Diversamente uguali di fronte all’immunoterapia: il ruolo inaspettato degli estrogeni
La parità di genere è un concetto fondamentale in vari contesti. E in medicina? Come impatta il genere in un paziente oncologico? Ci sono tumori legati al genere come il tumore all’ovaio o quello della prostata. Ma per gli altri tumori, essere maschio o femmina fa differenza nel decorso terapeutico? Il nostro progetto di ricerca ci porterà a scoprire come il genere abbia un peso nella risposta all’immunoterapia del tumore al polmone, richiedendo quindi il ricorso alla medicina personalizzata per tenere conto di questa differenza e ristabilire la parità sul buon esito della terapia.
Due sono gli elementi che hanno rivoluzionato l’approccio alla malattia oncologica negli ultimi anni: la medicina di precisione e l’immunoterapia. La prima, nata dalla comprensione del fatto che ogni paziente, pur con lo stesso tipo di tumore e lo stesso stadio di malattia, è diverso, ha portato a trattamenti sempre più “ritagliati” sulle caratteristiche del singolo paziente, più efficaci e meno tossici. L’immunoterapia, ossia la possibilità di riarmare il sistema immunitario del paziente fiaccato dal tumore, facendolo passare al contrattacco, ha radicalmente cambiato la terapia in alcuni tumori.
Tuttavia con il progredire degli studi clinici coronati da successi, ci si è imbattuti anche in insuccessi: alcuni pazienti rispondevano alle terapie, altri no. Inaspettatamente, nel caso dell’immunoterapia si è visto che pazienti maschi e femmine hanno spesso una diversa risposta, a parità di qualsiasi altro fattore legato al tumore. Analizzando decine di studi clinici che riportavano l’efficacia dell’immunoterapia in maschi e femmine affetti da tumore polmonare, abbiamo trovato i risultati più disparati e contrastanti…un vero rompicapo!
Per cercare di risolverlo, abbiamo guardato ai pazienti che avevamo iniziato a trattare con l’immunoterapia a Torino. Abbia dissezionato ogni singola caratteristica del paziente per porla in correlazione con la risposta o la non risposta all’immunoterapia. Dopo molti tentativi infruttuosi, abbiamo “pescato” un gene, chiamato ESR1, la cui espressione era un buon indice di risposta all’immunoterapia indipendentemente dal genere. Quale proteina era prodotta da ESR1? Il recettore degli estrogeni!
Questa è stata una sorpresa per tutti: nessuno di noi si aspettava di trovare espresso il recettore degli estrogeni nel tumore polmonare, che normalmente non è considerato un tumore dipendente da ormoni. Non era finita qui: c’erano tumori di maschi con alti livelli di recettore degli estrogeni che rispondevano bene come alcuni tumori delle femmine, e c’erano tumori di femmine con bassi livelli di recettore degli estrogeni che rispondevano male come alcuni tumori dei maschi. Non era il genere, ma era il livello di recettore degli estrogeni che ogni paziente aveva nel suo tumore a determinarne la risposta all’immunoterapia.
Ma c’era ancora qualcosa in più: modulando l’attività del recettore degli estrogeni, tramite farmaci che sono adottati oggi per il tumore della mammella o per il tumore dell’ovaio, riuscivamo a migliorare la risposta all’immunoterapia, sia nei maschi che nelle femmine. Gli studi sono appena iniziati ma potrebbero portare alla costruzione di un’immunoterapia personalizzata, basata sul genere.
Insomma, maschi e femmine sono diversamente uguali di fronte all’immunoterapia: modulando la biochimica del tumore riusciamo ad azzerare le differenze di genere, garantendo la migliore efficacia auspicabile dell’immunoterapia e raggiungendo - anche nel campo delle cure oncologiche - quella parità di genere che sempre si invoca.