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Quanto vale una foresta?

Foto: Luis Del Río Camacho / Unsplash

Boschi sani offrono utilissimi servizi al territorio contro i rischi naturali, favoriscono l’aumento della biodiversità vegetale e animale e contribuiscono alla bellezza del paesaggio. Quantificare da un punto di vista economico questi benefici è il nostro compito: forniamo strumenti ai decisori politici e ai tecnici per una corretta gestione del rischio, soprattutto in aree montane.

Il futuro delle aree montane è incerto, poiché la crisi climatica in corso sta facendo crescere intensità e frequenza degli eventi meteorologici estremi e dei conseguenti rischi naturali di queste aree fragili. Condizioni a cui si sommano le mutate esigenze socio-economiche, con una forte polarizzazione che vede da un lato un aumento della frequentazione turistica di alcune aree e, dall’altro, il progressivo spopolamento delle aree interne e il conseguente abbandono di molte attività agro-forestali e della gestione del territorio. In entrambi i casi sono in gioco il futuro e la stabilità di questi territori (Howard and Sterner 2017; UNISDR 2015).

Nasce quindi la necessità di fornire soluzioni capaci di garantire la resistenza e la resilienza delle aree montane. Per resistenza si intende la capacità di un sistema di resistere a una pressione o disturbo generati da un fattore esterno, mentre la resilienza è la capacità di un sistema di ritornare allo stato antecedente al disturbo (come bene illustrato anche in Lessico e Nuvole, le parole del cambiamento climatico, pagg. 128-129, ndr.).

Storicamente, le soluzioni adottate per prevenire o mitigare gli effetti dei rischi naturali (quali valanghe, caduta massi e frane superficiali) sono state di due tipi: le opere ingegneristiche, come ad esempio le reti paramassi, i ponti da neve e le briglie selettive, ossia opere dotate di ottima resistenza, ma scarsa o nulla capacità di adattamento alle variazioni nei rischi naturali; e le foreste di protezione che, se opportunamente gestite, sono capaci di offrire contemporaneamente buoni livelli di resistenza e di resilienza, oltre a fornire una serie di altri benefici quali la bellezza del paesaggio, lo stoccaggio della CO2 e l’aumento della biodiversità vegetale e animale.

Per fornire questi servizi il bosco va gestito con interventi selvicolturali, come ad esempio diradamenti, tagli a buche, rimboschimenti e tagli a scelta colturale.
In tale contesto si colloca il progetto GreenRisk4Alps, inserito all’interno del framework dei progetti europei Interreg Alpine Space. Indirizzato a valutare il servizio di protezione svolto dalle foreste per aiutare i decisori politici a quantificare i benefici forniti da queste, il progetto cerca di rispondere alla domanda di sicurezza espressa dagli abitanti dei territori montani, con soluzioni efficienti che confrontano costi e benefici delle opere ingegneristiche, assieme a quelli ottenuti dalla gestione delle foreste di protezione.

La nostra ricerca, che include diversi casi studio, tenta di fornire strumenti e modelli capaci di supportare i decisori e i tecnici durante i processi di scelta nella gestione del rischio e, nel contempo, di sensibilizzare la società civile verso tali aspetti.
Nello specifico io mi occupo di economia forestale e ho contribuito allo sviluppo di ASFORESEE, un modello economico per valutare il servizio di protezione offerta dalla foresta nei confronti della caduta massi. Ve ne parlerò nel prossimo racconto di ricerca! 

Gruppo di lavoro:
Stefano Bruzzese, Simone Blanc, Cristian Accastello, Francesca Poratelli e Filippo Brun (responsabile della ricerca)

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Stefano Bruzzese
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

15 luglio 2020

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