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Cibo, Agricoltura e Allevamenti

Il segreto per un'acquacoltura sostenibile è racchiuso in un guscio

Foto: Matt Artz / Unsplash

Perchè allevare le trote insieme ai bivalvi d’acqua dolce? In questa ricerca, la trota iridea (la specie di pesce più allevata in Italia) e i molluschi bivalvi d’acqua dolce (cugini quasi sconosciuti d’acqua dolce delle vongole e delle cozze) sono stati allevati insieme per proteggere in maniera naturale i fiumi dai batteri patogeni che potrebbero svilupparsi negli allevamenti di trote. Promettendo un futuro brillante per l’acquacoltura!

Secondo la FAO, nel 2018 più del 50% del pesce prodotto sulla terra è stato prodotto dall’acquacoltura. Ogni trota che mangiamo in Italia proviene dall’allevamento, ma l’acquacoltura non comprende solo la produzione di pesci, crostacei e molluschi, ma anche la produzione di alghe, quindi racchiude in sé stessa l’allevamento e l’agricoltura acquatiche. Si tratta di una sorta di conquista moderna dell’ambiente naturale acquatico, caratterizzata dall’idea che non possiamo raccogliere “all’infinito” i prodotti naturali acquatici, rimanendo esclusivamente dei pescatori, cioè dei cacciatori e raccoglitori acquatici, ma dobbiamo imparare a gestire le risorse acquatiche naturali.

Perché siamo arrivati così tardi all’acquacoltura, come esseri umani? Perché guardiamo affascinati lo spazio siderale e non gli oceani che sono molto più vicini a noi? Perché l’uomo è un animale terrestre. Il mare e in generale le acque sono considerate da sempre come estranee e minacciose (ce ne parla l'antropologa Ambra Zambernardi nel racconto Spostare lo sguardo dalla terra al mare. Note di antropologia marittima). Il romanzo di Moby Dick, ad esempio, rappresenta potentemente questo mito negativo dello scontro tra l’uomo e il mare. Una lotta impari in cui l’essere umano è ineluttabilmente destinato a perdere. L’acquacoltura rappresenta invece il superamento di quel mito negativo e la sostituzione con un’immagine moderna per un futuro dell’umanità in armonia con l’ambiente naturale. Ed essendo questa l’ultima frontiera che l’essere umano moderno, alla continua ricerca di fonti rinnovabili di cibo, sta conquistando, è importantissimo che questa conquista avvenga razionalmente, lasciando nelle mani delle future generazioni gli oceani, i laghi e i fiumi in condizioni migliori di quelle in cui li abbiamo trovati.

L’acquacoltura comprende anche i molluschi bivalvi che vengono allevati senza mangimi e sono dei potentissimi filtratori naturali. E proprio in questo contesto qui a Torino, presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie, stiamo lavorando al progetto AQUAVAL, che ci ha visti coinvolti come unità responsabile di una parte di acquacoltura integrata, in collaborazione con il Dipartimento di biotecnologie dell’Università Cattolica di Porto (capofila del progetto) e il Dipartimento di Ingegneria Chimica dell’Università di Santiago di Compostela.
I molluschi marini vengono allevati per l’alimentazione umana e sono conosciutissimi in Italia e in tutta Europa, soprattutto mitili e vongole, eppure quasi nessuno conosce i bivalvi d’acqua dolce, perché non vengono abitualmente mangiati. A Torino, invece, ne abbiamo intuito una potenzialità inedita: allevarli per sfruttare le loro potentissime capacità di filtratori naturali.

Questo progetto, iniziato nel 2017, è stato pensato, per così dire, in maniera integrata “al quadrato”: acquacoltura integrata in una partnership integrata! Sono stati coinvolti tre Dipartimenti con competenze complementari, con uno scopo comune: rendere minimo l’impatto degli allevamenti ittici sui fiumi dell’Italia, Spagna e Portogallo, dove le trote allevate rappresentano una risorsa importante, in particolare nelle zone montane.
Le università spagnole e portoghesi si sono occupate di verificare l’efficacia dei filtri chimici e microbiologici per filtrare le acque in uscita dagli allevamenti, mentre noi a Torino ci siamo occupati di una fase complementare della filtrazione delle acque, ottenuta con l’utilizzo dei molluschi bivalvi che sono naturalmente diffusi nei fiumi di tutta Europa. I risultati ottenuti sono stati molto incoraggianti e a Torino, in perfetta collaborazione con i colleghi dell’Istituto Zooprofilattico del Piemonte, abbiamo verificato che in ambiente sperimentale questi bivalvi sono stati realmente efficaci per contrastare la diffusione di batteri patogeni. Inoltre, abbiamo pensato di utilizzare questi bivalvi per alimentare i pesci stessi e i loro gusci, ricchi di carbonato di calcio, per alimentare le galline ovaiole che ne hanno bisogno per formare, a loro volta, il guscio delle uova.

E se qui in Piemonte l’acquacoltura è sempre stata una Cenerentola, ora possiamo dirci molto ottimisti sul futuro, forti di questi risultati che hanno mostrato un modello di acquacoltura integrata d’acqua dolce esportabile in tutti i paesi europei. Grazie a questi risultati abbiamo confermato che l’utilizzo razionale delle risorse naturali è una direzione obbligata e che l’acquacoltura integrata è il modo migliore in cui l’acquacoltura moderna può continuare a crescere in armonia con l’ambiente circostante e garantire uno straordinario futuro ai fiumi, agli allevatori e ai consumatori.


Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Benedetto Sicuro
Beatriz Castelar
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

12 aprile 2021

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