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Epidemiologia, Terapie e Politiche sanitarie

Rivelare il Covid-19 da radiografie con l'intelligenza artificiale: mito o realtà?

Photo by Franki Chamaki on Unsplash

Riuscire a formulare una diagnosi di Covid-19 in tempi brevi è critico. Un esame rapido e poco invasivo è la radiografia al torace. Purtroppo, da essa è difficile capire se una polmonite sia causata da Covid-19 o meno: può l’intelligenza artificiale supportare i medici nella diagnosi?

Il gruppo di ricerca EIDOSlab del mio Dipartimento è specializzato nell’elaborazione delle immagini e collabora da anni con il settore medico per lo sviluppo di sistemi automatici di supporto alla diagnosi. Ultimamente, le collaborazioni in ambito medico si sono intensificate grazie al progetto europeo DeepHealth, dedicato all’applicazione dell’intelligenza artificiale (A.I.) per la diagnosi da immagini mediche.

A marzo 2020, con la pandemia Covid-19 in atto, ci siamo chiesti se alcuni degli strumenti sviluppati potessero contribuire, in qualche modo, a combattere tale inattesa sfida, non più mera indagine scientifica ma piena emergenza. A metà marzo ci contattano, dal fronte Covid torinese, gli amici e colleghi di Radiologia 2 della Città della Scienza e della Salute (CDSS) con cui, nel progetto DeepHealth, lavoriamo al riconoscimento di noduli polmonari. Da giorni stavano refertando radiografie toraciche di malati Covid, quando hanno intravisto la possibilità che l’intelligenza artificiale potesse dar loro una mano, non tanto nell’emergenza, ma nel momento in cui il reparto tornerà alla normalità e serviranno meccanismi affidabili per aiutarli a riconoscere le polmoniti causate da Covid. Nel frattempo, sui media e sulle piattaforme di condivisione scientifica, sono apparse le prime ottimistiche previsioni secondo le quali l’intelligenza artificiale potrebbe essere arruolata nella guerra contro il Covid promettendo di avere un’accuratezza anche superiore al 90%. (Sethy et al.; Apostolopolous and Mpesiana; Narin et al.; Wang et al.): è questo un mito o realtà?

Abbiamo accettato la sfida, e in meno di una settimana il comitato etico di CDSS ci ha approvato lo studio che abbiamo chiamato Co.R.D.A. (Covid Radiographic images Data-set for A.I.). Dunque, mentre il reparto di radiologia raccoglieva e organizzava le radiografie, il nostro gruppo analizzava e addestrava le reti neurali che miravano a rispondere alla domanda: “Questo paziente è Covid-positivo?”. Abbiamo analizzato 447 radiografie, tra cui 297 erano da pazienti Covid, e in poco più di una settimana sono arrivate le prime risposte: purtroppo, a oggi l’intelligenza artificiale non riesce a generalizzare adeguatamente la nozione di “paziente affetto da Covid”. Che cosa significa questo? Facciamo un passo indietro...

I sistemi intelligenti che abbiamo deciso di utilizzare sono le reti neurali. Possiamo immaginare queste come delle scatole nere: dato un input (l’immagine radiografica) ci forniscono una semplice risposta (Covid-positivo?). Tali modelli imparano osservando degli esempi: tipicamente, più esempi si forniscono, meglio imparano. Ma cosa vuol dire quindi “imparare meglio”?

Prendiamo, come esempio, le due radiografie in figura 1 (dal dataset Co.R.D.A.). Diciamo che la rete neurale debba imparare a discriminare i casi di polmonite da polmoni normali. Se la rete impara a riconoscere il “bianco” all’interno dei polmoni (indice di alterazione del tessuto) possiamo dire che essa identifica le caratteristiche (feature) giuste dell’immagine. Se però i casi sono pochi, e per esempio nei soggetti malati compaiono elementi come cateteri o dispositivi medici vari, la rete neurale potrebbe erroneamente imparare a riconoscere questi come casi patologici. Come darle torto? Le chiediamo di fornirci una risposta, ma non esplicitiamo cosa osservare per decidere…

Naturalmente, questo è un esempio giocattolo: qualora conoscessimo a-priori la feature corretta da individuare (per esempio la forma o la dimensione delle macchie bianche da individuare), potremmo ricorrere alle più controllabili tecniche tradizionali di image processing. Sulle reti neurali abbiamo poco controllo, ma esse sono in grado di individuare e apprendere talune feature che noi ignoriamo: ivi risiede la loro potenzialità nel discriminare i pazienti affetti da Covid.

Purtroppo, le reti neurali, data la bassa quantità di dati attualmente disponibile, si concentrano su feature non strettamente correlate a Covid, e non sono in grado dunque di generalizzare la nozione di “paziente affetto da Covid-19”. Abbiamo persino isolato i polmoni dal resto della radiografia così che la rete neurale possa concentrarsi unicamente sulla regione di interesse. In questo caso, le reti neurali tendono a generalizzare meglio, ma sono ancora lontane dal poter essere utilizzate come supporto per la diagnosi. Tuttavia, aumentando gli esempi di casi positivi al Covid, i risultati sembrano incoraggianti.

Vale la pena impegnarsi in questa direzione perché le informazioni raccolte da un esame radiografico, meno invasivo e più rapido di una più accurata CT (tomografia computerizzata), potrebbero consentire di elaborare una diagnosi più rapidamente e di minimizzare il consumo di tamponi per i soggetti negativi.

Per ulteriori dettagli vi invitiamo a leggere il nostro articolo.

Gruppo di lavoro: Enzo Tartaglione, Carlo Alberto Barbano, Marco Grangetto (EIDOSlab, Dip. Informatica, Università degli Studi di Torino); Paolo Fonio (Dip. Scienze Chirurgiche, Università degli Studi di Torino); Marco Calandri (Dip. Oncologia A.O.U. San Luigi Gonzaga, Università degli Studi di Torino); Claudio Berzovini, Stefano Tibaldi, Simona Capello, Patrizia Sardo, Marco Grosso, Francesca Santinelli, Giorgio Limerutti (Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza, Presidio Molinette, Torino).


IMMAGINI

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Enzo Tartaglione
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

21 aprile 2020

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