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Epidemiologia, Terapie e Politiche sanitarie

Una su diecimila… ce la fa! Come da una molecola nasce un farmaco oncologico

Foto: pexels.com

La strada per arrivare a un farmaco efficace per curare un paziente oncologico può essere lunga, fatta di molti tentativi che non vanno a buon fine. Ancora di più oggi quando si è alla ricerca di terapie sempre più personalizzate sul particolare tumore di quel singolo paziente. Eppure, perseverando, le soddisfazioni arrivano. Qual è dunque il percorso che porta da una prima sperimentazione di una molecola promettente alla somministrazione di un farmaco efficace? Ve lo racconto qui, portando la mia testimonianza di lavoro sul campo in questo ambito. 

Noi oncologi siamo considerati da molti degli illusi, che si entusiasmano per “1-2 mesi in più di vita” e che pensano che studiando cosa accade nelle cellule, a livello molecolare, a livello del DNA si possa un giorno salvare la vita a molti più pazienti.

Eppure io le mie illusioni, ve lo assicuro, le ho viste diventare spesso realtà. E posso raccontarvi la gioia di quando siamo stati protagonisti e nel contempo spettatori di eccezionali risultati, quelli dei primi studi clinici di fase 3 che sperimentavano la terapia ormonale di nuova generazione nei pazienti con carcinoma prostatico metastatico.

Ma facciamo prima un passo indietro. Di migliaia di molecole studiate per il trattamento di un tumore, solo una supera tutte le prove che lo porteranno davanti ai nostri pazienti. Ogni farmaco che nasce in oncologia è frutto di oltre 10 anni di ricerca: preclinica (test iniziali, fatti in laboratorio o sugli animali), e clinica, che comprende studi di fase 1 (primi studi nell’essere umano, per valutare la dose e le tossicità del farmaco), fase 2 (per capire se il farmaco funziona) e fase 3 (che valuta se il nuovo trattamento è più efficace del trattamento standard).

Gli studi clinici di fase 3 sono studi disegnati per determinare se il farmaco ha un beneficio significativamente maggiore rispetto ad altri farmaci già in uso o al placebo, in termini di controllo dei sintomi, incremento della qualità di vita, aumento della sopravvivenza dei pazienti. Tornando al nostro lavoro sul carcinoma prostatico metastatico, allora si trattava di studi clinici in cui il farmaco nuovo o il trattamento standard/placebo venivano assegnati casualmente, ma in quel momento le opzioni terapeutiche a disposizione erano talmente esigue che sia noi medici sia i nostri pazienti siamo stati felici di poter tentare. Tanti pazienti con dolore da metastasi ossee sono migliorati proprio grazie a queste nuove terapie.

Ma per gioire basta anche un solo paziente, come quando, sulla scorta dei dati di uno studio di fase 2, abbiamo iniziato il trattamento con immunoterapia a una giovane donna affetta da una variante istologica rara di carcinoma renale metastatico ottenendo in breve tempo una risposta completa che dura ormai da anni. Gli studi di fase 2, che a volte deludono le nostre aspettative, altre volte aprono di fronte ai nostri occhi nuovi e inaspettati orizzonti terapeutici. Sono studi volti a indagare l’attività terapeutica di un determinato farmaco e a comprendere quale sarà la dose migliore da sperimentare nelle fasi successive e spesso sono condotti senza che paziente (studio in cieco singolo) o medico e paziente (studio in doppio cieco) conoscano il trattamento ricevuto.

Ma sono gli studi di fase 1 l’origine dei nostri sogni di ricercatori. In questi studi si effettua una prima valutazione della sicurezza e della tolleranza del nuovo principio attivo nei pazienti. Sono studi condotti in centri selezionati che hanno come obiettivo principale la valutazione dei potenziali effetti collaterali che possono essere attesi in base all’esito delle sperimentazioni precliniche. I pazienti vengono divisi in gruppi, ciascuno dei quali riceve un dosaggio differente di farmaco.

Quando possiamo dire: “oggi nasce un nuovo farmaco per il carcinoma della prostata (o del rene, della mammella..)!”, allora sappiamo che abbiamo raggiunto un traguardo enorme, frutto di mille sognatori che ci hanno creduto, risultato di anni di studi preclinici e clinici. Ogni 5-10 mila molecole promettenti che vengono studiate 1 sola supera tutte le “prove” che la porteranno nei nostri ambulatori. E non importa se per far nascere un farmaco ci vogliano 10 o 15 anni!

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Consuelo Buttigliero
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

05 novembre 2021

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