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Epidemiologia, Terapie e Politiche sanitarie

Batteri antibiotico-resistenti: il lungo viaggio dall’essere umano alla tartaruga marina

Foto: Unsplash

Prendersi cura di una tartaruga domestica non è sempre facile e stagni e laghi a ridosso dei centri abitati ospitano spesso un gran numero di esemplari abbandonati. Questa è una delle tante vie che i batteri resistenti agli antibiotici hanno per diffondersi negli ambienti selvatici, minacciando la biodiversità: un lungo viaggio che parte da casa nostra e termina nella vastità degli oceani.

Avete mai pensato che gli antibiotici che assumiamo o che somministriamo agli animali domestici possono essere riversati in ambiente e avere ripercussioni sulla natura?

A dir la verità, neanche io ci ho pensato per molto tempo, pur occupandomi da sempre di ricerche sui farmaci. Eppure è così! Da veterinaria vi posso assicurare che gli antibiotici che somministriamo ai nostri cani e gatti o che vengono dati negli allevamenti di bovini, suini e polli (giusto per fare qualche esempio) possono finire nell’ambiente: nel letame che viene usato per concimare i campi o nelle acque reflue che poi vengono convogliate nel mare.

Questo favorisce lo sviluppo di batteri antibiotico-resistenti, ossia batteri che sono parzialmente o del tutto indifferenti all’azione degli antibiotici, che a loro volta possono diffondersi da un organismo all’altro, fino a raggiungere le zone più remote del pianeta. Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza è molto conosciuto per l’essere umano e per gli animali domestici, ma per molto tempo non è stato considerato come fenomeno globale, che potesse giungere anche alle specie selvatiche terrestri e acquatiche, con cui condividiamo spazi e risorse naturali.
Per fortuna, l’approccio One Health (letteralmente “Salute unica”) cerca di considerare le ripercussioni dell’antibiotico-resistenza in tutti i campi in cui questa si può verificare, cercando di comprendere i meccanismi e i rischi della condivisione di questi batteri tra l’essere umano, gli altri animali e l’ambiente.

Negli ultimi anni le mie ricerche si sono proprio orientate in tal senso e per migliorare i miei esperimenti ho studiato tanto, comprendendo come uno degli effetti più impattanti della diffusione dell’antibiotico-resistenza in natura sia l’alterazione della biodiversità.

In particolare, mi sono occupata di studiare le testuggini domestiche, che sono per lo più alloctone, ossia importate e non native del territorio italiano. Queste tartarughe vengono adottate dalle famiglie e purtroppo, molto spesso, vengono abbandonate in laghi e stagni. Questi animali portano con loro, all’interno dell’intestino, un bagaglio di microbi e batteri definito “microbioma”, molto suscettibile ai trattamenti con farmaci antibiotici: i batteri più resistenti, spesso patogeni, sopravvivono alla terapia, mentre quelli commensali e buoni tendono a morire.

Nella sfortunata evenienza di un abbandono, le tartarughe domestiche si comportano quindi come diffusori di batteri antibiotico-resistenti nell’ambiente, inquinando il bacino idrico in cui vivono. I batteri sono liberi di diffondersi e passare ad altri animali, compresi gli esseri umani che, incauti, prendono in mano le tartarughe del parco. Nell’ambiente acquatico, inoltre, sono normalmente presenti batteri e alghe che possono variare la loro proliferazione e a volte morire in seguito alla predominanza di batteri resistenti, con possibili ripercussioni su tutto l’ecosistema. Infine, il diffondersi dell’antibiotico-resistenza può anche compromettere alcuni trattamenti terapeutici su esemplari di specie selvatiche che vengono salvati e poi rimessi in libertà.

Ma la natura e gli animali sono fantastici, pieni di risorse e non solo combattono contro questo fenomeno, ma ci aiutano anche a comprenderlo: è il caso delle tartarughe marine, le sentinelle dell’antibiotico-resistenza. Lungo le loro migrazioni chilometriche, infatti, portano con sé batteri provenienti da altre zone marine, che noi ricercatori e ricercatrici possiamo studiare per provare a comprendere l’origine e la diffusione di questi microrganismi resistenti.

Come veterinaria e come ricercatrice continuerò a interessarmi di questi argomenti, che appassionano anche i miei colleghi Giovanni (prof. Re),Graziana (dott.ssa Gambino) e Michela (dott.ssa Amadori).


IMMAGINI

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Cristina Vercelli
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

17 marzo 2022

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