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Cibo, Agricoltura e Allevamenti

Chi ha detto che agricoltura e allevamenti inquinano le acque?

Foto: Andrea Cairone / Unsplash

Agricoltura e allevamento vengono spesso accusati di minacciare la qualità delle acque dei fiumi e delle falde. In realtà, l’uso di prodotti potenzialmente nocivi, quali fitofarmaci e liquami, è strettamente normato ed esistono buone pratiche di gestione che rendono il loro uso sicuro per l’ambiente. Ne abbiamo parlato con Francesco Vidotto del DISAFA e Laura Zavattaro del Dip. di Scienze Veterinarie.

Spesso si legge che l’agricoltura inquina l’acqua con pericolose sostanze di sintesi chimica e puzzolenti liquami animali e che, oltre a passare all’agricoltura biologica, la sola reputata in grado di rispettare l’ambiente, bisognerebbe smettere di consumare prodotti animali. Ma andiamo per ordine.
Professor Vidotto, innanzitutto, l’agricoltura inquina sempre e comunque?

Dobbiamo partire dalla consapevolezza che ogni attività umana può determinare impatti sull’ambiente e che l’agricoltura non fa eccezione, anche se è sbagliato dire che agricoltura moderna è sinonimo di inquinamento. Forse non tutti lo sanno, ma l’uso dei prodotti fitosanitari (i cosiddetti “pesticidi”) è strettamente regolato da norme europee che sono in assoluto le più rigide al mondo e le più attente ai potenziali impatti sull’ambiente. Tutti gli agricoltori, per poter acquistare e utilizzare questi prodotti, devono obbligatoriamente seguire corsi specifici e superare un esame. Anche i macchinari impiegati per la distribuzione dei prodotti fitosanitari sono sempre più sofisticati e vengono dotati di dispositivi per ridurre il rischio di inquinamento.

Ma allora va tutto bene?
Nonostante tutte le attenzioni, può verificarsi che residui di prodotti fitosanitari si trasferiscano dai campi in cui sono applicati ai corsi d’acqua. Questo avviene prevalentemente a seguito del cosiddetto “ruscellamento”, ovvero lo scorrimento sul terreno di acqua durante e subito dopo le piogge: l’acqua di ruscellamento può giungere sino ai corpi idrici, portando con sé residui di prodotti che non hanno ancora avuto il tempo di degradarsi del tutto. Per fortuna esistono molte misure che possono ridurre o eliminare questo fenomeno. Nelle nostre ricerche abbiamo visto che a volte si tratta di semplici accorgimenti agronomici, come per esempio evitare di affinare eccessivamente il terreno prima della semina. In altri casi si possono realizzare delle strisce inerbite larghe pochi metri lungo in corsi d’acqua, in grado di “filtrare” eventuali flussi di ruscellamento.

Dottoressa Zavattaro, cosa ci può dire invece riguardo agli allevamenti? Le deiezioni animali inquinano le acque?
Anche qui bisogna affidarsi ai numeri e non a facili pregiudizi. Innanzitutto va specificato che i grossi problemi sono due: le deiezioni animali possono arricchire le acque di falda di azoto in forma nitrica per percolazione profonda, e quelle superficiali di fosforo, a seguito di ruscellamento. I nostri studi confermano che i liquami zootecnici, se ben gestiti, non determinano affatto inquinamento di azoto delle falde, anzi, grazie al fatto che rilasciano gli elementi nutritivi più lentamente, permettono alla pianta di assorbirne maggiori quantitativi rispetto ai concimi minerali. Tutto sta nella buona gestione: una lunga filiera di gestione dei reflui che va dalla produzione (corretta alimentazione del bestiame per ridurre le escrezioni) allo stoccaggio (ridurre i volumi, evitare perdite di azoto in atmosfera), alla distribuzione (al momento più opportuno, nella giusta dose, evitando dispersioni, interrando prontamente), alla localizzazione (risparmiando i margini dei campi). In più, arricchiscono il suolo di carbonio (sequestro di C) e aumentano la biodiversità dei microrganismi che vivono nel suolo. Senza il ritorno al suolo delle deiezioni zootecniche, i cicli dei nutrienti non si chiuderebbero e i suoli si impoverirebbero di vita. Fare l’agricoltore è un mestiere difficile! Farlo bene richiede tante conoscenze e aiuto da parte della ricerca (per approfondire questo tema leggi anche È possibile ridurre l’inquinamento delle acque senza rinunciare agli allevamenti? NdR).

Le regolamentazioni di cui parlate sono diffuse e consolidate in Italia. Cosa ci potete dire dell’Europa e dei prodotti extra-UE? In qualità di consumatori, come facciamo a essere sicuri di fare acquisti che provengono da filiere davvero sostenibili come quelle che descrivete voi?
Le regolamentazioni in atto nei diversi Stati Membri sono il recepimento di direttive comuni a tutta l’Unione Europea, per cui i vincoli alle attività agricole sono simili nel nostro continente, pur con adattamenti alle situazioni locali. Molti Stati Membri hanno legislazioni ambientali più stringenti della nostra, altri meno. Anche se ormai pare che solo il marchio biologico resista da anni, esistono in realtà diversi marchi di qualità che aiutano il consumatore a riferirsi a produttori che operano con la dovuta attenzione, ed enti di certificazione che garantiscono la veridicità delle dichiarazioni. Il prezzo finale può cambiare anche sensibilmente, quindi è bene che il mercato lasci spazio a tutti i tipi di produttori, ma il consumatore deve poter essere ben informato ed educato per poter fare scelte consapevoli. Rimandiamo al sito della Regione Piemonte sulla produzione integrata e al libro di Roberto Rubino, presidente di Anfosc (Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo) che parla di applicazione di criteri di produzione di latte da prati di qualità.

Questa storia di ricerca si trova in:


Intervista a

Laura Zavattaro
Francesco Vidotto
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

A cura di

Redazione FRidA
Pubblicato il

01 aprile 2021

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