Brand
Cibo, Agricoltura e Allevamenti

Dai diamanti non nasce niente, dalle bucce nascono… saponi e superfood!

Cosmetici e integratori dalle vinacce e superfood dalle bucce di pomodoro prodotti in modo rigorosamente ecocompatibile. È stato questo l’obiettivo dei progetti Precious e POMACE, che ci hanno permesso di collaborare con diverse aziende piemontesi per valorizzare al meglio gli scarti agroalimentari, ancora ricchi di molecole antiossidanti, preziose per la nostra salute e potenziali sostituti di alcuni trattamenti fitochimici tradizionali.

Gli scarti prodotti dall’industria agroalimentare, che in Italia è seconda per numero di imprese (subito dopo il settore della fabbricazione di prodotti in metallo, dati ISTAT 2016) sono una risorsa che può e deve essere recuperata. Attualmente questi scarti vengono per la maggior parte avviati alla produzione di mangimi, e solo in piccola parte ancora sfruttati per altre produzioni, ma purtroppo non sempre valorizzati. Gli scarti di vinaccia, per esempio, dopo la vinificazione vengono spesso avviati alla distillazione, ma contengono ancora principi attivi preziosi e costosi, mentre gli scarti di pomodoro, le cosiddette buccette, hanno una quantità di sostanze nutritive molto alta. Lo sapevano anche le massaie del sud Italia, che con le bucce di pomodoro preparavano piatti di recupero ma molto gustosi e salutari: è lì che si concentra il licopene, il carotenoide più importante del pomodoro. Oggi la buccia nella passata di pomodoro non interessa a nessuno, ma che spreco di risorse ed energia avviare questi scarti alla mangimistica o peggio, bruciarli!

Nell'ambito dei progetti regionali POR FESR, finanziati da fondi EU attraverso la Regione Piemonte, il gruppo di biochimica del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi ha collaborato con aziende del territorio e con i poli di innovazione regionali per recuperare molecole bioattive da scarti di lavorazioni alimentari. Ci siamo concentrati in particolare sugli scarti dei pomodori nel caso del progetto POMACE e di uve per il progetto Precious.
In entrambi i casi alcune aziende hanno manifestato interesse per valorizzare gli scarti dell’industria agroalimentare, nell’ottica di quell’economia circolare di cui sempre più spesso si sente parlare e che potrebbe rappresentare un vero cambio di paradigma rispetto a una vecchia economia lineare che segue la logica del produci, consuma, butta (ce ne ha parlato qui Nicole Mariotti, NdR.).

I volumi di questi scarti considerati nei due progetti sono importanti: per esempio nel solo Piemonte si stima che le vinacce da vinificazione siano ogni anno 12mila tonnellate. La società Tomato Farm, che produce trasformati del pomodoro e di cereali dell’alessandrino e del parmense e accumula 2600 tonnellate all’anno di scarti di buccette di pomodoro, ha partecipato con entusiasmo al progetto POMACE cercando di capire se dai propri scarti può ricavare un liofilizzato ricco in licopene da re-impiegare in altre produzioni.

Si trattava di due progetti differenti a cui abbiamo partecipato come consulenti e a cui ha partecipato (per Precious) anche un altro gruppo di UniTo, quello di Giancarlo Cravotto del Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco, che da anni lavora su temi di valorizzazione di scarti alimentari.
Il nostro gruppo, coordinato da Gianfranco Gilardi, ha prestato le sue competenze per l’analisi e la quantificazione di alcune molecole, estratte dagli scarti, che come biochimici conosciamo bene, anche se non sempre la nostra ricerca si focalizza esattamente sul loro studio. Si tratta dei polifenoli, dei carotenoidi e dei flavonoidi come la quercetina, le antocianine, il resveratrolo e il 4-idrossitirosolo. Detto così sembrano nomi poco usuali, ma se li citiamo come antiossidanti diventano molto più familiari.

I lavori sono stati in ottica di eco-compatibilità sin dall’inizio. La steam explosion, cioè l'estrazione con vapore svolta presso il Green Chemistry Lab di Environment Park - diretto dall’ing. Paola Zitella e con la collaborazione della dott.ssa Barbara La Licata - ha sostituito il tradizionale impiego di solventi organici potenzialmente inquinanti o nocivi per la salute e, insieme al successivo reimpiego dopo filtrazione e concentrazione con membrane (anche questo un metodo eco-compatibile), ha consentito di valorizzare gli scarti, in un'ottica di economia circolare, per produrre alimenti arricchiti, cosmetici, nutraceutici e integratori. A gestire i processi di filtrazione e purificazione è stata l’impresa IDEA3 ENGINEERING, mentre RAMS&E ha fornito consulenza sulla sostenibilità ed efficienza delle attività produttive e la tutela ambientale.

Il risultato finale è stato lo sviluppo di alcuni prototipi di prodotti: una linea di cosmetici dell'azienda Dottoressa Reynaldi (crema, tonico, sapone liquido) che hanno effetto antiossidante perché contengono estratti da vinacce locali (principalmente Barbera e Nebbiolo) forniti da aziende piemontesi piccole e grandi (tra cui Fontanafredda, Cascina Santeufemia, Cascina Gilli, Azienda Agricola Roberto Garbarino); una bevanda al cacao della ditta di nutraceutici Procemsa che diventa superfood perché, oltre alle proteine, contiene i principi attivi dell’uva recuperati dalla bucce (resveratrolo, polifenoli, quercetina); e un cracker Tomato Farm, che, oltre a contenere il cereale Tritordeum, è arricchito da un liofilizzato di buccette che fa di otto semplici crackers la porzione giornaliera raccomandata di pomodori che serve per assimilarne i preziosi e salutari carotenoidi.

Inoltre è in corso uno studio inerente alcuni di questi scarti che potrebbero dimostrare di avere un effetto anche sulle colture: se ne sta occupando l’azienda CCS Aosta, un altro partner del progetto POMACE, che produce fitostimolanti naturali, questa volta in collaborazione (esterna al progetto) con Andrea Genre, collega di Botanica del nostro Dipartimento. Gli scarti, riciclati per trattare le radici delle piantine nuove di pomodoro insieme a preparati microbici di funghi micorrizici e batteri, potrebbero favorire un aumento delle rese in pomodori e hanno già dato risultati preliminari positivi (un incremento di principi attivi nei frutti), prospettando un riutilizzo e una valorizzazione come sostituti naturali di trattamenti fitochimici tradizionali, meno sostenibili dal punto di vista ambientale.

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Francesca Valetti
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

21 gennaio 2021

condividi

LE MIE STORIE DI RICERCA

potrebbero interessarti anche