese dai propri predecessori, possa effettivamente sostenere la piena cooperazione da parte di tutti i partecipanti come soluzione di equilibrio.
Il nostro risultato ha dunque importanti implicazioni per la sostenibilità di comportamenti virtuosi e per il disegno di meccanismi di fundraising.

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Andrea Pier Giovanni Gallice
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

31 maggio 2019

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