Perché invecchiamo? Una possibile risposta da uno studio sulla cataratta infantile
Comprendere il funzionamento dell’orologio interno che ci porta a invecchiare è tutt’oggi una sfida per la biologia molecolare. Una ricerca targata UniTo e pubblicata su Science offre una nuova chiave di lettura a partire dalla scoperta di una condizione genetica rara che provoca la cataratta infantile. Ne abbiamo parlato con il professore Emilio Hirsch, del Dipartimento di Biotecnologie, a capo del gruppo di ricerca che ha firmato lo studio.
Perché invecchiamo? È una cosa così naturale che la domanda può suonarci strana, eppure… Cosa sappiamo dell'invecchiamento?
È una domanda fantastica anche se non abbiamo tutte le risposte, difatti è la sfida della biologia molecolare del futuro. Ad oggi sappiamo che le cellule a un certo punto del loro ciclo vitale e se danneggiate da particolari fattori esterni, possono smettere di replicarsi, cambiando forme e funzioni: è il fenomeno della senescenza, un meccanismo di difesa dai tumori e che è correlato anche all’invecchiamento dell’intero organismo. Quindi l’ambiente sicuramente provoca dei cambiamenti che ci fanno invecchiare, però c'è anche qualcosa che agisce dentro di noi, una sorta di orologio biologico e dobbiamo ancora capire bene il funzionamento dei suoi ingranaggi.
Con i vostri studi avete aggiunto un tassello importante. Cosa avete scoperto?
Abbiamo provato a collegare due processi biologici che in apparenza non c'entrano nulla l'uno con l'altro ovvero la proliferazione delle cellule da un lato, che da anni studiamo per capire e conoscere il cancro, e l'invecchiamento cellulare dall’altro. Siamo partiti da due proteine di nostra conoscenza, PI3K-C2alpha e VPS36: sono due interruttori molecolari fondamentali nel passaggio da una cellula a due cellule figlie perché controllano che tutto vada per il verso giusto. Quello che abbiamo scoperto è che se questo processo rallenta o si blocca, perché ad esempio PI3K-C2alpha e VPS36 sono scarse, si attiva invece il programma di senescenza, smettono di funzionare i sistemi di riparazione per cui si accumulano danni che portano all’invecchiamento.
Come ci siete arrivati?
Abbiamo saputo dell'esistenza di pazienti con un difetto genetico rarissimo: sono quattro bambini in tutto il mondo, due in Germania e due in Israele, nati senza questi interruttori molecolari e tutti presentano malanni tipici della vecchiaia come la cataratta, che si verifica quando il cristallino si opacizza, quindi non filtra bene la luce e la vista diventa appannata. È un disturbo invalidante per cui l’unico rimedio ad oggi è l’intervento chirurgico. Per motivi che ancora ci sfuggono, se le due proteine tendono a diminuire, le cellule del cristallino entrano in senescenza e invecchiano precocemente.
La storia dei bambini con questa condizione rara è molto curiosa. Come ne siete venuti a conoscenza?
Tutto ha inizio da un esperimento fallito. Qualche anno fa abbiamo provato a generare in laboratorio un topolino geneticamente modificato senza i nostri due interruttori, ma non ci siamo riusciti: il topolino non è mai nato. Non siamo in tanti a studiare i due interruttori, la comunità è piccola e le voci girano, così siamo venuti in contatto con il gruppo di genetisti israeliani che ci hanno detto dei loro pazienti. È stata una sorpresa, non ci sembrava possibile che dei bambini potessero sopravvivere dal momento che il topolino, con cui condividiamo ben il 94% del patrimonio genetico, non era proprio nato. Da lì è iniziata una bella collaborazione e ci siamo concentrati sullo studio del cristallino. Nel frattempo, un gruppo di ricercatori americani ci ha comunicato che anche alcuni zebrafish su cui stavano lavorando erano sprovvisti degli interruttori molecolari. Ovviamente ci siamo appassionati anche a questa storia e abbiamo scoperto che persino i pesciolini soffrono di cataratta.
Che spiegazione vi siete dati?
Bisogna fare intanto una premessa: la divisione cellulare è uno dei processi fondamentali della vita e tutte le cellule utilizzano i due interruttori molecolari. Tuttavia le cellule hanno anche un piano b (e c e anche d!), nel caso gli interruttori non dovessero funzionare, per portare a termine comunque il processo di divisione. Ecco, tutte le cellule hanno piani alternativi tranne quelle del cristallino. Quindi quando il processo di divisione della cellula si blocca, scattano invece gli ingranaggi dell'orologio biologico. Perché manca il piano b? Questa è la domanda a cui cercheremo di rispondere nel futuro!
Un'altra domanda ancora senza risposta è perché nei topi, che sono mammiferi molto simili a noi, i due interruttori sono fondamentali alla vita, mentre non è stato così per i quattro bambini di cui siamo a conoscenza. Il motivo, ipotetico anche in questo caso, potrebbe essere legato alla presenza di un'altra mutazione genetica che combinata alla prima ha reso possibile la nascita e la sopravvivenza di questi bambini. Ciò spiegherebbe anche la rarità di questa condizione, perché dovrebbero essere presenti ben due mutazioni genetiche contemporaneamente.
Tutto questo è davvero molto affascinante e non vediamo l’ora di saperne di più! Intanto, da questi primi studi che tipo di applicazioni vi aspettate? Qual è l'impatto di questa ricerca?
I risultati che abbiamo raggiunto sono cosiddetti di base: abbiamo ampliato le conoscenze sul perché compare una malattia come la cataratta. Dunque lo studio ha sicuramente un potenziale traslazionale e quando avremo approfondito ulteriormente potrebbe avere delle ricadute positive per la prevenzione e la cura della cataratta. E non solo… Mi viene in mente ad esempio il Covid-19. Sembra assurdo, ma non lo è. Lo scopo del virus è quello di moltiplicarsi all'interno delle cellule (per poi staccarsi da queste e diffondersi nell'organismo) e questo processo è molto simile alla nostra citochinesi, al processo di divisione cellulare. Ora, immaginiamo i due interruttori molecolari che abbiamo studiato come delle forbicine che tagliano il cordone ombelicale che tiene legata la cellula figlia alla cellula madre. Se, proseguendo questo esercizio mentale, sostituiamo la cellula figlia con una particella virale, possiamo pensare che capire come funzionano gli interruttori possa portare a un farmaco che blocchi la formazione di particelle di SARS-cov2. Certo qui il confine tra scienza e fantascienza si fa labile, ma non è detto che la cosa sia impossibile.
Un giorno forse lo leggeremo su Science! A proposito, cosa si prova a vedere il proprio lavoro su una prestigiosa rivista scientifica?
Beh fa un certo effetto, anche perché non faccio tutte queste interviste di solito! Il nostro è un lavoro molto lungo e che richiede una pazienza infinita perché i risultati non sono immediati. Già quasi cinque anni fa avevamo sottoposto parte del nostro lavoro a Science, ma è stato solo con la scoperta dei quattro pazienti che abbiamo suscitato l'interesse della rivista. Non è stato comunque facile raggiungere questo traguardo: i referee ci hanno chiesto di fare numerosi ulteriori esperimenti. Bene, nonostante fossero molto difficili, alla fine li abbiamo portati a termine (saltando le vacanze estive!) e ottenuto così la pubblicazione dell’articolo. E pensare che prima avevamo sottoposto il lavoro a una rivista minore che non lo aveva accettato. Di solito a questo punto si propone l'articolo a una rivista di grado inferiore, ma credevamo molto nel nostro lavoro e non ci sembrava giusto. Così abbiamo ritentato con Science e stavolta con successo!